The Man In The High Castle 4×08 – Hilter Has Only Got One BallTEMPO DI LETTURA 5 min

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E’ davvero difficile analizzare a tutto tondo questa quarta stagione di The Man In The High Castle e risulta ancora più difficile darne un giudizio complessivo.
In tutta onestà, l’annata non è iniziata nel migliore dei modi e lentezza e storyline poco azzeccate sono stati difetti che la serie si è trascinata dagli anni passati. L’introduzione repentina di questa black rebellion che è riuscita in due puntate a ottenere più risultati di Juliana in quattro stagioni ha fatto storcere più di un naso. Così come l’omertà circa l’omicidio di Tagomi, l’utilità di Robert Childan, la totale assenza della comunità ebraica e via dicendo. Tutte cose che già sappiamo e abbiamo avuto modo di sottolineare nelle recensioni precedenti; appare perciò sensato fare nostre tutte le critiche mosse alla serie e andare avanti in una storia che, aldilà di tutto, ha dimostrato di avere ancora qualcosa da dire.
Sorvoliamo dunque sull’entrata in scena della droga e di tale Okami, sperando non gli sia concesso altro spazio perché, molto sinceramente, vorremmo vedere l’incontro tra Juliana e Smith (il nazi, non l’agente commerciale) che non deve in alcun modo essere ridotto a due minuti di girato come quello tra Juliana e Helen. Sia chiaro.
Fatte dovute premesse e minacce, due sono i focus della puntata.

1. Lo scenario politico
“These two empires that we fight for, they are little more than sandcastles. Only the tides are forever.”

Gli equilibri si sono rotti definitivamente nello scorso episodio e con la bellissima scena iniziale – il quadro dell’imperatore incartato – il comando giapponese ufficializza la sua resa e abbandona gli Stati del Pacifico.
L’aspetto politico è stato da sempre il punto di forza della serie che ha portato sullo schermo la realtà agghiacciante ideata da Dick, con gli States dominati dal Reich e una New York senza alcuna Statua della Libertà. Ebbene, nel descrivere i giochi di potere la serie mette in luce il suo lato migliore: il tavolo delle trattative tra giapponesi e nazisti e la stretta di mano tra Smith e Kido (due mostri di grandezza della serie) sono entrambi elementi che rappresentano appieno il tessuto politico di una nazione divisa e i giochi di chi la governa. Giapponesi e statunitensi non sono mai stati entusiasti di condividere le terre americane e gli accordi tra i due sono spesso stati sul filo del rasoio. Con la dipartita del potere giapponese, ora i nazisti sono pronti a invadere San Francisco e a debellare definitivamente la comunità black, tuttavia, i giapponesi, non hanno alcuna voglia di alzare un dito in aiuto del Reich come dimostrano i fascicoli sulla BCR andati sfortunatamente perduti a detta di Kido.
Non tutto va come dovrebbe nemmeno nei rapporti tra Berlino e New York, che all’apparenza sono sempre sembrati un unico Stato, senza mai esserlo davvero. Il dialogo finale tra Smith e il proprio sottoposto ne è la prova e getta le giuste ombre su una non troppo cieca obbedienza al comando berlinese.

2. John Smith
“Here’s the last answer you’re ever getting from me: you are cursed. John Smith you are damned. You fucked with the fates and they don’t like that. You’ll never know peace, John. You’ll wander forever between the worlds lost. Lost. You don’t understand.”

Bisogna ammettere che questa quarta stagione è valsa la pena solo per la storyline di Smith, indiscusso protagonista della serie. Il merito è soprattutto di Rufus Sewell che ha impeccabilmente costruito un personaggio a tutto tondo, che, nonostante non abbia mai mostrato nessuna titubanza di fronte alla dottrina dello Stato, non ha nascosto quel bagliore di umanità che lo ha reso irresistibile. Un antagonista che ci è entrato nel cuore.
Il comandante Smith trascina con sé tutti i dubbi e le contraddizioni della natura umana e anche quando tenta di restare impassibile agli eventi, la sua umanità continua a brillare portando a galla la sofferenza per il figlio Thomas, l’amore per la moglie, il senso di colpa nei confronti dell’amico abbandonato alla morte.
L’umanizzazione di John Smith è stata così sottile e penetrante allo stesso tempo che adesso, arrivata la resa finale dei conti, non possiamo non ammettere il desiderio per un finale che lasci indenne il nostro personaggio preferito: un nazista che ha commesso azioni riprovevoli.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Rufus Sewell è immenso
  • John Smith è, ancora una volta, il miglior personaggio della serie, per scrittura, storyline e, soprattutto, per Sewell
  • La situazione politica è arrivata finalmente a un punto di non ritorno
  • L’incontro tra Helen e Juliana
  • Dialogo tra Smith e Abendsen
  • Scena di apertura e la ritirata dell’impero giapponese
  • Kido e Smith
  • Non pare scontata la riflessione per cui The Man In The High Castle sia riuscita a rendere un perfido comandante nazista il personaggio preferito da tutti gli spettatori.
  • La black comunity nonostante le importanti rivendicazioni continua ad essere anonima
  • Il matrimonio di Childan. Chiude una storyline che non ha più avuto molto senso dalla separazione con i personaggi di Frank e Ed
  • Stiamo attendendo l’incontro tra Juliana e Smith da troppo tempo
  • Continua l’omertà della serie circa l’omicidio di Tagomi
  • Lentezza narrativa, as usual
  • Non abbiamo ancora capito quale sarebbe l’importante aiuto fornito da Juliana alla resistenza. Quattro stagioni senza aver costruito nulla se non trenta secondi di dialogo con Helen Smith. 
  • Ma da dove è uscito ora questo Okami con il suo impero della droga a due puntate dal final series?

 

La quarta stagione di The Man In The High Castle si è caratterizzata per l’alternanza di ottimi episodi ad altri molto meno riusciti. Dove si collochi questo ottavo capitolo è difficile a dirsi, rappresentando una buona sintesi di tutti i pregi e i difetti della serie.

 

No Masters But Ourselves 4×07 ND milioni – ND rating
Hitler Has Only One Ball 4×08 ND milioni – ND rating

 

 

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