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Ciò che fino ad ora differenzia questa stagione di American Horror Story dalle altre, è il voler mettere sul piatto una stagione che cresce di puntata in puntata, cercando di limitare il più possibile uno dei difetti che gli anni scorsi più si imputava alla serie, ovvero, il suo essere troppo dispersiva perdendo di vista il focus centrale della storia.
In Cult questo al momento non accade, anzi, arrivati alla quinta puntata, molte domande che lo spettatore si è fatto durante la visione dei primi episodi sono quasi del tutto risolte. Si potrà dire che è prematuro conoscere molti dei misteri che si sono presentati, ma ciò che Murphy sta cercando di fare è approfondire, attraverso i flashback e le storie personali, i protagonisti del racconto.
Ad inizio puntata i clown si tolgono la maschera e si scopre chi si cela dietro di esse: la conferma più importante e, quella anche più disturbante, è sapere che Ivy ha aderito al culto di Kai.
La sua è una questione personale poiché il tradimento politico da parte della moglie Ally è insuperabile: per la donna il suo voto non dato alla Clinton ha fatto si che la vittoria di Trump divenisse una certezza e, la delusione derivata da questo, ha scatenato in lei un odio che può risolversi soltanto con la vendetta.
Si può arrivare a ribaltare le proprie convinzioni per punire chi non è stato fedele alla linea? Evidentemente sì, ed è di questo che un tipo come Kai si nutre: il ragazzo è pronto a raccogliere le amarezze di chi ha visto i propri valori morire con l’elezione del nuovo presidente e si presenta come l’alternativa che può aiutarli ad accettare, anzi, abbracciare, la nuova realtà, attraverso un nuovo credo, più forte e più leale di quello a cui si aggrappavano prima. Ivy però non sembra ancora del tutto convinta, soprattutto dei metodi brutali della setta e questo potrebbe rappresentare un problema per i piani di Kai.
In Cult questo al momento non accade, anzi, arrivati alla quinta puntata, molte domande che lo spettatore si è fatto durante la visione dei primi episodi sono quasi del tutto risolte. Si potrà dire che è prematuro conoscere molti dei misteri che si sono presentati, ma ciò che Murphy sta cercando di fare è approfondire, attraverso i flashback e le storie personali, i protagonisti del racconto.
Ad inizio puntata i clown si tolgono la maschera e si scopre chi si cela dietro di esse: la conferma più importante e, quella anche più disturbante, è sapere che Ivy ha aderito al culto di Kai.
La sua è una questione personale poiché il tradimento politico da parte della moglie Ally è insuperabile: per la donna il suo voto non dato alla Clinton ha fatto si che la vittoria di Trump divenisse una certezza e, la delusione derivata da questo, ha scatenato in lei un odio che può risolversi soltanto con la vendetta.
Si può arrivare a ribaltare le proprie convinzioni per punire chi non è stato fedele alla linea? Evidentemente sì, ed è di questo che un tipo come Kai si nutre: il ragazzo è pronto a raccogliere le amarezze di chi ha visto i propri valori morire con l’elezione del nuovo presidente e si presenta come l’alternativa che può aiutarli ad accettare, anzi, abbracciare, la nuova realtà, attraverso un nuovo credo, più forte e più leale di quello a cui si aggrappavano prima. Ivy però non sembra ancora del tutto convinta, soprattutto dei metodi brutali della setta e questo potrebbe rappresentare un problema per i piani di Kai.
Chi invece dimostra di esserci dentro del tutto è Beverly. La giornalista non esita minimamente ad uccidere, tutto in nome di qualcosa di più grande: il suo ruolo strategico nel progetto di Kai è molto importante, poiché attua quel giornalismo del terrore che anche lo spettatore è molto spesso abituato a vedere.
E’ interessante notare come Beverly sia disposta a tutto per aiutare il ragazzo nella sua crociata. Il suo lavoro è l’arma di cui Kai ha bisogno per diventare membro del consiglio comunale ed imporre la propria visione ma appare chiaro, a fine episodio, che la donna vuole essere qualcosa di più che una pedina in mano al ragazzo. Attraverso la stretta del mignolo, gesto di unione tribale tra i membri del culto, Beverly è brava a manipolare Kai che per la prima volta vediamo crollare psicologicamente attraverso il racconto della morte dei suoi genitori. Spontaneo chiedersi se anch’egli sia una marionetta nelle mani di quello che scopriamo essere il fratello, lo psichiatra, oppure se è l’ennesimo volto di questo ragazzo inquietante. Certo è che la scena che lo riguarda è molto forte, sia dal punto di vista recitativo che emotivo, confermando lo stato di grazia in cui versa Evan Peters in questa stagione.
“Holes” ha il grande pregio di fermarsi a scoprire le carte messe in gioco nella puntata precedente così da essere pronti a quello che arriverà prossimamente; altro punto a suo favore sono le scene cruente che accontentano il pubblico a cui mancava un certo tipo di splatter a cui la serie ha abituato.
Tornando a ciò che si diceva ad inizio recensione: è vero che molte sono le rivelazioni fatte, forse, anzitempo, ma questo non significa che non c’è più nulla da dire o da scoprire. Man mano che la storia prosegue, indagando nel passato dei personaggi, nuovi sospetti e nuove domande tengono lo spettatore incollato agli episodi che mai come quest’anno sono uno spaventoso ritratto dei nostri tempi, mettendo la paura al centro delle decisioni e dei comportamenti che si vedono quotidianamente, innescando una serie di reazioni a catena, dal razzismo fino alla violenza senza esclusioni di colpi.
E’ interessante notare come Beverly sia disposta a tutto per aiutare il ragazzo nella sua crociata. Il suo lavoro è l’arma di cui Kai ha bisogno per diventare membro del consiglio comunale ed imporre la propria visione ma appare chiaro, a fine episodio, che la donna vuole essere qualcosa di più che una pedina in mano al ragazzo. Attraverso la stretta del mignolo, gesto di unione tribale tra i membri del culto, Beverly è brava a manipolare Kai che per la prima volta vediamo crollare psicologicamente attraverso il racconto della morte dei suoi genitori. Spontaneo chiedersi se anch’egli sia una marionetta nelle mani di quello che scopriamo essere il fratello, lo psichiatra, oppure se è l’ennesimo volto di questo ragazzo inquietante. Certo è che la scena che lo riguarda è molto forte, sia dal punto di vista recitativo che emotivo, confermando lo stato di grazia in cui versa Evan Peters in questa stagione.
“Holes” ha il grande pregio di fermarsi a scoprire le carte messe in gioco nella puntata precedente così da essere pronti a quello che arriverà prossimamente; altro punto a suo favore sono le scene cruente che accontentano il pubblico a cui mancava un certo tipo di splatter a cui la serie ha abituato.
Tornando a ciò che si diceva ad inizio recensione: è vero che molte sono le rivelazioni fatte, forse, anzitempo, ma questo non significa che non c’è più nulla da dire o da scoprire. Man mano che la storia prosegue, indagando nel passato dei personaggi, nuovi sospetti e nuove domande tengono lo spettatore incollato agli episodi che mai come quest’anno sono uno spaventoso ritratto dei nostri tempi, mettendo la paura al centro delle decisioni e dei comportamenti che si vedono quotidianamente, innescando una serie di reazioni a catena, dal razzismo fino alla violenza senza esclusioni di colpi.
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American Horror Story continua a scoprire la faccia dei tempi moderni e lo fa rinunciando ai lustrini ma approfondendo i personaggi, senza rinunciare ad una storia convincente. Fino ad ora, una delle stagioni più intriganti per lo show di Ryan Murphy.
11/9 7×04 | 2.12 milioni -1.1 rating |
Holes 7×05 | 2.19 milioni – 1.1 rating |
Sponsored by American Horror Story ITALIA
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.