Quella che segue è una bella doccia fredda di nome “Mabel”.
“The wheel is gonna turn. It always does.”
L’avvicinamento di Jimmy alla sua più famosa controparte di nome Saul è iniziata ormai da due stagioni e, con calma ed in maniera minuziosa, si stanno collegando tutti i punti che mancano alla trasformazione. La calma, da sempre una delle virtù di fan e sceneggiatori di Better Call Saul e Breaking Bad, ha mantenuto viva la fiamma della passione da “Klick” a qui, una fiamma rimasta accesa grazie al doppio gioco di Chuck (“Don’t think I’ll ever forget what happened here today. And you will pay.“) e a quel post-it con scritto “DON’T” che ha fatto pietrificare Mike, che però qui si affievolisce a causa dell’attendismo generale che mina il tutto. E la colpa è proprio dei creatori di Better Call Saul visto che “Mabel” è scritto da Vince Gilligan e Peter Gould.
L’apertura nel “presente” è sempre molto apprezzabile, un tocco di classe anacronisticamente marcato dal quel bianco e nero che mal si adatta al periodo storico e che, al contrario, dovrebbe appartenere alla visione del passato. Eppure la cosa funziona come sempre e fa sempre la sua sporca figura, Vince Gilligan ormai questo l’ha capito. Ma al di là di quello che è a tutti gli effetti puro fan-service e che dura 5 minuti, “Mabel” non soddisfa né le aspettative né tanto meno il pubblico ludibrio perché, erroneamente, si concede una pausa narrativa (al momento sbagliato) in 3 delle 4 storyline all’attivo. Il perché di questo piccolo harakiri non è dato saperlo, tuttavia è palese e penalizza l’intera season premiere che, tra le altre cose, segna tristemente anche un nuovo series low.
Chuck: “Jimmy. You do realize you just confessed to a felony?”
Jimmy: “I guess. But you feel better, right? Besides, it’s your word against mine.”
“Mabel” riparte esattamente, e giustamente, da dove si era concluso “Klick” sia per la storyline riguardante Jimmy e Chuck, sia per l’agguato teso da Mike: la differenza tra le due trame è tutta nel modo in cui Gilligan e Gould scelgono di farle proseguire. La situazione di stallo in cui sembra essersi stagnato il rapporto tra i due fratelli è tacciabile di impasse perché, come dice Howard, “Chuck, if that tape is useless in a court of law and no help in the court of public opinion, what’s the point? Because I can’t think of a single use for it“, tuttavia Chuck è di un’altra opinione ma non è dato sapere in alcun modo come vorrà utilizzare la registrazione, ed è questo il punto: perché soffermarsi così tanto su una storyline se non si ha l’intenzione di farla progredire quel tanto che basta per non rimanere ingolfati? Con tutt’altro piglio viene invece sviluppata la trama relativa a Mike, colto alla sprovvista dal clacson della sua macchina e bloccato da un “DON’T” ancora senza indirizzo del mittente, cosa a cui però si prova a porre rimedio in questa premiere. Pur nella totale assenza di dialoghi, sono le gesta e gli sguardi di un sempre ottimo Jonathan Banks (coadiuvato dall’altrettanto ottima regia di Gilligan stesso) a catalizzare l’attenzione, un’attenzione facilmente ottenibile anche perché si tratta della trama più interessante vista la pochezza delle restanti.
Saul appare quasi come un personaggio secondario al pari di Kim, spaesato e senza mordente; Kim ne segue il piglio; Chuck vive nell’attendismo della sua stessa strategia: 3 personaggi, con 3 diverse storyline, tutti bloccati lì dove li si era lasciati quasi 1 anno fa. L’unico a dare un senso alla visione di “Mabel” è Mike, ma è davvero troppo poco per giustificare oltre 50 minuti di visione. Davvero troppo poco.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Klick 2×10 | 2.26 milioni – 0.8 rating |
Mabel 3×01 | 1.81 milioni – 0.7 rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.
Non sono d'accordo con questa recensione.
E' vero che questa prima puntata è una "pausa" narrativa, ma la lentezza è una caratteristica di "Better Call Saul" così come di parte di Breaking Bad (mi riferisco in particolare alla terza stagione).
Insomma, alla fine della seconda stagione, eravamo ancora lontanissimi dal Saul Goodman di Breaking Bad, di cui questa serie dovrebbe raccontare la "genesi".
Non ci si poteva aspettare un inizio di stagione a gran ritmo, secondo me.
L'importante è tenere alta la tensione (e lo fa) ed approfondire la psicologia di Saul (e lo fa).
Better Call Saul è una serie lenta; questo può non piacere, ma questo è.
Che sia una serie lenta non ci piove, è parte del DNA ed è uno dei motivi per cui il mondo raccontato da Gilligan è piaciuto a molti. Come scritto nella recensione, "Mabel" si rende interessante solo e soltanto grazie a Mike perchè nè Saul, nè Chuck, nè Kim si sono smossi da dove erano stati lasciati. Bastava veramente poco per non dare questa sensazione di immobilismo e Mike ne è l'esempio perfetto visto che alla fine riesce nel suo intento; Chuck invece si limita a dire che sa come usare la registrazione, Saul si limita ad un faccia a faccia nel suo ufficio per la pubblicità, Kim è Kim. Ci sarebbero stati molti modi diversi (e lenti) per ridare slancio alla stagione, si è deciso di non farlo…