The Late Night With Recenserie 1×10 – Una Stagione In Sospeso: La Televisione Ai Tempi Del CovidTEMPO DI LETTURA 9 min

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The Late Night With Recenserie

Buona notte a tutti. Dopo la lunga pausa natalizia, torna il Late Night Show, l’appuntamento bimensile più atteso dagli appassionati delle serie tv e dagli stessi recensori di Recenserie, finalmente chiamati a dire la loro con opinioni non richieste al di fuori delle “restrizioni” delle recensioni. Così come i famosi Late Night Show americani da cui traiamo apertamente ispirazione, anche questo appuntamento, previsto ogni due giovedì notte, è necessariamente costituito da alcuni “ospiti” che in quest’occasione portano il nome di Simone, Giulia e Martin .
Il tema di questo decimo appuntamento, che ha il compito di chiudere idealmente la prima stagione di questa rubrica, non poteva che toccare un argomento sotto gli occhi di tutti da oramai un anno a questa parte: gli effetti del Covid sulle produzioni televisive (ma anche cinematografiche) figlie della pandemia. Sospensioni, ritardi e cancellazioni sono ormai all’ordine del giorno, ma quale sarà la situazione di cinema e televisione al termine di questa pandemia globale? La parola ai nostri esperti. 

 

  • Quanto è necessario per le produzioni adeguarsi alla nuova realtà creata dal Covid e quindi inserire nella narrazione mascherine, distanziamento, ecc.? E soprattutto, questo utilizzo può essere considerato doveroso o si rischia di esasperarne la rappresentazione o ancora, renderla quasi forzata?

    SIMONE: Personalmente, credo che sia ancora troppo presto far vedere le mascherine o parlare del Covid se questo non è necessario ai fini della narrazione. Sicuramente potrà essere fatto tra qualche mese quando la cosa sarà digerita ed elaborata. Credo che ora come ora ci siamo ancora troppo dentro per vederlo anche come spettatori di una serie TV. Darebbe ancora fastidio.

    GIULIA: Non credo che vedere mascherine in faccia ai personaggi o padri e figli che si salutano da lontano sia un nuovo tipo di realtà che lo spettatore cerca nei prodotti audiovisivi. È un periodo storico molto diverso da quello che abbiamo vissuto finora ma, per quanto lungo ci possa sembrare mentre lo viviamo, è pur sempre un periodo limitato nel tempo, o almeno così speriamo che sarà. È chiaro che, se si arrivasse al punto in cui questa situazione non sarà risolta ma diventerà una vera normalità (parlo di una situazione in cui il covid risultasse una malattia impossibile da sconfiggere anche con un vaccino generale e saremo costretti a indossare mascherine e a fare distanziamento sociale per sempre) la cosa è diversa. Finché resta una fase, si può pensare di calcare il bisogno di evasione e di ricordo della vita pre-Covid, ed evitare che mascherine e storie d’amore a distanza diventino la base di serie e film. Preparerei comunque un paio di sceneggiature preventive da tenere nel cassetto e tirar fuori nel caso, infausto, che del Covid non ci si liberi mai. Bisogna essere pronti a tutto!

    MARTIN: All’inizio pensavo fosse una cosa piuttosto interessante da inserire, specie in serie tv ambientate in ospedali come Grey’s Anatomy o The Good Doctor, poi però mi sono presto reso conto che praticamente tutti hanno colto la palla al balzo e inserito mascherine e pandemia nella trama. Quindi se inizialmente poteva essere interessante, col tempo si è trasformata in una forzatura, mutando infine in un’esasperante rappresentazione della realtà che, francamente, è già abbastanza avvilente. Ovviamente ci sono degli effetti più visibili nelle serie dei vari canali generalisti che effettuano riprese costanti ogni settimana (pandemia permettendo), mentre per le varie serie di Netflix, Amazon, Disney+ ci vorrà un po’ di tempo per vederlo ma, ormai, è più che sufficiente.
    Riassumendo: idea buona, sfortunatamente diventata mainstream praticamente subito e, pertanto, esasperata.

 

  • Ora come ora approcciarsi a film e serie tv anche solo dell’anno scorso sembra riportarci indietro di una decina d’anni. Osservare scene con più di sei persone che non indossano mascherine fa un effetto stranissimo, per non parlare di baci, abbracci e copiosi scambi di saliva. Da spettatori, che effetto vi fa ora come ora guardare film o serie televisive pre-Covid?

    SIMONE: La sensazione è sicuramente strana. Da un lato è frustrante non vivere più quella condizione di libertà, dall’altro aiuta a non pensarci dopo l’impatto iniziale e creare ancora le condizioni di fuga dalla realtà che in fondo molti degli spettatori cercano dalla visione delle serie tv.

    GIULIA: Personalmente all’inizio mi crea sempre un effetto di straniamento. Come le prime notti in viaggio in cui ti svegli e per qualche secondo non capisci dove sei, ti rendi conto che quello non è il tuo letto ma non sai bene il perché. Però bastano pochi attimi per riprendersi da questo effetto e ricordarsi la vecchia vita. Dopo un po’ mi immergo nella storia e spero solo che gli assembramenti, le feste, i concerti, i baci e gli abbracci torneranno tra noi.

    MARTIN: Mi rilassa. Rivedo una realtà che credo ancora possibile, mi fa sentire leggermente meno pesante questa situazione ed è, fondamentalmente, tutto ciò che cerco ora. Quindi ben venga!

 

  • L’emergenza Covid ha innescato un altro problema: quello del cambio di tipologia dell’offerta e della produzione di nuovi contenuti. Nonostante si preveda un calo degli utenti al termine della pandemia, le piattaforme di streaming hanno cominciato a investire sulla varietà, elemento chiave in relazione all’aumento degli abbonamenti, rispetto alla longevità. Pensate che questa maggiore possibilità di scelta possa diventare un’arma a doppio taglio nel momento in cui lo spettatore, alla ricerca di un momento di svago, si troverà davanti a centinaia di migliaia di titoli tra cui scegliere?

    SIMONE: Un problema di questo tipo era già sorto qualche mese prima della pandemia. Il problema è la qualità e soprattutto l’approccio dello spettatore che sta diventando troppo “mordi e fuggi” senza dare la possibilità di assorbire cosa si è visto. Questo in un contesto di continua rincorsa dell’ultima serie di cui tutti parlano. Insomma, un fenomeno di deterioramento del rapporto necessario dello spettatore con le storie, facendole diventare cose da fare il prima possibile, appiattendo anche le sfumature che magari gli autori cercano di inserire all’interno delle loro opere.

    GIULIA: Si scherza sempre sulla quantità di tempo trascorsa a scegliere cosa guardare quando si vuole vedere un film o una serie, ora che oltre alla TV lineare, il mondo dello streaming pullula di nuovi prodotti originali. Non è un “problema” che le piattaforme prendono sottogamba perché è noto nel mondo del marketing che un’eccessiva offerta rischia di portare il consumatore in stallo ottenendo uno svantaggio sia per lui, che non farà una scelta o farà una scelta sbagliata, sia per la piattaforma, colpevole di non aver saputo individuare il bisogno dello spettatore in quel preciso momento. Da un lato si cerca di migliorare gli algoritmi che consigliano i contenuti in base alle precedenti visioni o ai proprio gusti e ricerche. Da un lato non mi stupirei se alcuni esperimenti di flusso lineare, anche sulle piattaforme streaming già in atto in alcuni Paesi, porteranno le piattaforme a un “Ritorno al futuro” offrendo, oltre alla scelta dei contenuti, anche una programmazione lineare di base a cui, l’utente troppo pigro o indeciso, possa affidarsi.

    MARTIN: Premetto una cosa: i canali generalisti hanno un destino ormai segnato, forse solo quelli via cavo come Showtime and HBO hanno il potenziale di reggere l’impatto con le piattaforme streaming. E voglio sottolineare questi due termini: “impatto” e “piattaforme”. Fondamentalmente credo che se Netflix è diventata ormai una sorta di certezza (pur considerando l’enorme quantità d’immondizia presente nel catalogo), il cambio di tipologia dell’offerta sia stato innescato principalmente dall’aumento della concorrenza di HBO Max, Peacock, Disney+ ed un rinnovato Amazon Prime Video. Una concorrenza enorme e spietata che è arrivata di botto e che, ovviamente, ha portato con sé tutta una serie di azioni e reazioni per migliorare il proprio catalogo. Al momento avere il catalogo più ampio è un vantaggio perché avere abbonamenti su tutte le piattaforme è ovviamente costoso, l’unica arma a doppio taglio secondo me è la qualità che, purtroppo, è già venuta meno con i vari Raised By Wolves, Emily In Paris, The Flight Attendant e Ratched.

 

  • La crescita esponenziale, però, non ha coinvolto soltanto i servizi di streaming legale. I siti internet che offrono streaming e download di contenuti illegali ha registrato un aumento senza precedenti (nei soli primi due mesi di quarantena nel 2020 la pirateria è salita al 40% contro il 37% riferito a tutto l’anno precedente) e probabilmente c’era da aspettarselo visto il ruolo centrale che i contenuti digitali hanno avuto nelle nostre vite durante i vari lockdown. In base alla vostra personale esperienza, pensate che ciò sia dovuto alla mancanza di offerte competitive da parte delle piattaforme, o più semplicemente sia da ricondurre alla mentalità dell’uomo moderno secondo cui “tutto oramai si può avere gratuitamente quindi perché pagare”?

    SIMONE: Ci stiamo abituando ad avere tutto subito. Non possiamo aspettare perché ci percepiremmo come superati. Aggiungiamoci che ci sono troppe piattaforme con troppi prodotti quindi per ottimizzare e scegliere si opta per la soluzione più veloce. È un peccato perché le storie di cui abbiamo bisogno come essere umani hanno bisogno di essere fruite nei tempi giusti, e non solo assorbite il prima possibile.

    GIULIA: Propendo per la seconda opzione, quella del “perché pagare quando puoi averlo gratis?”. Sicuramente ci sono anche fattori sociali e culturali alla base che fanno sì che questo tipo di atteggiamento sia più diffuso in certi Paesi piuttosto che in altri. Gli Stati Uniti sono abituati da sempre a pagare canoni mensili elevati per le TV via cavo, mentre in Europa, e in particolare in Italia che è il paese che conosciamo meglio, per decenni c’è stata un’egemonia della TV commerciale (che peraltro perdura) finanziata solo dalla pubblicità. L’ingresso di Sky con i suoi pacchetti a pagamento fu, sì, rivoluzionario da quel punto di vista, ma trainato principalmente dall’offerta sportiva calcistica, passione indomabile italiana. Tant’è che lo spacchettamento dei diritti sportivi di questi ultimi anni ha portato alla nascita di nuovi player nel mercato (Dazn ad esempio) e anche ad un’insoddisfazione generale dell’originario consumatore Sky, che si è avvicinato, molto più che in passato, ai metodi illegali di visione.

    MARTIN: Sicuramente voto la numero due ma aggiungo anche una cosa che ho già scritto prima: a tutto c’è un costo. Chiaramente la pirateria c’era già prima e non morirà nemmeno nei prossimi anni, però bisogna andare a controllare anche il costo della sottoscrizione (che Netflix sta continuando ad alzare) e anche l’aumento spasmodico di piattaforme che, ovviamente, portano lo spettatore a dover fare una scelta su quale tenere e quale abbandonare o ricercare in separata sede. A conti fatti prevedo un aumento della pirateria costante…

Grazie e buona notte a tutti.

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