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Orange Is The New Black 6×06 – State Of The UterusTEMPO DI LETTURA 4 min

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La penalità sarebbe allora un modo per gestire gli illegalismi; di segnare i limiti della tolleranza, di lasciar spazio ad alcuni, di esercitare pressioni su altri, di escluderne una parte, di renderne utile un’altra, di neutralizzare questi, di tirar profitto da quelli. In breve; la penalità non «reprimerebbe» puramente e semplicemente gli illegalismi; essa li «differenzierebbe», ne assicurerebbe l’«economia» generale. E se si può parlare di una giustizia di classe, non è solo perché la legge stessa o il modo di applicarla servono gli interessi di una classe, ma perché tutta la gestione differenziale degli illegalismi, con l’intermediario della penalità, fa parte di questi meccanismi di dominio“(Micheal FoucaultSorvegliare e punire)

Nella sua più celebre opera il grande intellettuale francese sosteneva come la pena detentiva, per la struttura che le era stata data, non fosse altro che l’ennesimo strumento di controllo della classe dominante sulle classi più povere. Una fortissima critica sociale che, seppur non sia questo il contesto in cui approfondirla vista la vastità e la complessità delle argomentazioni del filosofo francese, si ricollega a una forte connotazione socio-politica che avevano le prime stagioni e che si è progressivamente persa. L’introduzione di un’organizzazione che sostiene i diritti dei neri e quindi Tasha sembra un’idea riciclata, vista l’associazione integralista cristiana che ha aiutato Pennsatucky in diversi episodi; così come la nascente guerra tra i blocchi C e D non è altro che una riproposizione in salsa diversa della guerra tra bande su base etnica che si era scatenata nella quarta stagione. Dopo una quinta stagione molto sperimentale nella quale si era scelto di narrare i fatti di pochi giorni ma diluiti nelle consuete tredici puntate, sembra che gli autori siano a corto di idee e i diversi siparietti comedy banali ne sono un’evidente prova. Vero è che non deve essere compito facile riempire sessanta minuti, motivo per cui uno dei maggiori problemi dello show targato Netflix risulta essere l’eccessiva durata delle puntate, che con un minutaggio ridotto di 40-45 minuti risulterebbero molto più gradevoli e incisive. In questo episodio una delle storyline più interessanti risulta essere quella di Aleida: dopo intere stagioni dedicate quasi esclusivamente alle detenute del Litchfield, è importante notare come anche le ex recluse abbiano enormi problemi una volta tornate nella vita fuori dal penitenziario. Un aspetto diverso rispetto ai tanti approfonditi dalla serie che sicuramente aiuta a analizzare il fenomeno della detenzione sotto un altro aspetto. A proposito di characters femminili, ancora una volta tra le Joe’s lady emerge in tutta la sua scaltrezza Fig, la quale tornata a un ruolo di comando riesce, in parte, a soggiogare Linda, uno dei personaggi più inutili che siano stati scritti dai diversi autori. Menzione a parte meritano invece Daddy e Badison, new entry nella serie e rispettivamente le tirapiedi delle due donne a capo dei blocchi C e D. Se Badison ad ora risulta un personaggio noioso e bidimensionale, al contrario Daddy nonostante il basso screen time dedicatole è apparso subito come un personaggio molto interessante. Grazie ai flashback di lostiana memoria tipici della serie si scopre come in passato fosse una pappona che gestiva escort di alto bordo e il suo corteggiamento nei confronti di Daya porterà sicuramente a sviluppi interessanti. Lo stesso non si può invece dire di Piper, relegata in secondo piano e che sembra aver perso quella funzione principale che grazie alla love story con Alex aveva sempre avuto. Ogni dialogo dedicatole è noioso e scontato ma questo non è necessariamente un male, poiché a guadagnarci complessivamente è stata la serie , un prodotto ormai corale con diversi protagonisti principali che non gira più intorno alla Wasp di buona famiglia finita in carcere. La pecca maggiore dell’episodio è sicuramente l’aver trascurato l’aggressione a Ruiz, lo sviluppo narrativo più importante fino ad ora, se si escluse il rituale “si salvi chi può” che segue ogni ribellione che viene debellata.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Daddy
  • Aleida
  • Fig>Linda
  • Serie ormai corale
  • Episodio gradevole
  • Episodi troppo lunghi
  • Badison
  • Piper
  • Idee riciclate
  • Aggressione Ruiz?

 

Un episodio gradevole ma complessivamente che non lascia il segno, in linea con i precedenti episodi. Aspettarsi molto di più è lecito per una serie che negli scorsi anni ha rappresentato una delle novità di maggior rilievo nell’affollato mondo seriale di casa Netflix. Salvo piccole e deboli svolte, ad ora la trama orizzontale risulta bloccata per una narrazione lenta e frastagliata sui diversi main character, nella speranza che il ritmo narrativo aumenti visto che senza dubbio le potenzialità ci sono e gli spunti narrativi non mancano.

 

Mischief Mischief 6×05 ND milioni – ND rating
State of the uterus 6×06 ND milioni – ND rating

 

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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.

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