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Dopo un inizio di stagione non facile da gestire, soprattutto a causa del fitto ordito narrativo alla base della serie, Sneaky Pete ha progressivamente sfruttato a suo favore questa naturale alternanza dei vari livelli di trama rendendola di fatto il suo motore principale. In “The Reclutant Taxidermist” questa progressione in parallelo delle diverse storyline giunge finalmente a un punto d’incontro e praticamente tutti i personaggi finiscono col convergere in un unico segmento, alimentato dalla premessa alla base di questo settimo episodio: gli undici milioni sono nascosti dentro ad un bisonte imbalsamato custodito dal Mohegan Sun Casinò.
Naturalmente, il primo pensiero di Marius è quello di inscenare l’ennesima truffa per sottrarre il malloppo ai vari contendenti, uno sviluppo di trama prevedibile che mette ancora una volta in difficoltà lo spettatore, costretto per sua natura ad esprimere un giudizio di valore nei confronti del protagonista e del suo modo di agire. Il personaggio di Ribisi risulta però quasi refrattario a qualsivoglia genere di speculazione in merito alle sue reali intenzioni o al tipo di rapporto che lo lega alla famiglia Bernhardt, sia esso reale e genuino oppure parte dell’ennesima truffa. Dovendo fare una previsione a riguardo, è facile immaginare che la realtà, come spesso accade, finirà col trovarsi nel mezzo, e che quindi si punti al classico “è un truffatore gentile, ma pur sempre truffatore rimane”. Ad ogni modo, ben poco importa al momento della possibile redenzione di Marius, poiché la trama finalmente raggiunge il momento chiave, l’inizio dell’atto finale che si concluderà nel giro di tre puntate: la scoperta del (ancora presunto) luogo dove sono nascosti i soldi di Luka.
Nonostante il cambio di rotta iniziale più volte menzionato, quello che ha (per fortuna) portato all’abbandono della formula procedurale in favore di una più marcata progressione orizzontale della trama, la serie è rimasta comunque fedele alla formula della “truffa di puntata”, nel corso della quale Marius mostra tutto il suo talento fregando chiunque con una facilità a tratti un po’ esagerata. Soprassedendo su questo aspetto, tenendo quindi conto del fatto che “Marius il genio della truffa” è un po’ la premessa alla base dell’intero show e non potrebbe essere altrimenti, è un po’ meno facile passare sopra l’eccessiva disponibilità delle vittime nei confronti di un totale sconosciuto che spara supercazzole a raffica, al punto di arrivare a offrire una suite in un casinò al primo tizio che dice cose su bisonti di inestimabile valore. Per giunta morti e imbalsamati. Quindi, bene per l’originalità dello spunto narrativo, meno bene la forzatura di alcuni sviluppi.
Accanto a questo filone principale, che vede intersecarsi le vicende di tutti i personaggi implicati in qualche crimine – Audrey e Taylor alle prese con il sabotaggio dell’indagine sul caso Winslow, Julia con il riciclaggio di denaro sporco, Otto e Sam alle prese con il figlio dell’imbianchino – abbiamo un paio di storyline secondarie per ora completamente slegate dal nucleo centrale della storia: la parentesi sensitiva che coinvolge Carly e Maggie e la tresca tra Taylor e Shannon. Segmenti che tra l’altro non riescono a catturare l’attenzione dello spettatore e che rappresentano gli unici momenti di reale vuoto narrativo all’interno di questa seconda stagione.
Nel complesso Sneaky Pete ha dimostrato, e sta tuttora dimostrando, di poter fare bene, distinguendosi all’interno dell’attuale panorama televisivo per la sua capacità di centellinare l’elemento procedurale, sempre presente, per poi combinarlo alla perfezione con la progressione orizzontale frenetica tipica delle serie rilasciate “in blocco” da Amazon, Netflix e colleghi. Certamente, bisogna venire a patti con quella sensazione di già visto che ogni tanto fa capolino da dietro il televisore, dovuta forse al coinvolgimento di tematiche cosiddette classiche, quali ad esempio la labilità dei confini etico-morali, lo scambio d’identità, la famiglia e la vendetta, ma nel complesso ci troviamo di fronte ad un prodotto molto ben riuscito, caratterizzato da un contesto narrativo molto piacevole e fruibile da un pubblico potenzialmente molto vasto proprio grazie a questa sua ibridazione incidentale già menzionata in precedenza. Da qui in poi si preannuncia un finale in stile Ocean’s Eleven, pellicola tra l’altro citata da Luka (classico villain che “prima ti ammazza e poi ti fa molto male“) e probabilmente presa a modello dagli autori in questa seconda stagione come era stato per classici sulle truffe pokeristiche quali La Stangata per la prima.
Naturalmente, il primo pensiero di Marius è quello di inscenare l’ennesima truffa per sottrarre il malloppo ai vari contendenti, uno sviluppo di trama prevedibile che mette ancora una volta in difficoltà lo spettatore, costretto per sua natura ad esprimere un giudizio di valore nei confronti del protagonista e del suo modo di agire. Il personaggio di Ribisi risulta però quasi refrattario a qualsivoglia genere di speculazione in merito alle sue reali intenzioni o al tipo di rapporto che lo lega alla famiglia Bernhardt, sia esso reale e genuino oppure parte dell’ennesima truffa. Dovendo fare una previsione a riguardo, è facile immaginare che la realtà, come spesso accade, finirà col trovarsi nel mezzo, e che quindi si punti al classico “è un truffatore gentile, ma pur sempre truffatore rimane”. Ad ogni modo, ben poco importa al momento della possibile redenzione di Marius, poiché la trama finalmente raggiunge il momento chiave, l’inizio dell’atto finale che si concluderà nel giro di tre puntate: la scoperta del (ancora presunto) luogo dove sono nascosti i soldi di Luka.
Nonostante il cambio di rotta iniziale più volte menzionato, quello che ha (per fortuna) portato all’abbandono della formula procedurale in favore di una più marcata progressione orizzontale della trama, la serie è rimasta comunque fedele alla formula della “truffa di puntata”, nel corso della quale Marius mostra tutto il suo talento fregando chiunque con una facilità a tratti un po’ esagerata. Soprassedendo su questo aspetto, tenendo quindi conto del fatto che “Marius il genio della truffa” è un po’ la premessa alla base dell’intero show e non potrebbe essere altrimenti, è un po’ meno facile passare sopra l’eccessiva disponibilità delle vittime nei confronti di un totale sconosciuto che spara supercazzole a raffica, al punto di arrivare a offrire una suite in un casinò al primo tizio che dice cose su bisonti di inestimabile valore. Per giunta morti e imbalsamati. Quindi, bene per l’originalità dello spunto narrativo, meno bene la forzatura di alcuni sviluppi.
Accanto a questo filone principale, che vede intersecarsi le vicende di tutti i personaggi implicati in qualche crimine – Audrey e Taylor alle prese con il sabotaggio dell’indagine sul caso Winslow, Julia con il riciclaggio di denaro sporco, Otto e Sam alle prese con il figlio dell’imbianchino – abbiamo un paio di storyline secondarie per ora completamente slegate dal nucleo centrale della storia: la parentesi sensitiva che coinvolge Carly e Maggie e la tresca tra Taylor e Shannon. Segmenti che tra l’altro non riescono a catturare l’attenzione dello spettatore e che rappresentano gli unici momenti di reale vuoto narrativo all’interno di questa seconda stagione.
Nel complesso Sneaky Pete ha dimostrato, e sta tuttora dimostrando, di poter fare bene, distinguendosi all’interno dell’attuale panorama televisivo per la sua capacità di centellinare l’elemento procedurale, sempre presente, per poi combinarlo alla perfezione con la progressione orizzontale frenetica tipica delle serie rilasciate “in blocco” da Amazon, Netflix e colleghi. Certamente, bisogna venire a patti con quella sensazione di già visto che ogni tanto fa capolino da dietro il televisore, dovuta forse al coinvolgimento di tematiche cosiddette classiche, quali ad esempio la labilità dei confini etico-morali, lo scambio d’identità, la famiglia e la vendetta, ma nel complesso ci troviamo di fronte ad un prodotto molto ben riuscito, caratterizzato da un contesto narrativo molto piacevole e fruibile da un pubblico potenzialmente molto vasto proprio grazie a questa sua ibridazione incidentale già menzionata in precedenza. Da qui in poi si preannuncia un finale in stile Ocean’s Eleven, pellicola tra l’altro citata da Luka (classico villain che “prima ti ammazza e poi ti fa molto male“) e probabilmente presa a modello dagli autori in questa seconda stagione come era stato per classici sulle truffe pokeristiche quali La Stangata per la prima.
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Gina: “It’s in the middle of a casinò, surrounded by 24-hours security. How do we get to it now?”
Marius: “If David Copperfield can make the Statue of Liberty disappear, we can vanish a buffalo from a casinò.”
Nient’altro da aggiungere.
Marius: “If David Copperfield can make the Statue of Liberty disappear, we can vanish a buffalo from a casinò.”
Nient’altro da aggiungere.
11 Milion Reasons You Can’t Go Home Again 2×06 | ND milioni – ND rating |
The Reluctant Taxidermist 2×07 | ND milioni – ND rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.