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Nella precedente recensione abbiamo affrontato il delicato confronto tra il principe della risata, Antonio De Curtis e Marcello Macchia, noto ai più come Maccio Capatonda. Con il rischio di essere sciolti nell’amido dai nostri lettori, questa recensione si apre nuovamente con un raffronto, questa volta con un comico di tutt’altra rilevanza: Checco Zalone. Il comico pugliese negli ultimi anni ha dominato la scena cinematografica italiana, orfana dei cinepanettoni, “il genere di film che il mondo ci invidia“, totalizzando quasi 52 milioni di euro al botteghino e circa 8 milioni di spettatori (questioni di drammi cinemali). Risultati che hanno portato ad una spaccatura tra il popolo italiano: quelli che odiano Zalone a prescindere perché se non vai al cinema solo per vedere film muti di propaganda sovietica non capisci un piffero, e quelli che lo amano perché “c’ha troppo raggione e i suoi film ti fanno pisciare dal ridere”. Non sono state attestate forme di vita ubicate nel mezzo di tale disputa. Il paragone viene quasi automatico in vista dell’uscita di “Italiano Medio”, prima opera cinematografica di Marcello Macchia, prevista per marzo 2015. C’è chi sta già scommettendo su un effetto sbanca-botteghino in stile “Cado dalle nubi”, in tal caso Maccio farebbe l’amplesso. Innegabilmente il boom dipenderà dalla gestione del fenomeno dal punto di vista mediatico. Il successo di Zalone sul grande schermo è stato un successo di tipo “Avatariano”, fomentato da campagne pubblicitarie quasi totalizzanti che hanno portato l’italiano medio (appunto) a lanciarsi all’attacco delle sale cinematografiche come, come, come ‘na catapulta. Il successo che ha avuto Mario (l’episodio d’esordio registrò circa 200 mila telespettatori) è sicuramente modesto in quanto legato ad una logica di tipo seriale, ma incredibile se visto in relazione alla campagna pubblicitaria attuata per promuovere la serie. Maccio Capatonda, l’uomo a cui appiopparono la comicità, si è sempre distinto per il suo modo di sfruttare i social network piuttosto che i media televisivi, ed è per questo che gli ascolti hanno raggiunto risultati relativamente contenuti. Accantonando per un attimo la questione del gradimento, l’altro aspetto che vede i due personaggi accomunati è il tipo di comicità. Due stili vicini ma lontanissimi. Entrambi sfruttano gli aspetti più folkloristici della nostra Italia portando all’estremo gli stereotipi, cercando comunque di veicolare una sorta di morale, un messaggio di fondo. La differenza sostanziale sta nel modo. Il comico pugliese, in vista del passaggio sul grande schermo, ha in un certo modo ridimensionato il suo personaggio, cambiando ad esempio il look rispetto agli esordi e italianizzando la sua parlata spiccatamente pugliese; Macchia, invece, non si è mai snaturato, distinguendosi da qualsiasi altra figura comica per il suo modo di recitare, volutamente scadente e sgrammaticato, in qualche modo alla portata di tutti. Aspetto che però rappresenta una pura illusione. Su YouTube sono migliaia le imitazioni in stile “Maccio” ed è proprio in virtù di tali omaggi che ci si rende conto dell’inimitabilità del suo modo di far ridere.
Questi due episodi ne sono l’emblema. Arrivati alla svolta di metà stagione, le perle si sprecano. Il comodignolo, eco dei famosi spot della Piccol, racchiude nel suo piccolo tutto il genio di Macchia. Il gioco di parole, elemento sfruttato maggiormente nelle comedy prodotte oltreoceano (nonché piaga in sede di doppiaggio italiano) è diventato uno dei punti cardine della comicità “Capatondiana”. “Liberaci dal Mario” e “Sano e Calvo” (l’elemento sopracitato è riscontrabile già nei titoli degli episodi) sono due puntate che confermano lo stile innovativo del serial e aggiungono elementi importanti alla trama. Una trama seriamente ridicola (e ridicolmente seria), in grado di appassionare, divertire e far riflettere. Elementi che, ritornando per un attimo al paragone con Zalone, non sono presenti nelle sue opere, quantomeno non nella misura registrata in Mario. Motivo per cui la comicità di Macchia, seppur simile a quella del comico pugliese, ha una marcia in più e innegabilmente meriterebbe una sorte simile (se non migliore) di quella riservata ai lungometraggi di Zalone.
I colpi di genio si sprecano e non basterebbero dieci recensioni per omaggiare perle del calibro della patente a pugni, del cambio shiMario o delle vignette di Topolitico alle prese con le Minny Otte. Un plauso va alla scena post trasformazione di Mario, che non mi pento di definire Micidiale, apice della puntata ed emblema di quanto detto prima riguardo lo stile di recitazione volutamente pessimo (“ho sempre saputo che eri stato tu ad averlo rapirlo” mi ha quasi provocato una crisi respiratoria).
Il tormentone torna ad essere l’unico elemento debole della serie. La rubrica del morto del giorno comincia a risultare ripetitiva e, forse per ovviare a tale ridondanza, Pino Cammino cambia il suo motto colpendo lo spettatore come ‘na scimitarra. Ugo Tiralaltro continua con i suoi trailer “Edward mani di…”, deliziandoci con una produzione niente popò di meno che dagli autori di Apollo con Apatate 13, confermando la scelta coraggiosa ma geniale di proseguire con lo stesso film per l’intera stagione.
Marcello Macchia ha saputo sfruttare brillantemente due elementi che oggiogiorno rappresentano dei trand in costante crescita, il serial (TV is the new cinema) e “l’economia del cazzeggio”, combinandoli alla perfezione in un prodotto davvero di qualità.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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All’indomario di questi due episodi, la serie di Marcello Macchia si conferma un gioiello di rara bellezza nel panorama seriale italiano. Da semplice occasione per farsi due risate il martedì sera, Mario si è trasformata, settimana dopo settimana, in una brillante critica dell’italietta moderna. Insomma, si ride per non piangere. Non ci è dato di sapere che ne sarà del nostro amato anchorman dalla nuca lucente. Ma alla fine a noi che cazzo ce ne frega a noi. Tanto c’abbiamo il diesel.
Il Pirulicchio 3×06 | ND milioni – ND rating |
Liberaci Dal Mario 3×07 | ND milioni – ND rating |
Sano e Calvo 3×08 | ND milioni – ND rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.