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Cosa hanno in comune “Parting Shot” e “Watchdogs”? Entrambi sono dei prologhi, il primo allo spin-off Bobbi/Hunter-centrico “Marvel’s Most Wanted”, il secondo al tie-in con “Captain America: Civil War”. Un pregio ma anche un difetto, nel serial ABC/Marvel Studios, è stato quello di organizzare delle puntate che si collegassero in qualche modo ai lungometraggi dei Marvel Cinematic Universe di cui il telefilm in questione ne è parte integrante. Questo perché, essendo i protagonisti agenti dello S.H.I.E.L.D.(organizzazione che ha le mani in pasta ovunque) il telefilm di Phil Coulson è soci è sempre stato quello più adatto a raccontare le evoluzioni socio-politiche dell’intero Universo Cinematografico Marvel. Mentre i film possono concentrarsi solo parzialmente su un contesto generale perché devono sviluppare maggiormente la crescita del protagonista, Marvel’s Agents Of S.H.I.E.L.D. può permettersi di prendersi qualche episodio per raccontare una parentesi che le pellicole (per motivi di minutaggio) non possono mostrare e che, in qualche modo, è utile ad una comprensione più ampia del film. Essendo però dei tie-in, non tutti possono venire bene, in quanto spesso tipologie di episodi imposti dalle alte sfere (qualcuno ha il coraggio di ricordare “The Well“?). Fortunatamente le cose sono cambiate.
Dopo l’evoluzione del serial del Team Coulson e la generale presa di coscienza del potenziale del Marvel Cinamtic Universe, per questa Phase Three si è fatto di tutto per mostrare un trattamento di tematiche speculare e una direzione omogenea verso una maturazione comune e costante per ogni opera in corso. Se ci fate caso, la Phase One del MCU ha in comune, con la prima stagione di MAOS, un ingenuo e scanzonato sense of wonder tipico della Silver Age dei fumetti, dove il principale elemento di traino della storia era l’azione e l’avventura. Questo sense of wonder è stato, di fase in fase, accantonato con parsimonia e sostituito con una lenta decostruzione dello stesso, dove lo stupore per gli sgargianti eroi è stato sostituito da paranoia e timore: un cambiamento simile alla visione che si ha dei propri genitori in fase di crescita. Se in tenera età essi si presentano come i nostri eroi senza macchia e perfetti sotto ogni punto di vista, già dall’età della pubertà queste importanti figure della vita di un essere umano cominciano a mostrare le proprie imperfezioni, le loro contraddizioni e i compromessi che devono costantemente sopportare.
Nell’Universo Marvel Cinematografico sta succedendo la stessa cosa e il concetto di “buono” e di “giusto” sta venendo “sporcato” da situazioni sempre più delicate oltre che prive di una visione universalmente corretta sotto il profilo etico/morale. Un grande esempio di questo cambiamento, lo abbiamo visto in Marvel’s Daredevil con “New York’s Finest” e lo rivedremo in “Captain America: Civil War”. Però, già la scena dell’interrogatorio da parte di Daisy e il suo precedente battibecco con Mack descrivono perfettamente situazione e clima.
Logico che in un contesto narrativo così tumultuoso nascano i Watchdogs, antagonisti non all’altezza del Team Coulson ma utili al fini del serial e della maturazione del MCU, in quanto rappresentano in maniera concreta la reazione delle persone che sono così spaventate da questi incontrollati e sedicenti eroi tanto da rispondere con la violenza. Può sembrare un caso che, contemporaneamente, due telefilm e un lungometraggio stiano trattando (sotto diversi aspetti) le stesse tematiche a distanza di pochi mesi l’uno dal altro. In verità non è un caso, perché è tutto calcolato e perché it’s all connected. Questi adattamenti televisivi e cinematografici di celebri personaggi e storie della Marvel Comics non sono semplici “esercizi di trasposizioni”, ma vere e proprie “mostre” su piccoli e grandi schermi della maturazione stessa del fumetto di genere supereroistico.
Logico che in un contesto narrativo così tumultuoso nascano i Watchdogs, antagonisti non all’altezza del Team Coulson ma utili al fini del serial e della maturazione del MCU, in quanto rappresentano in maniera concreta la reazione delle persone che sono così spaventate da questi incontrollati e sedicenti eroi tanto da rispondere con la violenza. Può sembrare un caso che, contemporaneamente, due telefilm e un lungometraggio stiano trattando (sotto diversi aspetti) le stesse tematiche a distanza di pochi mesi l’uno dal altro. In verità non è un caso, perché è tutto calcolato e perché it’s all connected. Questi adattamenti televisivi e cinematografici di celebri personaggi e storie della Marvel Comics non sono semplici “esercizi di trasposizioni”, ma vere e proprie “mostre” su piccoli e grandi schermi della maturazione stessa del fumetto di genere supereroistico.
Ma nonostante ci si concentri tanto riguardo la preparazione del futuro tie-in di “Captain America: Civil War”, il serial non dimentica neanche per un istante di aver in ballo anche le sue storyline e i suoi personaggi, che magari riuscirà a portare poco avanti, ma lo fa con gran dignità. Sotto questo punto di vista, la parte del leone la fanno le trame incentrate su Simmons e Mack. Nonostante la conversazione intrattenuta tra Jemma e May sia stata ben scritta (come tutti i dialoghi dell’episodio) e ottimamente recitata, è chiaro come il personaggio stia cercando una sua dimensione anche e sopratutto lontana da Fitz. La breve sequenza in cui Simmons cerca di acquistare una certa indipendenza e intraprendenza è di sicuro ben strutturata, però è chiaro che questa svolta ancora interessa poco, poiché si avverte una certa conclusione della sua esistenza. Simmons ha disperatamente bisogno di una nuova ragion d’essere, evitando così di diventare ridondante e ripetitivo dato che, attualmente, il personaggio vive ancora di rendita per l’evoluzione avvenuta in “4,722 Hours“. E’ tempo di voltare pagina. Per questo, proprio perché di personaggi come Simmons si è detto tanto nella prima parte della terza stagione, un character come Mack risulta invece più interessante e accattivante, non solo per la padronanza che Henry Simmons ha del suo personaggio ma anche perché decisamente poco sviluppato rispetto agli altri. Scoprire anche pochi elementi della sua vita privata e vederlo protagonista di conflitti interiori gli ha donato maggior tridimensionalità. Del resto, con l’abbandono di Mimo e Lance Hunter, qualcuno doveva pur crescere caratterialmente per riempire il loro vuoto di potere.
Poteva RecenSerie non sbattersi per voi e raccattare tutte le curiosità e le ammiccate d’occhio per la nuova stagione di Marvel’s Agents Of S.H.I.E.L.D.? Maccerto che no, doveva eccome! Per la gioia dei nostri carissimi lettori, ecco a voi la “guida” a tutti i vari easter eggs e trivia disseminati nella puntata.
- Fa il suo ritorno l’Agente Felix Blake, personaggio inventato ex-novo per il Marvel Cinematic Universe e comparso per la prima volta del cortometraggio Marvel One-Shot: Item 47. Successivamente, farà delle apparizioni negli episodi “FZZT” e “End Of The Beginning” prima di ricomparire in “Watchdogs”.
- L’attore che interpretata Felix Blake è Titus Welliver, conosciuto al grande pubblico sopratutto per il ruolo de L’Uomo In Nero di Lost. Il serial decide, in questa puntata, di omaggiare il ruolo avuto in Sons Of Anarchy: quello del criminale irlandese Jimmy O’Phelan. Nel serial di Kurt Sutter, i protagonisti del club motociclistico dei Sons Of Anarchy e i membri dell’IRA si incontravano in un capanno fuori dalla cittadina immaginaria di Charming per decidere la compravendita di armi. In questa puntata, Blake stabilisce una sua base in un capanno.
- Fanno il loro debutto i Watchdogs, un gruppo di terroristi estremisti fissati con la purezza degli ideali americani, usando messaggi di terrore e azioni di guerriglia nel tentativo di svegliare le coscienze. Comparvero per la prima volta nei comics su Captain America #335 del 1987, dove vennero affrontati e sconfitti da John Walker, all’epoca in temporanea sostituzione di Steve Rogers nei panni di Capitan America.
- Ruben Mackenzie è un personaggio inventato appositamente per lo show.
- Signori e Signore, ecco a voi un grezzo design della axe-gun che Mack voleva realizzare sin dai tempi di “Laws Of Nature“.
- Il Nitramene è stata una sostanza piuttosto centrale nella trama della prima stagione di Marvel’s Agent Carter.
- Ad inizio episodio, quando i Watchdogs fanno il loro annuncio minatorio in televisione, nelle notizie a scorrimento in sovrimpressione del telegiornale, una di loro parla di una guerra fra bande ad Hell’s Kitchen. E’ un riferimento a quanto visto negli ultimi episodi della seconda stagione di Marvel’s Daredevil.
- A fine episodio, quando Ruben parla con Daisy, cita la Damage Control. Comparsa per la prima volta su Marvel Comics Presents #19 del 1989, la Damage Control è una ditta di costruzioni autoctona dell’Universo Marvel specializzata nel ripulire i danni causati dai supereroi durante le battaglie contro i supercriminali. La citazione è dovuta al fatto che, nell’Ottobre 2015, la ABC annunciò la lavorazione di una sit-com a camera singola dedicata alla Damage Control che ha già ottenuto l’ordine per un put pilot (significa che il network è obbligato a mandare in onda l’episodio pilota).
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Nella prima stagione, i tie-in con “Captain America: The Winter Soldier” riuscirono a dare un calcio in culo una spintarella a Marvel’s Agents Of S.H.I.E.L.D., aiutandolo ad acquistare quelle caratteristiche per cui, ancora oggi, vive di rendita. Con “Watchdogs” il serial ABC/Marvel Studios ricambia il favore, mostrando quanto è riuscito a interiorizzare quel “prestito” di tematiche e atmosfere preso dal secondo film del Capitano, tanto da preparare il terreno a “Captain America: Civil War” in uno stile completamente personalizzato e riconoscibile. Senza dimenticare le proprie trame e i propri personaggi, sta volta è Marvel’s Agents Of S.H.I.E.L.D. a trainare un lungometraggio e non viceversa. E se questa non è un’ulteriore prova della maturazione del serial, non sappiamo cos’altro lo potrebbe mai essere.
Parting Shot 3×13 | 2.88 milioni – 0.9 rating |
Watchdogs 3×14 | 3.23 milioni – 1.0 rating |
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