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Con l’annuncio di quest’ultima stagione, l’approccio verso questi primi episodi è stato scandito da svariate speranze e aspettative. Dopotutto, lo scorso season finale si era concluso con un buon cliffhanger che, se opportunamente sviluppato, avrebbe potuto dar vita ad una buona ultima trama.
Qui le speranze iniziano già a frantumarsi e, dopo appena due episodi, emerge la realtà che ha sempre contraddistinto How To Get Away With Murder: il caos regna nuovamente sovrano in questi primi sprazzi di stagione. La trama sembra non avere una direzione delineata, bensì, a governare il tutto appaiono mille ramificazioni diverse che nel loro insieme rendono il tutto solo caotico.
Numerosi sono i personaggi che non hanno senso di esistere all’interno della serie stessa ma che lo show continua a propinare con insistenza non curante del danno che questo crea alle storyline principali. Nella scorsa stagione, in queste stesse recensioni, sono state tante le occasioni in cui si è criticata la presenza di Gabriel Maddox, pesce fuor d’acqua con nessun legame sensato per entrare a far parte della trama principale e che portava con se una storia (il suo essere figlio di Sam) incredibilmente raffazzonata ed incapace di riscuotere interesse.
Ebbene, a quanto pare il personaggio di Gabriel non era neanche il male peggiore all’interno di tutto questo: adesso, infatti, arriva di prepotenza sulla scena la figura della madre del ragazzo, Vivian, con un passato legato a doppio filo alla relazione tra Sam e Annalise e, ovviamente, carica di rancore per quest’ultima. E questo arrivo, a questo punto dell’enorme matassa che è HTGAWM, sembra decisamente fuori luogo. Inserire un personaggio del genere potrebbe forse servire nel quadro generale a riportare in auge lo stesso Sam, dato che le indagini sulla sua morte da parte dell’FBI dovrebbero essere uno dei focus di questa stagione. Tuttavia, l’ennesimo character che arriva e non fa altro che manifestare il suo odio nei confronti di Annalise senza aggiungere nulla di realmente interessante, è un pattern già visto e rivisto e ormai ampiamente sopravvalutato.
E se il personaggio di Vivian appare insensato, non si può certo dire che gli altri protagonisti siano alle prese con situazioni migliori. Quasi tutti si ritrovano, ancora una volta, alle prese con spezzoni di storie che sembra abbiano l’unico scopo di riempire i 40 minuti dell’episodio. Bonnie viene licenziata e chissà quale sarà il suo ruolo adesso che non può più fungere da assetto interno nell’ufficio del procuratore, mentre le gite fuori porta di Frank dovrebbero essere quelle più da tenere d’occhio, in quanto collegate alla trama principale, ma in realtà passano quasi in secondo piano. A questo, infatti, si ricollega la scomparsa di Laurel, al momento un arzigogolato e inconsistente evento che non viene ancora neanche ben preso in considerazione, aggiungendo solo piccoli indizi di volta in volta. Un metodo neanche del tutto sbagliato, si è solo al secondo episodio e la strada verso il finale è tutta da guadagnare, ma l’assenza di un plot più forte che trascini la vicenda non aiuta a mantenere alta la tensione nei suoi confronti.
In tutto questo, sono due le parti di episodio che hanno alzato un po’ l’attenzione. Innanzitutto, è sempre positivo rivedere le aule di tribunale e dare spazio in questo campo anche ai ragazzi (ricordandoci che tra pochi mesi saranno finalmente laureati); il caso assegnato a Connor è stato ben reso sullo schermo, fungendo anche da denuncia sociale nei confronti di fatti, quali la deportazione, che ormai accompagnano qualsiasi serie tv americana. L’intermezzo dei casi legali, comunque, può essere un ottimo diversivo all’interno di ogni episodio e la serie dovrebbe puntare maggiormente su questo aspetto.
L’ultimo focus se lo aggiudica però Michaela. La storia riguardante il suo vero padre si è rivelata, come al solito per niente lineare o semplice da gestire, ma è il nuovo flashforward che mette la Pratt maggiormente sotto i riflettori: che sia stata davvero lei ad uccidere Annalise (ma sarà davvero Annalise la vittima di questa stagione?) per ora appare altamente improbabile, di sicuro, però, ciò che emerge da questi primi due episodi stagionali è che, dopo la scomparsa di Laurel, è Michela a prendersi la palma d’oro come primaria fonte di stress per lapovera professoressa Keating.
Qui le speranze iniziano già a frantumarsi e, dopo appena due episodi, emerge la realtà che ha sempre contraddistinto How To Get Away With Murder: il caos regna nuovamente sovrano in questi primi sprazzi di stagione. La trama sembra non avere una direzione delineata, bensì, a governare il tutto appaiono mille ramificazioni diverse che nel loro insieme rendono il tutto solo caotico.
Numerosi sono i personaggi che non hanno senso di esistere all’interno della serie stessa ma che lo show continua a propinare con insistenza non curante del danno che questo crea alle storyline principali. Nella scorsa stagione, in queste stesse recensioni, sono state tante le occasioni in cui si è criticata la presenza di Gabriel Maddox, pesce fuor d’acqua con nessun legame sensato per entrare a far parte della trama principale e che portava con se una storia (il suo essere figlio di Sam) incredibilmente raffazzonata ed incapace di riscuotere interesse.
Ebbene, a quanto pare il personaggio di Gabriel non era neanche il male peggiore all’interno di tutto questo: adesso, infatti, arriva di prepotenza sulla scena la figura della madre del ragazzo, Vivian, con un passato legato a doppio filo alla relazione tra Sam e Annalise e, ovviamente, carica di rancore per quest’ultima. E questo arrivo, a questo punto dell’enorme matassa che è HTGAWM, sembra decisamente fuori luogo. Inserire un personaggio del genere potrebbe forse servire nel quadro generale a riportare in auge lo stesso Sam, dato che le indagini sulla sua morte da parte dell’FBI dovrebbero essere uno dei focus di questa stagione. Tuttavia, l’ennesimo character che arriva e non fa altro che manifestare il suo odio nei confronti di Annalise senza aggiungere nulla di realmente interessante, è un pattern già visto e rivisto e ormai ampiamente sopravvalutato.
E se il personaggio di Vivian appare insensato, non si può certo dire che gli altri protagonisti siano alle prese con situazioni migliori. Quasi tutti si ritrovano, ancora una volta, alle prese con spezzoni di storie che sembra abbiano l’unico scopo di riempire i 40 minuti dell’episodio. Bonnie viene licenziata e chissà quale sarà il suo ruolo adesso che non può più fungere da assetto interno nell’ufficio del procuratore, mentre le gite fuori porta di Frank dovrebbero essere quelle più da tenere d’occhio, in quanto collegate alla trama principale, ma in realtà passano quasi in secondo piano. A questo, infatti, si ricollega la scomparsa di Laurel, al momento un arzigogolato e inconsistente evento che non viene ancora neanche ben preso in considerazione, aggiungendo solo piccoli indizi di volta in volta. Un metodo neanche del tutto sbagliato, si è solo al secondo episodio e la strada verso il finale è tutta da guadagnare, ma l’assenza di un plot più forte che trascini la vicenda non aiuta a mantenere alta la tensione nei suoi confronti.
In tutto questo, sono due le parti di episodio che hanno alzato un po’ l’attenzione. Innanzitutto, è sempre positivo rivedere le aule di tribunale e dare spazio in questo campo anche ai ragazzi (ricordandoci che tra pochi mesi saranno finalmente laureati); il caso assegnato a Connor è stato ben reso sullo schermo, fungendo anche da denuncia sociale nei confronti di fatti, quali la deportazione, che ormai accompagnano qualsiasi serie tv americana. L’intermezzo dei casi legali, comunque, può essere un ottimo diversivo all’interno di ogni episodio e la serie dovrebbe puntare maggiormente su questo aspetto.
L’ultimo focus se lo aggiudica però Michaela. La storia riguardante il suo vero padre si è rivelata, come al solito per niente lineare o semplice da gestire, ma è il nuovo flashforward che mette la Pratt maggiormente sotto i riflettori: che sia stata davvero lei ad uccidere Annalise (ma sarà davvero Annalise la vittima di questa stagione?) per ora appare altamente improbabile, di sicuro, però, ciò che emerge da questi primi due episodi stagionali è che, dopo la scomparsa di Laurel, è Michela a prendersi la palma d’oro come primaria fonte di stress per la
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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La puntata ottiene un Save perché si lascia guardare senza annoiare, regalando anche alcuni punti interessanti e per un secondo episodio ci si può accontentare. La strada però non sembra ancora quella giusta.
Say Goodbye 6×01 | 2.43 milioni – 0.6 rating |
Vivian’s Here 6×02 | 2.56 milioni – 0.5 rating |
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.