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“You’re traveling through another dimension, a dimension not only of sight and sound but of mind. It is the middle ground between light and shadow, between science and superstition. And it lies between the pit of one’s fears and the summit of one’s knowledge. You are now traveling through a dimension of imagination. You’ve just crossed over into The Twilight Zone.”
Esattamente sessant’anni fa, mese più mese meno, esordiva sulla CBS la prima stagione di The Twilight Zone (da noi Ai Confini Della Realtà), celebre e fortunata serie antologica nata dalla mente geniale di Rod Serling e capace di vantare tra i suoi sceneggiatori mostri sacri del calibro di Matheson e Bradbury. Alla base degli episodi, ognuno narrante una storia a sé, vi era sempre l’incontro dell’uomo con l’ignoto, capace di ribaltare prospettive e di cambiare radicalmente il corso delle esistenze, di distruggere certezze e di impartire lezioni di vita, ma soprattutto di aprire una porta oltre i confini della realtà “solita” per permettere ai personaggi (e agli spettatori) di lanciare uno sguardo sul mondo oltre tale soglia; senza dimenticare il fatto che non mancavano riflessioni e frecciatine su temi politici, etici e di attualità, che aggiravano la censura televisiva proprio nascondendosi dietro la falsa e solo apparente evasività del genere fantastico.
Nel 1964, purtroppo, The Twilight Zone chiuse i battenti, ma nel mezzo secolo successivo non mancarono remake e revival più o meno riusciti: prima un film del 1983 diretto da Joe Dante, poi due serie tv andate in onda rispettivamente dal 1985 al 1989 e dal 2002 al 2003.
Inevitabilmente, in un’epoca come la nostra che sembra nutrirsi avidamente di glorie del passato e cerca di riproporle in tutte le salse nelle forme più svariate (remake, reboot, revival, sequel, prequel, spin-off), la creatura di Serling non poteva rimanere a riposare troppo a lungo e così nel 2019 fa il suo debutto la quarta incarnazione di The Twilight Zone, questa volta non più sulla CBS televisiva ma sulla sua piattaforma streaming CBS All Access, la stessa che trasmette Star Trek: Discovery. Certo, è probabile che dietro una mossa del genere ci sia anche il successo di cui il formato antologico sta godendo da alcuni anni: basti pensare a Black Mirror, a Philip K. Dick’s Electric Dreams, a The Romanoffs, a Into the Dark, fino ai corti per lo più animati di Love, Death & Robots che di recente sono apparsi su Netflix.
Giudicando il solo primo episodio, “The Comedian”, si può già dire che le caratteristiche ben note di The Twilight Zone ci sono tutte. Innanzitutto c’è il narratore, quella figura composta e rassicurante che ci introduce non tanto nella vicenda raccontata dalla puntata ma nell’atmosfera stessa della serie, grazie alla premessa (qui citata in apertura di recensione) che riprende quella celeberrima della serie storica e che è un vero piacere poter ascoltare nella sua sintetica ma efficace suggestività. Stavolta a dare volto e voce al narratore è un convincente Jordan Peele, che figura anche come ideatore e produttore esecutivo dello show: grossomodo gli stessi ruoli che aveva Rod Serling sessant’anni fa.
C’è poi l’incontro tra il personaggio e l’ignoto, fondamentale per dar vita alla vicenda stessa. E come spesso accadeva nelle puntate della vecchia serie, anche qui il protagonista è un povero inetto in cerca di riscatto, tale Samir Wassan, stand-up comedian che si esibisce ogni sera in un locale cercando di farsi largo tra la concorrenza spietata dei colleghi e di strappare invano qualche risata ai suoi spettatori. L’umorismo di Samir è troppo improntato all’ideologia e alla politica, troppo lontano dalla pancia del suo pubblico; ma le cose cambiano quando si imbatte nel leggendario comico JC Wheeler, interpretato da un solenne e sornione Tracy Jordan, che in realtà sarebbe l’attore Tracy Morgan ma per chi scrive è e resterà sempre il personaggio cazzone e capriccioso di 30 Rock. Il consiglio che JC dà a Samir è molto semplice: incentrare le performance comiche sulla propria vita, sulla quotidianità, sulle persone che conosce. Ed è un consiglio che funziona, ma che fin da subito rivela un agghiacciante rovescio della medaglia: quando Samir parla nei suoi spettacoli di qualcuno, che si tratti di un animale o di una persona, quello semplicemente sparisce dall’esistenza, come se non fosse mai venuto al mondo, e Samir stesso è l’unico a ricordarlo.
Nel 1964, purtroppo, The Twilight Zone chiuse i battenti, ma nel mezzo secolo successivo non mancarono remake e revival più o meno riusciti: prima un film del 1983 diretto da Joe Dante, poi due serie tv andate in onda rispettivamente dal 1985 al 1989 e dal 2002 al 2003.
Inevitabilmente, in un’epoca come la nostra che sembra nutrirsi avidamente di glorie del passato e cerca di riproporle in tutte le salse nelle forme più svariate (remake, reboot, revival, sequel, prequel, spin-off), la creatura di Serling non poteva rimanere a riposare troppo a lungo e così nel 2019 fa il suo debutto la quarta incarnazione di The Twilight Zone, questa volta non più sulla CBS televisiva ma sulla sua piattaforma streaming CBS All Access, la stessa che trasmette Star Trek: Discovery. Certo, è probabile che dietro una mossa del genere ci sia anche il successo di cui il formato antologico sta godendo da alcuni anni: basti pensare a Black Mirror, a Philip K. Dick’s Electric Dreams, a The Romanoffs, a Into the Dark, fino ai corti per lo più animati di Love, Death & Robots che di recente sono apparsi su Netflix.
Giudicando il solo primo episodio, “The Comedian”, si può già dire che le caratteristiche ben note di The Twilight Zone ci sono tutte. Innanzitutto c’è il narratore, quella figura composta e rassicurante che ci introduce non tanto nella vicenda raccontata dalla puntata ma nell’atmosfera stessa della serie, grazie alla premessa (qui citata in apertura di recensione) che riprende quella celeberrima della serie storica e che è un vero piacere poter ascoltare nella sua sintetica ma efficace suggestività. Stavolta a dare volto e voce al narratore è un convincente Jordan Peele, che figura anche come ideatore e produttore esecutivo dello show: grossomodo gli stessi ruoli che aveva Rod Serling sessant’anni fa.
C’è poi l’incontro tra il personaggio e l’ignoto, fondamentale per dar vita alla vicenda stessa. E come spesso accadeva nelle puntate della vecchia serie, anche qui il protagonista è un povero inetto in cerca di riscatto, tale Samir Wassan, stand-up comedian che si esibisce ogni sera in un locale cercando di farsi largo tra la concorrenza spietata dei colleghi e di strappare invano qualche risata ai suoi spettatori. L’umorismo di Samir è troppo improntato all’ideologia e alla politica, troppo lontano dalla pancia del suo pubblico; ma le cose cambiano quando si imbatte nel leggendario comico JC Wheeler, interpretato da un solenne e sornione Tracy Jordan, che in realtà sarebbe l’attore Tracy Morgan ma per chi scrive è e resterà sempre il personaggio cazzone e capriccioso di 30 Rock. Il consiglio che JC dà a Samir è molto semplice: incentrare le performance comiche sulla propria vita, sulla quotidianità, sulle persone che conosce. Ed è un consiglio che funziona, ma che fin da subito rivela un agghiacciante rovescio della medaglia: quando Samir parla nei suoi spettacoli di qualcuno, che si tratti di un animale o di una persona, quello semplicemente sparisce dall’esistenza, come se non fosse mai venuto al mondo, e Samir stesso è l’unico a ricordarlo.
Il “potere” di cui Samir entra in possesso è l’elemento fantastico disturbante, quello che scompagina la sua vita e le sue certezze, che lo mette progressivamente di fronte al proprio lato oscuro. Inizialmente, infatti, il nostro comico è inconsapevole del prezzo da pagare, ma quando se ne rende conto finisce per usarlo per sbarazzarsi della gente che odia, che gli ha fatto un torto o che semplicemente vede come una minaccia, dopo averne annotato i nomi in un quaderno che è fin troppo spudoratamente un richiamo al celebre manga (poi anime) Death Note. Samir sprofonda sempre più in una spirale distruttiva che è insieme autodistruttiva perché finisce per privarlo dell’amore della sua fidanzata; ma quando ormai sembra che per la sua anima oscura non ci sia più redenzione, ecco che decide di incentrare l’ultima performance su se stesso, in un vero e proprio atto suicida che si conclude eloquentemente con il gesto del mic drop, ossia del microfono che cade per terra a indicare che chi si è esibito non ha più nulla da dire. Samir è stato corroso dal potere oscuro che ha scoperto di possedere, l’ha usato per fare cose terribili, ma ha aperto gli occhi in tempo e ha capito che l’unico modo per rimediare era distruggere, finché era in tempo, il mostro che stava diventando.
“The Comedian” altro non è, dunque, che una grande metafora: la metafora del potere che corrompe, certamente, ma soprattutto la metafora della ricerca forsennata e spregiudicata di gloria, di fama, di successo, che ci spinge a calpestare gli altri senza pensare alle conseguenze, convinti che tutto sia lecito. Da questa impostazione deriva la mancanza di una qualsivoglia suspense o un effettivo plot twist: appare ben presto chiaro cosa comporta il potere di Samir e per cinquanta e passa minuti assistiamo semplicemente alla sua discesa nell’oscurità, fino alla redenzione finale. Qualcuno potrebbe vederci un difetto non da poco, se non fosse che spesso lo scopo delle storie fantastiche non dovrebbe essere quello di stupire e meravigliare a tutti i costi, ma semplicemente di far riflettere. E “The Comedian”, nel suo piccolo, ci riesce.
“The Comedian” altro non è, dunque, che una grande metafora: la metafora del potere che corrompe, certamente, ma soprattutto la metafora della ricerca forsennata e spregiudicata di gloria, di fama, di successo, che ci spinge a calpestare gli altri senza pensare alle conseguenze, convinti che tutto sia lecito. Da questa impostazione deriva la mancanza di una qualsivoglia suspense o un effettivo plot twist: appare ben presto chiaro cosa comporta il potere di Samir e per cinquanta e passa minuti assistiamo semplicemente alla sua discesa nell’oscurità, fino alla redenzione finale. Qualcuno potrebbe vederci un difetto non da poco, se non fosse che spesso lo scopo delle storie fantastiche non dovrebbe essere quello di stupire e meravigliare a tutti i costi, ma semplicemente di far riflettere. E “The Comedian”, nel suo piccolo, ci riesce.
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È troppo presto per dire se l’ennesimo revival di The Twilight Zone è qualcosa di cui avevamo bisogno o solo l’ennesimo frutto della mania contemporanea per la riproposizione di roba vecchia, ma se il buongiorno si vede dal mattino e se la qualità resterà quella di “The Comedian”, potremmo essere di fronte a un’interessante alternativa alla fantascienza e al fantasy solitamente propinatoci da piattaforme streaming e canali via cavo, meno spettacolare e roboante ma anche meno superficiale.
The Comedian 1×01 | ND milioni – ND rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.