Dopo un ottavo episodio caratterizzato da una forte staticità narrativa, con “The Litvinov Ruse” comprendiamo il ruolo che questa stasi nell’avanzamento diegetico ricopre nel processo di comprensione del marasma di eventi che hanno travolto i nostri protagonisti. Eventi che hanno avuto origine dal delicato rapporto tra Allison e i russi, le cui conseguenze hanno finito per riversarsi, con l’impeto di un fiume in piena, direttamente sulla povera Carrie. Se nella precedente recensione ci lamentavamo dell’eccessivo zelo prestato all’approfondimento del passato delle due donne, col senno di poi comprenderne le ragioni appare molto più semplice.
Per una serie come Homeland, negli ultimi anni diventata quasi antologica, la cura del contesto (fanta)geopolitico è naturalmente uno degli aspetti a cui gli autori debbono dedicare la maggiore cura possibile. A tal proposito “All About Allison” funge da giustificazione a tutta una serie di contraddizioni – minuzie e pignolerie da recensore – che avrebbero minato la verosimiglianza dell’intero mosaico narrativo. L’aver umanizzato un personaggio che inizialmente pareva essere solo vestito da essere umano, nascondendo invece una natura molto più congeniale a quella di un replicante, ha portato così a scusare alcune piccole falle alla base del piano architettato minuziosamente dai russi. L’omicidio di Carrie, a maggior ragione alla luce degli sviluppi visti in quest’ultimo episodio, si rivela così un rischio esagerato se messo in relazione alle reali possibilità, da parte della Drone Queen, di smascherare l’operazione di infiltramento messa in atto da Allison. Il pressapochismo da parte di quest’ultima nel non tenere conto dell’identità del sicario di Saul e il fatto che le sia sfuggito il forte legame tra Quinn e il bersaglio in questione, trovano così una parziale giustificazione nel passato della rossa doppiogiochista, già una volta tradita da un’eccessiva fiducia nei confronti degli altri e dalla promessa di un futuro da sogno lontano dagli orrori della guerra. In breve: errare humanum est.
Il ricongiungimento tra Carrie e Saul, elemento di continuità mantenuto fin dalla prima stagione, nonché rifugio sicuro in cui gli autori cercano tepore durante il rigido inverno del disordine narrativo scaturito dal complesso contesto geopolitico, raggiunge la sua compiutezza grazie a quell’abbraccio salvifico in pieno stile Santo Wayne. Allieva e maestro tornano a collaborare, e i risultati sono immediatamente sotto gli occhi di tutti. Inizialmente messo in secondo piano a favore del personaggio interpretato da Miranda Otto – il meglio strutturato in questa quinta stagione – e oscurato dalla cosiddetta ombra del divo, Saul si ritrova nuovamente al centro dell’azione, visibilmente scosso dalla verità appresa riguardo Allison, ma altrettanto motivato nel portare a termine la sua nuova missione. La puntata gioca molto sulla tensione dello spettatore, prima nella sequenza notturna a casa di Allison, poi nel lungo pedinamento ai danni di quest’ultima, che in qualche modo ricorda l’indimenticabile fuga di Saul dalle strade di Makeen della stagione scorsa. Il risultato è una totale imprevedibilità narrativa, elemento cardine e inconfondibile cifra stilistica della serie fin dalla sua primissima messa in onda.
Infine è doveroso spendere due parole anche per la storyline di Quinn, personaggio maltrattato non solo dal gruppo di jihadisti che lo ha preso in custodia recentemente, ma soprattutto dal comparto recitativo della serie. Annullato quasi totalmente dall’avvio di stagione e svuotato da tutto lo spessore conferitogli nel corso della stagione precedente, Quinn aveva riguadagnato parte del suo antico splendore dopo il riavvicinamento con Carrie. In seguito alla sua scampagnata suicida e al seguente incontro/scontro con il gruppo di jihadisti, però, ecco tornare l’oscurità sul povero Peter. Tralasciando l’evidente deus ex machina narrativo che auspicabilmente porterà nuovamente i personaggi a incontrarsi, l’aver separato Quinn dal resto del gruppo, cercando di conferire un’identità individuale al suo segmento narrativo, ha portato esattamente all’effetto opposto, svuotandolo di tutto l’interesse e annullando nuovamente i progressi fatti in termini di (ri)caratterizzazione del personaggio.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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All About Allison 5×08 | 1.47 milioni – 0.5 rating |
The Litvinov Ruse 5×09 | 1.42 milioni – 0.5 rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.