Quando si recupera una vecchia serie già conclusa, oppure quando se ne inizia a seguire una nuova, esiste un clic che si attiva nel nostro cervello e nella nostra percezione. Tale clic corrisponde, quasi sempre, al momento specifico in cui smettiamo di annusare l’aria circostante del nuovo ambiente seriale in cui siamo capitombolati e incominciamo a metterci comodi. Una volta comodi, iniziamo a comprendere cosa aspettarci – o per cosa, eventualmente, sorprenderci – dai prossimi episodi. Il clic può arrivare dopo pochi episodi, dopo il Pilot, dopo un’intera prima stagione. Non è mai definitivo e ci mettiamo un po’ a comprendere quale possa essere quello reale ed effettivo. Sappiamo solo che iniziamo ad avvertire una vaga (o meno) voglia di vedere l’episodio seguente. Ovvio: in un quarto episodio di una prima stagione, è ragionevole avere ancora dei dubbi qualora si percepisca una prima svolta, ma ciò non toglie che la si sia percepita.
“A Hunger/Newyn” ha il grande pregio di concederci un elemento non da poco, richiesto più che mai nei primi tre episodi: la direzione dello show. Per la prima volta i personaggi principali sembrano ben delimitati (in questo, il Pilot ha rappresentato uno dei più grandi inganni televisivi di sempre, sovvertendo lo status iniziale in maniera sorprendente) e sembrano mostrarci il loro cammino e, soprattutto, il loro ruolo. L’episodio risulta maggiormente scorrevole, quindi, senza necessitare di estrema azione, di colpi di scena teatrali, oppure semplicemente di sangue a non finire. Tutto ciò è presente moderatamente, con il contagocce, a prometterci ben altri momenti futuri per cui strapparci i capelli, al momento giusto.
Kurt Sutter, per chi avesse avuto modo di conoscerlo con la sua precedente epopea motociclistica, presenta caratteristiche ben precise. Via i fronzoli televisivamente qualitativi alla HBO, via gli esercizi di stile alla Vince Gilligan: tutto deve essere al servizio della storia. Tutto ruota intorno alla storia e, se si ha un po’ di fiducia nei suoi confronti, si sa che lui la storia l’ha già in mente nella sua interezza. Tutto deve essere talmente tanto al servizio della storia da raccontare che lo stile narrativo/stilistico deve essere semplice, fruibile e scorrevole. Questa può essere la croce e delizia della strada che TBX sembra prendere. In entrambi i casi occorre, nel descrivere questi due punti, tirare in ballo Sons Of Anarchy. Si è detto in mille salse di come SoA sia stata una brillantissima rilettura shakespeariana ed è proprio in questa capacità di Sutter per l’intreccio narrativo, che un’ambientazione come quella di TBX – shakespearianissima – calza come un paio di scarpe dal numero esatto. Questa era la delizia ma, come detto, vi è anche una croce con cui fare i conti, soprattutto per quanto riguarda la pura fruizione. Dove un fan parla di “tragedia” e di Shakespeare, un eventuale detrattore potrebbe parlare – ingenerosamente, ma non senza un fondo di verità – di soap. SoA ha delle caratteristiche da telenovela, nascoste però sotto infiniti strati di mascolinità, di giacche di pelle, di motociclette e di omicidi a sangue freddo, senza contare il fantastico rock che fa da colonna sonora. La violenza non sembra mancare in TBX, siamo però sicuri che i promettenti intrighi di palazzo (oltre alla necessità di sviluppare il tema gravidanza) non tolgano almeno un po’ di questi strati? Come affermato precedentemente, lo stile semplice, lineare e fruibile della regia potrebbe, in questo caso, dare la botta di grazia.
I condizionali sono d’obbligo più che mai, però. La 1×04 pone ordine ma ci dà modo, forse come mai prima d’ora, di tirare le somme più che mai sulla conformazione dei personaggi. Dove da un lato il ciambellano si rende inevitabile stereotipo vivente di colui che nella corte trama nell’ombra, dall’altro diviene il collante con le due contee mostrateci finora separatamente. Ancora più importante, però, è la sua capacità di tenere vivo l’interesse e alta la tensione per quanto riguarda il segreto di Wilkin. Non è tuttora molto chiaro come abbia capito la vera identità del falso boia (lettori, se voi lo sapete commentate perché potrebbe essere sfuggito a diversi spettatori, recensore compreso, rendiamo RecenSerie anche un sito di servizio), tuttavia non si corre il rischio di giocare a nascondino per diversi episodi prima di una qualche rivelazione o un qualche pericolo di fine stagione.
Lady Love, più che mai, si conferma personaggio riuscito. Oltre alla sua utilità attuale e premessa ai fini della trama (il sopracitato tema della gravidanza), l’interpretazione dell’attrice e la scrittura del personaggio riescono a non far perdere il ritmo e a non annoiare in quelli che sono pur sempre dialoghi tra una dama e la sua ancella. Come ci si riesce? Grazie all’umile origine gallese della Lady, spogliata quindi di tutti i vezzi nobiliari che ormai conosciamo a menadito (coff coff Game Of Thrones).
Infine, ma non per ordine di importanza, la cattura dei ribelli nascosti nel bosco riesce a donare un minimo di hype e tensione, contribuendo ulteriormente a tenere sempre sul chi vive Wilkin e il suo segreto. L’ambito religioso, nelle vesti di Katey Sagal (con il suo fantastico accento moldavo) e delle persone fatte a pezzi, è l’unico rimasto ancora da inquadrare bene.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Finora abbiamo salvato. Salveremo anche questa volta, ma per pura cautela. La pallina nel piano inclinato della nostra fiducia potrebbe star iniziando a prendere velocità.
Effigy/Delw 1×03 | 1.09 milioni – 0.4 rating |
A Hunger/Newryn 1×04 | 1.26 milioni – 0.4 rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.