“Well, isn’t the problem here that we’re thinking of censoring based on sensitivities and not content?”
“Does that matter?”
“I think it does.”
“And if I’m attacked fifty times a day?”
“Then I sympathize with you, but I don’t think speech should be judged by those who feel the most harmed.”
E’ lecito bannare un utente e/o cancellare i suoi post offensivi e molesti? Oppure significa censurare, limitare la libertà di parola?
Di nuovo i King dimostrano di voler essere sempre sul pezzo, affrontando tematiche attuali e di forte impatto emotivo. Cosa c’è di speciale, direte voi. In fondo sono capaci tutti di piazzare in un episodio temi sensibili per attrarre il pubblico e far parlare di sé, ma la vera specialità dei coniugi King sta nel come.
Il primo aspetto che salta agli occhi è che, come nel caso di questo sesto episodio, gli argomenti sono trattati a tutto tondo e mai in modo banale. I post molesti, razzisti o sessisti sono un problema che tutti conoscono, nei quali ci si imbatte fin troppo facilmente scorrendo la home dei vari social network. I King usano uno dei volti conosciuti della serie madre, Neil Gross e il suo Chumhum, per affrontare la questione, facendo riflettere su possibili soluzioni. L’osservazione sollevata da Julius, e citata all’inizio di questa recensione, è l’esempio di come il tutto sia gestito egregiamente. Nessuno dei punti di vista esposti dai vari avvocati è sbagliato, sono tutti nel giusto, è tutta una questione di prospettiva.
Una particolarità dell’episodio, decisamente degna di lode, è la scelta di dare un volto a tutti i commenti offensivi presi in esame dai vari avvocati. E’ da considerarsi una finezza perché pone sotto i riflettori un altro aspetto spesso trascurato quando si discute delle offese fatte sui social network: la tendenza a sottovalutare gli effetti di un’offesa fatta sui social, considerandoli meno importanti. I King danno loro un volto, per enfatizzarne il contenuto.
Oltre a portare alla luce un problema, analizzandolo in tutte le sue sfaccettature, The Good Fight sembra provare a proporre una soluzione, una sorta di Commissione a cui fare appello nel caso si venga bannati. Al di là dell’assurdità della cosa nella realtà, l’idea funge da pretesto per presentare al pubblico Mr. Staples, che sembra essere l’alter ego seriale di Milo Yiannopolous, che ha fatto tanto parlare di sé con i suoi commenti misogini e razzisti, che hanno spinto Twitter a bannarlo a vita. The Good Fight sembra prendere una posizione anche su questa vicenda. Il ban di Twitter sembra aver accresciuto la fama di Milo, andando ad aumentare la cerchia di fan pronti a prendere le difese del loro “leader”, seguendone le orme. Gli avvocati di Reddick, Boseman & Kolstead, invece, revocano il ban, privando Mr Staples della cosa che più bramava: l’attenzione. The Good Fight sembra nuovamente strizzare l’occhio al pubblico per insegnare una lezione o, quanto meno, rivelare la morale della fiaba del giorno.
“You’ve lost, Diane. You’re upset ‘cause I’m the embodiment of free speech.” “No, but you’re the what we have to tolerate, so thank you.”
Nonostante la centralità data al “caso del giorno”, “Social Media and Its Discontents” porta un poco avanti la trama orizzontale della serie, anche se si tratta più di una conferma che di una vera e propria rivelazione. La storyline dello scandalo è andata ad unirsi a quella della task force di Kresteva già dallo scorso episodio, ora si sa per certo cosa il padre della povera Maia sia disposto a fare pur di salvarsi la pelle, andando a distruggere l’immagine che la ragazza, e il pubblico, aveva di lui. La vicenda si fa sempre più intrigante, grazie alla maestria degli showrunners che sanno destreggiarsi bene sia con la stesura delle linee narrative che con la scrittura dei personaggi, facendo chiaramente capire al pubblico che la vita non è bianca o nera, ma che esistono innumerevoli sfumature di grigio.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Stoppable: Requiem For An Airdate 1×05 | ND milioni – ND rating |
Social Media And Its Discontent 1×06 | ND milioni – ND rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.