Bentornati a Castle Rock
Sam Shaw e Dustin Thomason tornano nella cittadina maledetta del Maine, e questa volta pescano a piene mani dall’universo di Stephen King per popolarla di alcuni tra i suoi personaggi più celebri. Trepidazione dunque per i fanatici del mistery, perché questo primo episodio si rivela essere molto più accattivante di quanto non fosse lecito aspettarsi, non solo perché tecnicamente ben fatto ma anche perché si appresta a mashare prequel e sequel di personaggi cult, spostandoli tutti temporalmente nel nostro presente. Non c’è dubbio, infatti, che oltre ad essere un buon prodotto di intrattenimento per il suo genere, Castle Rock è anzitutto un omaggio del Re ai propri fan e che il suo valore vero sta nell’abilità con cui luoghi e personaggi vengono efficacemente rimescolati pur rimanendo fedeli agli originali. Stephen King si è già misurato con il grande schermo in passato, dando vita per altro a film di intramontabile successo e si è cimentato anche in numerose serie tv (Under The Dome, The Mist), il cui audience ha cominciato a crescere negli ultimi anni, ma con Castle Rock, affiancato da J.J. Abrams e Hulu Production, ha deciso di confezionare un prodotto del tutto originale per le esigenze di una fan base fedele e creativa, che si è divertita negli anni a popolare il web di vignette e fanart crossover tra le opere. Cerchiamo di capire quindi come si è divertito questa volta il maestro, cercando di richiamare gli elementi principali della sua opera dai quali trae spunto questa seconda stagione di Castle Rock.
Misery e Annie Wilkes
Se volevano attirare l’attenzione di tutto il pubblico, gli sceneggiatori hanno centrato il bersaglio in pieno con l’arrivo sul piccolo schermo di Annie Wilkes. I promo “Misery comes on October 23rd” e “Ready to meet Misery” sono stati un po’ fuorvianti, dato che Misery – ricordiamo per tutti – non è la protagonista del racconto di King, ma di una novel series fittizia da cui Annie è ossessionata. Il primo episodio finalmente fa un po’ di chiarezza, aprendo una finestra sul passato di Annie e presentandocela come una ragazza madre vittima di episodi schizofrenici e già in preda alle manie di reclusione che riversa sulla figlia Joy. La giovane Annie è esattamente come tutti i fan se la sarebbero immaginata, grazie anche all’interpretazione di una grandiosa Lizzy Caplan, che in tutto, dalla camminata al tono della voce, riesce a dare nuova vita al personaggio per il quale Kathy Bates vinse l’Oscar nel 1990. Gli autori si sono caricati della grandissima responsabilità di volere dotare Annie di un passato, e decidono di farlo toccando le corde profonde della maternità. La serie tv si concentra quindi sulla fase di passaggio tra la giovane Annie tormentata da un trauma di cui abbiamo visto solo qualche flashback e la nascita della maniaca psicopatica destinata a diventare la protagonista di Misery. È inevitabile sospettare che il momento del tracollo sarà connesso alla figlia Joy, la quale non è presente in Misery e questo, insieme al fatto che Castle Rock nasce come serie antologica, ci suggerisce che la ragazza è destinata a fare una brutta fine. Joy è un’adolescente buona e sensibile, che rappresenta per Annie un punto fermo in virtù del quale si sforza di non cedere alle proprie manie. Tuttavia, quello tra madre-figlia è rapporto profondamente distorto dalla strumentalizzazione di Joy, che diventa per Annie il pretesto per compiere azioni tutt’altro che altruistiche: l’incessante ricerca del “laughting place” per mascherare una vita in fuga, l’amorevolezza che nasconde l’oppressione, la scelta di concedere stabilità alla figlia che cela l’egoistica necessità di procurarsi le medicine. In un solo episodio gli autori riescono a portare in scena il quadro completo di una relazione malata sull’orlo del precipizio.
Jerusalem’s Lot e The Sun Dog
Questa seconda stagione di Castle Rock trae ispirazione anche da un secondo racconto di King intitolato “Jesuralem’s Lot”, pubblicato nella raccolta antologica “A volte ritornano” e non – scritto erroneamente da alcuni – da “Le notti di Salem”, che è ambientato nello stesso luogo ma la cui storia è totalmente incentrata sui vampiri. Jerusalem’s Lot è un terreno ai confini di una cittadina che si pensa essere infestato da entità mostruose e sacrileghe e Castle Rock non solo lo recupera come set della trama principale (la costruzione di un nuovo centro commerciale che metterà in crisi l’economia della criminalità locale), ma ne rievoca anche i temi figurativi della caccia alle streghe e del sotto terra. Il racconto viene intrecciato con le storie di altri celebri personaggi dell’universo King, primo fra tutti Reginald “Pop” Merrill affidato niente poco di meno che all’attore Tim Robbins, il quale aveva già vestito i panni di un personaggio di Stephen King interpretando Andy nel celebre “Le Ali Della Libertà”. Pop è l’inquietante antagonista del romanzo “The Sun Dog”, ambientato proprio a Castle Rock e proprietario del bizzarro Emporium Galorium che sarà uno dei luoghi iconici di questa seconda stagione. I fatti di questa seconda stagione si collocano in un tempo antecedente al romanzo e anche Pop non è ancora diventato il tipo meschino e solitario che vive sfruttando la povera gente. In Pop convivono ancora due anime, una dalla vena criminale nella quale si riflettono i suoi nipoti Ace e Chris, invischiati in dubbie attività commerciali e l’altra in cerca di redenzione dedicata ai figli adottivi, la dottoressa Nadia e suo fratello Omar. Tra le due metà della famiglia non corre buon sangue, e le loro vicende costituiranno il filo orizzontale attorno al quale si intrecceranno i fatti di questa stagione. Ace, nominato in precedenza, è un personaggio che, a differenza degli altri, fa un salto temporale in avanti rispetto al libro in cui lo si lasciava adolescente, catturato dallo Sceriffo Alan Pangborn e spedito al penitenziario di Shawshank (già presente nella prima stagione). La parentesi narrativa della famiglia Merril diventa l’occasione per portare in scena tematiche nuove alle atmosfere di King, quali la povertà, il degrado sociale, la ghettizzazione degli immigrati. Questi argomenti danno un contesto nuovo ai temi più tipici dell’emarginazione, della lontananza tra il mondo dei ragazzi e quelli degli adulti, persino della religione, rendendoli molto più attuali di quanto siamo stati abituati a vedere nelle trasposizioni su schermo dei romanzi di King. Da valutare come, in un contesto complesso come quello presentato verrà portato avanti il discorso delle streghe, rilegato malamente in secondo piano in questo primo episodio.
Le aspettative molto alte
Già con la prima stagione abbiamo potuto apprezzare come la serie non voglia avere grandi pretese di trasposizione cinematografica, ma la potenza del materiale da cui trae ispirazione fa sì che, pur riproponendo gli stessi contenuti e lo stesso stile narrativo, ne esce fuori sempre un buon prodotto pronto, capace di essere apprezzato sia dai lettori sia dai non-fan. Castle Rock è quindi un gioco, un esercizio narrativo di auto-celebrazione, con cui King lascia divertire gli sceneggiatori prestando loro le proprie creazioni. con la seconda stagione si è voluto scommettere fortemente sul format giocando la carta di Misery. La scelta del cast, poi, che con Tim Robbins e Lizzie Caplan unisce due generazioni centrali del pubblico di King è a dir poco accattivante e aumenta ulteriormente le aspettative su questa nuova stagione. Il primo episodio ha forse un po’ deluso chi si aspettava una puntata 100% Misery, ma la complessità della trama giustifica la diversa scelta di regia e sceneggiatura. È Annie quanto meno ad aprire e chiudere l’episodio, a lei sono dedicati un’introduzione eccellente dall’impronta fortemente cinematografica, che conferma l’alta qualità del prodotto e il finale. Il primo episodio vuole mostrare dunque come gli autori siano più che capaci di mescolare profondità psicologica e agilità narrativa e prepara il terreno per una seconda stagione con grandi, grandissime potenzialità.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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La seconda stagione di Castle Rock comincia alla grandissima, con intenzioni che sembrano già molto più impegnative rispetto alla prima stagione, lasciando i fan di King incollati sul divano con l’acquolina in bocca.
Romans 1×10 | ND milioni – ND rating |
Let the River Run 2×01 | ND milioni – ND rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.