Difficilmente ci si è trova così indecisi sul voto di una puntata di The Walking Dead. E lo si dice con un certo piacere perché, per una volta almeno, l’episodio ha tenuto incollati allo schermo mostrando diverse cose, alcune buone altre dannatamente deprecabili per non dire demenziali, ma comunque intrattenendo. C’è però un grossissimo “mah” che, come si poteva intuire dal “dannatamente deprecabili per non dire demenziali” di cui sopra, va ad offuscare l’intera puntata: “Do Not Send Us Astray” è un’altalena di emozioni contrastanti che passa dal Thank Them All al Burn Them All con estrema facilità. Difficile quindi parlare dell’episodio in maniera univoca, talmente difficile che ci costringe (anche con un discreto piacere stilistico nel provare cose nuove) ad analizzare la puntata in ordine cronologico.
THANK THEM ALL: 15 MINUTI DI ORGOGLIO SOPITO
“Do Not Send Us Astray” è appena cominciata e sembra di essere tornati ai vecchi e gloriosi tempi passati: un assedio ad Hilltop, spari che come al solito non colpiscono mai i protagonisti (e no, Tara non è una protagonista), un discreto putiferio e addirittura una strategia da parte di Maggie per rimpolpare le difese e abbattere l’armata di Negan Simon. Il tutto coadiuvato da un ritmo sostenuto e da un prologo con un Morgan in preda alle allucinazioni che esternano la sua pazzia. C’è un po’ tutto The Walking Dead in questa descrizione, nel bene o nel male, e piace parecchio, almeno in contrapposizione con quanto visto ultimamente. Poco importa che poi Simon ed i suoi siano riusciti a fuggire, non era mai stata veramente presa in considerazione la morte di un character di rilievo (o di Serie B) durante una 13° puntata qualunque. Sembra ci sia un ragionamento dietro, un piano più a lungo termine (cosa che in effetti c’è), insomma sembra un episodio con uno scheletro. Sembra.
SLAP THEM ALL: LA RESURREZIONE DELL’ABBIOCCO
Con la fine dello scontro, l’impeto iniziale dato alla puntata scema e, come dopo un coito di media durata, la sceneggiatura si rilassa, rallenta prepotentemente il ritmo e si concede il lusso di passare a delle chiacchiere atte a puro riempitivo. Si ritorna quindi ad il vecchio modo di fare, niente di nuovo sotto il sole, seppur comprensibile in un post battaglia. Però 13 minuti passati a contemplare la recensione di Hilltop scavando nuove tombe non è decisamente il segnale che ci si aspetta da una serie che deve dimostrare di nuovo il proprio valore.
KILL THEM ALL: SIAMO ALLA FRUTTA
Nei restanti 14 minuti Angela Kang (promossa recentemente a nuova showrunner di The Walking Dead) e Matthew Negrete decidono di optare per un qualcosa di diverso dal solito, seppur non nuovo: un attacco zombie dall’interno. Non è la prima volta che si vede qualcosa del genere e probabilmente non sarà l’ultima ma almeno è un qualcosa di diverso rispetto alla solita routine, e quindi comunque premiabile per il tentativo di differenziare la storia. Non si può però non sottolineare il modo inverecondo in cui questa epidemia zombie sia stata messa in moto e assecondata dai singoli eventi.
Bisogna innanzitutto menzionare la demenza con la quale un bambino, già reo di aver ucciso la nuova allucinazione preferita di Morgan (non ci ricordiamo il nome e va bene così), si impossessa di un AK-47 e della chiave del recinto dove sono tenuti gli ostaggi, si introduce la dentro, minaccia tutti e poi, dal nulla, appare uno zombie all’interno e scappano tutti. In questo elenco di eventi compaiono diverse incongruenze logiche, tipo l’assenza di una vera guardia o lo zombie che spunta come un fungo, chiaro sintomo di una sceneggiatura scritta con i piedi e che si nutre di fatti che devono accadere tanto per, non perché siano razionali. A tutto questo va poi aggiunta la presenza di un altro zombie nel piano di sopra della villa ed il fatto che gli zombie nell’infermeria trovino la porta aperta e si introducano allegramente nella casa. Tutto con il solo scopo di creare nuovamente hype, uccidere persone sconosciute (quanti sono ad Hilltop? quanti sono morti? non si sa nulla…). È comprensibile che l’epidemia scatti per via delle munizioni e delle armi dei Saviors infette, tuttavia non può essere resa in questo modo.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Detto ciò e facendo due considerazioni in più, “Do Not Send Us Astray” è partito con un Thank, è proseguito con uno Slap e terminato con un Kill, quindi non ci resta che dargli di media un glorioso e meritato Burn Them All. Il tutto, tra l’altro, a sancire la nomina della nuova showrunner Angela Kang che qui ha già dimostrato tutta la sua bravura. E questo si chiama sarcasmo, comunque.
The Key 8×12 | 6.67 milioni – 2.8 rating |
Do Not Send Us Astray 8×13 | ND milioni – ND rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.