“If we make it through in less than five years, we’re fucking lucky.”
Primi piani, primissimi piani, dettagli. Sbarre, celle, labirinti di cunicoli. Escape At Dannemora, il nuovo programma targato Showtime, oltre a raccontare una vicenda realmente accaduta nel non-lontano 2015, cerca di portare lo spettatore, nel modo più intenso possibile, a vivere in prima persona la fuga dei detenuti Richard Matt e David Sweat. La regia di un sorprendente Ben Stiller è claustrofobica, stretta e fissa sui volti degli attori nei momenti più vividi, oppure un po’ più larga ma concentrata in spazi chiusi nei quali sono ben visibili mura o recinzioni.
Oltre a questa regia sapientemente studiata e messa in atto diligentemente, gli autori hanno puntato ad una sceneggiatura “simile” e minimalista. Essendo i protagonisti in una struttura di massima sicurezza, non hanno modo di parlare liberamente e per interagire utilizzano spesso il linguaggio del corpo o suoni ben precisi. Inoltre, sono quasi assenti rumori umani e il sottofondo, così come il silenzio, regnano sovrani in molte scene. Tutti questi dettagli, che di primo acchito possono sembrare irrilevanti, fanno sì che il fan sperimenti, quasi virtualmente, un’esperienza da carcerato, immaginandosi esso stesso nelle medesime condizioni di Del Toro e Dano. Così, oltre ad essere un buonissimo show, Escape At Dannemora si presenta come un’esperienza da vivere, un modo per lasciare per un’ora a settimana la propria vita per sperimentare quella di un carcerato al Clinton Correctional Facility. Non che la vita in prigione sia migliore di quella all’aria aperta, almeno così è quanto riporta Prison Mike.
Nonostante la mini-serie di Brett Johnson e Michael Tolkin sulla carta sia perfetta, ogni tanto qualche particolare viene dimenticato e “Part 3” ne è l’esempio lampante. Come si sottolineava già dal pilot, lo show soffre della durata, quasi un’ora per puntata diventa difficoltosa da guardare, soprattutto essendo questo un programma piuttosto pesante in cui il drama è l’unica cosa presente. Restare persistentemente concentrati per tutto l’episodio non è facile, così come non lo è seguire uno show del genere in cui, come riportato prima, i dialoghi sono ai minimi storici e sono i dettagli ad essere fondamentali per la narrazione. Sarebbe necessario un cambio di rotta, diminuendo il minutaggio e magari allungando la stagione di un episodio per compensare, ma questo è un pensiero utopistico dato che l’odierna stagione è stata conclusa da tempo.
Altro punto dolente dell’episodio, oltre al criptico finale tra Richard e Tilly, in cui non si è ben capito se fosse stato scriptato oppure Del Toro abbia avuto un ictus in seduta stante e abbiano tenuto la scena come buona, è l’eccessiva ingenuità del personaggio di Patricia Arquette. Nonostante la donna abbia dimostrato di essere intelligente e sia notevolmente un’ottima bugiarda, la sua ingenuità sembra essere esagerata per quanto visto nella serie. Tilly è succube ai massimi livelli alle volontà dei due detenuti, asseconda ogni loro richiesta e non riesce proprio a vedere la verità. Il duo di criminali fa di lei ciò che vuole e, come si è visto ad inizio serie, verrà anche indicata come complice della loro fuga. Si spera quindi che vengano rese nel modo più reale ed umano possibile le motivazioni che porteranno la donna a mettersi definitivamente dalla parte dei galeotti. Non può essere solo questione di sesso e il suo infatuamento per David è un buon punto di partenza.
La verità, però, è che in casa RecenSerie ci si sente in colpa a tirare le orecchie a questa serie. Si è in questo stato d’animo perché le prove attoriali di Del Toro e Arquette sono magnifiche e se la meritocrazia fosse il punto principale nel mondo degli Awards, questi due attori si porterebbero a casa una valanga di premi ed onorificenze varie. Tuttavia, anche gli altri pochissimi attori che sono presenti nella serie sono sinonimo di qualità, un esempio si ha proprio nel confronto tra Richard e Lyle in cui quest’ultimo, interpretato da un irriconoscibile Eric Lange, è semplicemente splendido nel modo in cui cambia, in poco più che un minuto, diversi stati d’animo, restando in ogni secondo perfettamente in linea con il proprio personaggio. Solo applausi.
Per concludere, nonostante vi siano stati evidenti problemi, l’episodio non può che essere complessivamente positivo. E come potrebbe non essere sufficiente un episodio in cui Paul Dano, con il suo David Sweat, supera i propri limiti fisici e morali per ottenere la libertà tanto desiderata? Magistrale ogni scena in cui il detenuto si aggira nei canali sotterranei della prigione per cercare di rompere le mura che lo dividono dalla libertà.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Part 2 1×02 | 0.48 milioni – 0.2 rating |
Part 3 1×03 | 0.56 milioni – 0.1 rating |
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Detto anche Calendario Umano, si aggira nel sottobosco dei prodotti televisivi e cinematografici per trovare le migliori serie e i migliori film da recensire. Papà del RecenUpdate e Genitore 2 dei RecenAwards, entra in tackle in pochi ma accurati show per sfogarsi e dire la propria quando nessuno ne sente il bisogno.