“My name was Oliver Queen. For three years, I worked to save my city. But to save my sister, I had to become someone else. I had to become something else.”
C’è mancato solo il “Prevoiusly on Wareeth al Ghul…” per sancire l’effettiva trasformazione del fu Arrow nella nuova Heir to the Demon. Coi minuti iniziali di “Al Sah-him” ci sembra così di essere ritornati ai tempi di “The Climb“, ovvero quanto aprivamo le nostre recensioni al grido di “Oliver Queen è morto”. Non ricordiamo a caso tutta la parentesi apertasi da quello scioccante mid-season finale, visto che non solo è stato l’inizio per il nuovo corso dell’eroe protagonista, ma, col senno di poi, è stato anche il punto di svolta per un marcato stravolgimento dello stesso show. Nel bene e nel male, una cosa è più che sicura: l’Arrow di adesso non è affatto quello delle prime due stagioni e, per quanto i cambiamenti non vadano indirizzati totalmente alla deriva della trama di Oliver/Ra’s, tutto è comunque partito da lì.
Ad accomunare i due periodi, infatti, sono proprio i rischi che gli autori hanno deciso di sobbarcarsi, e le scelte che hanno dovuto apportare in fase di sceneggiatura per giustificare tale direzione. Quando Ra’s Al Ghul ha trafitto Oliver e l’ha buttato giù da un dirupo (al freddo e al gelo, con indosso solo un paio di pantaloni), praticamente nessuno ha creduto che la “morte” del protagonista potesse davvero esser stata effettiva. Compito del team creativo, allora, è diventato quello di render credibile, o quantomeno convincente, la “resurrezione” che indubbiamente si prospettava all’orizzonte. Senza star qui a ripetere perché ha convinto noi (per svariati motivi), ci limitiamo a registrare la prima vera spaccatura all’interno del fandom, che ha portato una buona fetta di pubblico a perdere l’entusiasmo per la serie, fino a quel momento quasi perfetta, nella sua continua ricerca all’iper-realismo e alle atmosfere dark. Come detto, non è nostra intenzione preparare un’arringa di difesa per l’operato degli sceneggiatori, quanto, piuttosto, constatare il significativo cambio di rotta, caratterizzato da situazioni al limiti per lo più ricorrenti. Arriviamo così al plot twist su cui si vogliono reggere gli ultimi due episodi: in soldoni, “Oliver Queen è morto”, again, e con lui alla fine di “This Is Your Sword ” quasi tutti gli altri personaggi. Bene e, di nuovo, chi ci crede?
Il “rischio” stavolta è ancor più evidente, poiché per quanto la trasformazione del protagonista (e la recitazione mono-espressiva di Amell) riescano nel tentativo di colpire efficacemente la visione, lo spettatore smaliziato ed esperto non potrà che porti una sola domanda: Oliver finge o è davvero cambiato? Così facendo, quindi, non ci sono scappatoie, poiché o sarà l’uno o sarà l’altro, e in ogni caso il fruitore potrà dire di esserselo ampiamente aspettato. Perciò i mille dubbi si riducono, in una tale ottica, ad uno soltanto: vista la strada senza uscita creatasi, c’era davvero bisogno di intraprenderla? Ed è così che giungiamo all’analisi vera e propria, perché, in casi del genere, anche le risposte possono rivelarsi altrettanto carenti. Tralasciando, perciò, la fastidiosa pratica di “sostituirsi” all’autore, cercando magari soluzioni che ciascuno può ritenere migliori o meno, non ci resta che riportare quella forse più ovvia, ma non meno veritiera: magari sì, se i retroscena appaiono inesorabilmente scontati, l’importante è il modo con cui essi vengono proposti.
Una considerazione cruciale per proseguire, a questo punto, è quella di constatare che, in fondo, ad Arrow un certo gusto per il “trash” consapevole e fatto bene, non è mai mancato, come tra l’altro abbiamo ripetuto più volte. L’andazzo di questa stagione, poi, è stato ben chiaro fin da subito, in particolare dal piano di Malcolm (l’uso di Thea nella morte di Sara) a dir poco arzigogolato, per esser buoni. Fatto sta che se si è riusciti ad accettare una tale arrampicata sugli specchi, di conseguenza si può chiudere un occhio anche su altrettante similari “incongruenze” o esagerazioni, come per esempio Laurel incredibilmente alla pari in combattimento persino con i membri della Lega degli Assassini (a proposito, per chi non seguisse The Flash, è da un piccolo crossover con la serie che proviene la nuova arma di Black Canary, precisamente da “Who Is Harrison Wells?“), o, ancora meglio, come il matrimonio combinato/forzato tra Oliver e Nyssa (con tanto di espressione contrita, quasi comica, di Amell). Insomma, se il realismo dello show è stato per lo più una semplice facciata a conti fatti per la maggior parte della sua “vita” televisiva, allora, direte voi, dove sta il problema?
Ecco, i difetti entrano in gioco proprio in quei momenti dove, perfino noi, che abbiamo eletto Arrow a show di puro e sano intrattenimento, ci vediamo costretti a storcere il naso (sempre per essere buoni) davanti a certe scene o, soprattutto, dialoghi. Sì, perché è proprio nel campo della caratterizzazione dei personaggi che incappiamo nel più grande neo di questo mini-ciclo, ed è in qualche modo grave se pensiamo che le reazioni all’incontro del “nuovo” Oliver col “vecchio” team sono il vero fulcro dell’intera vicenda. Va detto che qualcosa comunque ancora si salva, vedi Diggle e la sua delusione mista a furore (col rapimento di Lyla) che incarna in maniera efficace e decisamente intensa l’incredulità e lo smarrimento che gli ex-compagni dovrebbero provare (al contrario della Felicity degli ultimi episodi, sempre più irriconoscibile). Allo stesso modo, però, rabbia e delusione diventano più che irritanti quando vengono utilizzate come pretesto per portare la trama a “forzature” evitabili (la scampagnata a Nanda Parbat), o battute e scambi privi del pathos che gli dovrebbe competere (tutto il team che urla dietro ad Oliver di averli traditi, quasi imbarazzanti),
Il problema è che gli aspetti negativi non finiscono qui, diventando davvero troppi. Abbiamo già parlato di quelli a livelli di pura scrittura, come la “morte” di tutti nel finale, a cui aggiungiamo la poca incisiva quanto deludente caratterizzazione di Ra’s Al Ghul (adesso che si possono tirare le somme), e il suo piano di distruzione di Starling City (e siamo a tre season finali di fila). Ancora, a questi accostiamo rivedibili strafalcioni “tecnici”: per la regia, i personaggi che vanno e vengono tra una location e l’altra senz’alcun impedimento di sorta e di tempo, ormai quasi un marchio di fabbrica di ogni serie The CW (non serve neanche ricordare la rocca “inespugnabile” di Lex Luthor in Smallville, basta guardare i palesi problemi di sicurezza degli STAR Labs di The Flash); l’Atom di Brandon Routh, che proprio non convince neanche negli effetti speciali, ovvero quelli che almeno dovrebbero renderlo “figo” da vedere e che invece fanno abbassare di gran lunga le aspettative per lo spin-off (Legends of Tomorrow) fresco di ufficialità: gli scontri, come detto, tra la Lega e il Team Arrow, in “Al Sah-Him” quanto in “This Is Your Sword”, per quanto nel primo l’ambiguità del comportamento di Oliver e l’intervento salvifico di Thea lo abbiano reso quantomeno interessante.
Ed è proprio la Queen minore che, stavolta, un po’ “salva la baracca”, più che altro per il lungo e abbastanza coerente percorso ormai in dirittura d’arrivo, in modo altrettanto funzionante e, guarda caso, quasi del tutto in parallelo alle azioni del team principale. Quello di Thea è stato, infatti, un personaggio chiave per tutte le decisioni di Oliver in questa stagione, specialmente nel suo coinvolgimento con la Lega e quindi fulcro scatenante della maggior parte dei significativi avanzamenti di trama dello show. Fin dalla sua partenza con papà Merlin, la ragazza interpretata da Willa Holland si è fatta via via sempre più intrigante e sfaccettata (certo, magari con qualche ansia di troppo), perciò immaginate come ci siamo rimasti quando sul finire di “Al Sah-Him” sembrava sul punto di fuggire per l’ennesima volta raggiungendo Roy e “abbandonando” lo show. Insomma, se davvero deve andar via perchè spenderci tanto tempo sopra? Solo uno spavento però, dato il passaggio di testimone consumatosi in “This Is Your Sword”, il quale, oltre a regalarci un degno ed emozionante addio con l’ex-amato (che ci era tanto mancato in occasione della fuga del ragazzo), non fa altro che chiudere il suo tortuoso cammino, proprio sul leitmotiv dello “scappare” in continuazione alle difficoltà, invece di affrontarle a viso aperto.
Così come, allo stesso modo, c’è piaciuto l’infondere finalmente un senso (a questo punto anche tardivo) ai bistrattati flashback di questa stagione, con l’introduzione nel presente del virus letale, e al protagonismo della famiglia Yamashiro, chiusasi con il poetico e sofferente alternarsi tra la morte (annunciata) del piccolo Akio nel passato e quella di Maseo (più che traumatica) ai giorni nostri, da parte della stessa moglie Tatsu.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Fallen 3×21 | 2.72 milioni – 1.0 rating |
Al Sah-Him 3×21 | 2.39 milioni – 0.9 rating |
This Is Your Sword 3×22 | 2.54 milioni – 1.0 rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.