Francis “Frank” J. Underwood è tornato. Questa volta in veste di Presidente degli Stati Uniti d’America, con tutto ciò che esso comporta. Ma facciamo un piccolo passo indietro per rinfrescare la memoria: ci eravamo lasciati sì con la nomina a Presidente di Frank, ma molti punti interrogativi erano stati lasciati in sospeso.
Il primo su tutti era ovviamente Doug Stamper, privo di sensi e svenuto nel mezzo di una fitta boscaglia. Il suo stato di salute appariva avvolto da un fitto fumo denso di dubbi ed incertezze, ma che vengono subito dissipate e chiarite già ad inizio puntata. Doug si è ripreso dall’incidente occorsogli, ma il suo esser stato lontano dalla scena politica (e più precisamente l’esser stato lontano da Frank) l’ha portato ad un quasi totale isolamento: il Presidente infatti sembra esser deciso a non affidargli nessun tipo di incarico prendendo la scusa di volerlo vedere prima completamente ristabilito. E’ chiaro come questa motivazione sia una scusa utile a prendere tempo e ad allontanare ulteriormente Doug dal suo ormai ex datore di lavoro. D’altra parte essendosi circondato da persone qualificate come Remy Danton e Seth Grayson, Frank sembra non necessitare dell’aiuto di altre persone esterne, pur essendo in piena crisi sia con i Repubblicani, sia con i Democratici. Il suo progetto, “America Works“, sembra incontrare diversi ostacoli sul proprio cammino e ciò ha contribuito a far crollare l’indice di gradimento del Presidente e la sua stessa credibilità, tanto che in un talk show il conduttore arriverà ad affermare che lo stesso Frank sembra mancare di “autorevolezza” nei confronti dei suoi subalterni. Tutto ciò stride con la figura di potere e di pieno controllo fino ad ora rappresentata da Frank Underwood: un uomo capace di far crollare il “castello di carte” del precedente Presidente (Garrett Walker), per un puro atto di ripicca e per accaparrarsi quella fetta di dominio che ancora non deteneva.
La puntata si dirama quindi in tre direzioni: la prima riguardante Doug, utile a coprire ogni dubbio e a far percepire allo spettatore il reale dolore provato dallo stesso (e anche per sottolineare in più scene il senso di abbandono nel quale Doug è stato lasciato); il secondo prende in considerazione, seppur di striscio, l’attività politica di Frank e del suo impegno relativamente ad “America Works” (progetto con il quale avrebbe intenzione di ridurre le pensioni sociali per poter fornire lavoro ad ogni americano disoccupato: utopismo o semplice fumo negli occhi per ottenere qualcosa di diverso?); il terzo ramo della puntata vede invece come punto centrale Claire ed il suo tentativo di accaparrarsi il ruolo di ambasciatrice all’ONU per poter “dare un aiuto concreto“.
Dopo una pausa di circa un anno, House Of Cards è tornata con una prima puntata tutt’altro che piena di scene blande o di spunti di trama non interessanti: l’aver tenuto in vita Doug, sembra portare a qualcosa di veramente concreto. Basti infatti rammentare come lo stesso sia legato a filo doppio con Rachel, l’unica ragazza a sapere qualcosa relativamente a Peter Russo, l’uomo da cui quest’intera scalata ha avuto inizio. Inutile dire quanto tenere in vita Rachel fino ad ora si possa rivelare un’arma a doppio taglio. Tutto si basa, quindi, su un sottilissimo equilibrio tanto fragile quanto (almeno per ora) celato: un vero e proprio castello di carte quello costruito da Frank. Ma una domanda sembra farsi strada, ora che diverse persone sembrano poter nuocere sia a lui, sia al suo piano di potere e dominio: chi sarà a soffiare talmente forte da far crollare tutto il castello?
Rachel è una fuggitiva e lo sarà fino a quando la macchina di Doug, con la quale è scappata, non verrà ritrovata. Doug stesso, ora che ha ceduto riprendendo a bere, quanto potrà essere dannoso per il Presidente? Le domande sono tante e la stagione è solo al principio. Non resta che ringraziare Netflix che ha messo a disposizione l’intera stagione tutta in blocco, come è consueta fare, e giungere tutto d’un fiato all’ultima puntata.
Non ci sarà da pentirsi. O almeno si spera.
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Chapter 26 2×13 | ND milioni – ND rating |
Chapter 27 3×01 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.