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Dopo aver macchiato di rosso eventi come Natale, San Valentino e il Thanksgiving Day, ci eravamo domandati quale festività potesse mai scegliere la Blumhouse Production per il sesto episodio della serie antologica horror Into The Dark. Marzo, si sa, è un mese abbastanza piatto in termini celebrativi (a meno che la Pasqua non cada in questo mese), se non per l’inizio della primavera, che già di per sé dovrebbe essere festa nazionale, in quanto preludio a una agognata estate.
La Festa della Donna, quindi, non è stata sicuramente la prima opzione a venirci in mente, quasi come fosse una festività di serie B; un evento che, nonostante abbia una grande importanza a livello culturale e sociale, mantiene un basso profilo rispetto ad altre feste. D’altronde, in un 2019 costellato di fatti che ancora rimarcano, purtroppo, la medievale considerazione della donna come un essere inferiore rispetto all’uomo, va da sé che Into The Dark non potesse esimersi dal trattare questo argomento. Sulla scia del #MeToo, molteplici sono stati i prodotti cinematografici e televisivi che hanno portato sul grande e piccolo schermo la sottomissione della donna, soprattutto a livello sessuale, considerata solo come un souvenir da barattare o esibire.
Il nostro intento, comunque, non è sciorinare il classico pippone femminista, anche perché, nonostante la tematica attuale, questa sesta puntata di Into The Dark è la peggiore di quelle andate in onda fino a ora. Siamo di fronte, infatti, a un rarissimo caso in cui lo spettatore è più propenso a simpatizzare con il carnefice e non con le vittime che vogliono solo avere giusta vendetta. La colpa non è del protagonista, un ottimo Jimmi Simpson (House Of Cards, Westworld), quanto dei suoi comprimari: un gruppo di donne (si riveleranno essere una moderna setta di streghe) volto a vendicarsi di tutti i soprusi e le violenze perpetrate dagli uomini. Peter Rake è, infatti, un famoso chef con un programma di cucina che strizza l’occhio a Gordon Ramsey, sostanzialmente egoista, egocentrico, saccente e incapace di regalare del tempo prezioso a sua figlia che, nonostante le rimostranze della madre ed ex moglie di Peter, sembra ancora pendere dalle labbra del padre.
Nel corso della puntata gli sceneggiatori lasciano una scia di indizi per far trapelare un passato oscuro di Peter e qualche suo recente guaio con l’opinione pubblica. Sarà l’incontro con delle ragazze arrivate in campagna per festeggiare un addio al nubilato, che metterà Peter di fronte ai suoi fantasmi e demoni mai del tutto assopiti. L’obiettivo di “Treehouse” è quello di porsi come un revenge episode, dove il protagonista viene rapito e torturato per espiare i propri peccati. La violenza sessuale è la colpa di Peter e la giustificazione delle ragazze per far trascorrere al giovane chef una notte di follia e paura. Peccato che della paura non si veda nemmeno l’ombra. Il regista dell’episodio, James Roday, appare ancora inesperto e non riesce a creare il giusto ritmo per far risultare sopportabile la puntata.
Più che elementi horror o splatter, “Treehouse” regala momenti grotteschi, al limite del ridicolo, con personaggi femminili poco caratterizzati e attrici troppo convinte della loro parte, così da risultare addirittura caricaturali. La prima parte dell’episodio funziona ancora discretamente, con una buona introduzione del protagonista e la giusta dose di “detto non detto”, ma la seconda parte è un volo in picchiata che fa sfracellare al suolo la nostra votazione finale. L’intenzione della puntata poteva anche essere accettabile, ma lo svolgimento non è stato all’altezza della teoria. La moderna setta di streghe che trasforma gli uomini colpevoli in bamboline voodoo da bullizzare e torturare non starebbe simpatica nemmeno alla femminista più estrema. Almeno è ciò che speriamo.
La Festa della Donna, quindi, non è stata sicuramente la prima opzione a venirci in mente, quasi come fosse una festività di serie B; un evento che, nonostante abbia una grande importanza a livello culturale e sociale, mantiene un basso profilo rispetto ad altre feste. D’altronde, in un 2019 costellato di fatti che ancora rimarcano, purtroppo, la medievale considerazione della donna come un essere inferiore rispetto all’uomo, va da sé che Into The Dark non potesse esimersi dal trattare questo argomento. Sulla scia del #MeToo, molteplici sono stati i prodotti cinematografici e televisivi che hanno portato sul grande e piccolo schermo la sottomissione della donna, soprattutto a livello sessuale, considerata solo come un souvenir da barattare o esibire.
Il nostro intento, comunque, non è sciorinare il classico pippone femminista, anche perché, nonostante la tematica attuale, questa sesta puntata di Into The Dark è la peggiore di quelle andate in onda fino a ora. Siamo di fronte, infatti, a un rarissimo caso in cui lo spettatore è più propenso a simpatizzare con il carnefice e non con le vittime che vogliono solo avere giusta vendetta. La colpa non è del protagonista, un ottimo Jimmi Simpson (House Of Cards, Westworld), quanto dei suoi comprimari: un gruppo di donne (si riveleranno essere una moderna setta di streghe) volto a vendicarsi di tutti i soprusi e le violenze perpetrate dagli uomini. Peter Rake è, infatti, un famoso chef con un programma di cucina che strizza l’occhio a Gordon Ramsey, sostanzialmente egoista, egocentrico, saccente e incapace di regalare del tempo prezioso a sua figlia che, nonostante le rimostranze della madre ed ex moglie di Peter, sembra ancora pendere dalle labbra del padre.
Nel corso della puntata gli sceneggiatori lasciano una scia di indizi per far trapelare un passato oscuro di Peter e qualche suo recente guaio con l’opinione pubblica. Sarà l’incontro con delle ragazze arrivate in campagna per festeggiare un addio al nubilato, che metterà Peter di fronte ai suoi fantasmi e demoni mai del tutto assopiti. L’obiettivo di “Treehouse” è quello di porsi come un revenge episode, dove il protagonista viene rapito e torturato per espiare i propri peccati. La violenza sessuale è la colpa di Peter e la giustificazione delle ragazze per far trascorrere al giovane chef una notte di follia e paura. Peccato che della paura non si veda nemmeno l’ombra. Il regista dell’episodio, James Roday, appare ancora inesperto e non riesce a creare il giusto ritmo per far risultare sopportabile la puntata.
Più che elementi horror o splatter, “Treehouse” regala momenti grotteschi, al limite del ridicolo, con personaggi femminili poco caratterizzati e attrici troppo convinte della loro parte, così da risultare addirittura caricaturali. La prima parte dell’episodio funziona ancora discretamente, con una buona introduzione del protagonista e la giusta dose di “detto non detto”, ma la seconda parte è un volo in picchiata che fa sfracellare al suolo la nostra votazione finale. L’intenzione della puntata poteva anche essere accettabile, ma lo svolgimento non è stato all’altezza della teoria. La moderna setta di streghe che trasforma gli uomini colpevoli in bamboline voodoo da bullizzare e torturare non starebbe simpatica nemmeno alla femminista più estrema. Almeno è ciò che speriamo.
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Into The Dark approda al traguardo di metà stagione attraverso ostacoli e vie impervie, che non rendono pienamente giustizia all’idea di base dello show. Un potenziale non ancora del tutto sfruttato, se non per la perla rara di “Pooka!”. Il caposaldo della Blumhouse Production è sempre stato quello di creare horror riusciti nonostante il basso budget, ma forse a livello seriale ci aspettavamo qualcosa in più.
Down 1×05 | ND milioni – ND rating |
Treehouse 1×06 | ND milioni – ND rating |
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.