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Oliver: “I want to keep them away from the Bratva.”
Anatoli: “You mean keep them away from your Bratva past.”
Oliver: “Dark time for me.”
Anatoli: “That is understandable. You are ashamed. You have truly done some terrible things.”
Oliver: “Thank you for the reminder.”
Anatoli: “But you also have done some good things. It’s important that the kids see both.”
Oliver: “Right, but why would I want to share some of the worst mistakes of my entire life with my children?”
Anatoli: “That is the thing about teaching. It’s not about what you want to say. It’s about what they need to hear. Remember first thing I taught you?
Oliver: “Living is not for the weak.”
Anatoli: “Your children are not weak, Oliver. They’re also not children. Whatever it is you have to say, they can handle it. If you do not, they will never learn to be heroes.”
Anatoli: “You mean keep them away from your Bratva past.”
Oliver: “Dark time for me.”
Anatoli: “That is understandable. You are ashamed. You have truly done some terrible things.”
Oliver: “Thank you for the reminder.”
Anatoli: “But you also have done some good things. It’s important that the kids see both.”
Oliver: “Right, but why would I want to share some of the worst mistakes of my entire life with my children?”
Anatoli: “That is the thing about teaching. It’s not about what you want to say. It’s about what they need to hear. Remember first thing I taught you?
Oliver: “Living is not for the weak.”
Anatoli: “Your children are not weak, Oliver. They’re also not children. Whatever it is you have to say, they can handle it. If you do not, they will never learn to be heroes.”
Era impensabile poter organizzare un tour nel passato (a tratti non troppo recente) di Oliver senza fare una tappa in Russia. Un luogo in cui un giovane Queen ha imparato a conoscersi, accettarsi e soprattutto apprezzarsi anche nelle sue debolezze. Il territorio russo, per i fan di Arrow, significa una cosa sola: Bratva. Ed è infatti con quest’ultima che, anche quando il tanto semplice piano sembri poter essere portato a casa facilmente, il team di Arrow si troverà a scontrarsi. Ma, come lo è stato per altri episodi (vedasi “Leap Of Faith”), non è il piano in sé ad essere fondamentale o importante ai fini della storia quanto il desiderio di sceneggiatori e registi di avvicinare alla mente dello spettatore, sporcata da così tante trame, il ricordo del “vecchio” Oliver, membro della Bratva a quello odierno in lotta con gli dei come un moderno Prometeo.
Ciò che viene correttamente contrapposto in scena è il termine famiglia che per Oliver ha variato significato e peso nel corso del tempo. La rimpatriata con Anatoli è utile a risvegliare quel sentimento di fratellanza ed unione che tanto li aveva uniti e che tanto era risultata fondamentale nell’aperta guerriglia con Kovar durante la quinta stagione. Ma, come detto, Oliver è cambiato (per il meglio) e la presenza di due personaggi risulta fondamentale per questa contrapposizione: Mia e William. Gli animi contrapposti dei due, in scena, non possono che far pensare a Felicity ed Oliver (a parti inverse) ed è un tratto della storia puramente emozionale, ma funzionante che risulta difficile poter attaccare. Per poter smantellare il fantomatico piano di Mar Novu, il team Arrow riesce a recuperare i dati segreti custoditi da un affiliato della Bratva in pieno territorio russo: un piano molto abbozzato, tanta azione e poco interesse in questo lato della storia. La buona riuscita del piano era facilmente ipotizzabile ed è questo, infatti, l’unico lato della storia che potrebbe risultare a tratti monotono: dal punto di vista del mero sentimentalismo la puntata riesce a reggersi senza alcun tipo di difficoltà (anche la ricomparsa in scena di Roy fa da amplificatore), ma la superficialità della trama principale risulta essere abbastanza palese.
Una superficialità che ripetiamo si fa perdonare dopo poche scene: basta far menzione della famigerata campanella, dei dialoghi tra Anatoli ed Oliver oppure del racconto del passato di quest’ultimo ai suoi figli e tutto finisce per essere talmente diluito da svanire nel nulla. Una puntata importante, dopo una reunion altrettanto importante ai fini della stagione (e della serie stessa), che permette ad Oliver l’ennesimo confronto con il proprio passato, con una parte di sé celata agli occhi degli osservatori più attenti. Ma Arrow è così: quando si tratta di dover mettere in campo il sentimentalismo e le forti emozioni, Amell sembra esaltarsi riuscendo a regalare al proprio pubblico delle sequenze di incredibile spessore difficilmente riscontrabili in serie tv dello stesso genere.
Il finale di puntata, con cinque episodi che ancora devono andare in onda (l’ottavo sarà il famoso crossover), getta ulteriori dubbi su come le storie andranno ad intrecciarsi da qui al finale di serie. Siamo al famigerato giro di boa ed il sentimentalismo, tanto apprezzato fino a questo punto, continua a regnare sovrano della scena.
Ciò che viene correttamente contrapposto in scena è il termine famiglia che per Oliver ha variato significato e peso nel corso del tempo. La rimpatriata con Anatoli è utile a risvegliare quel sentimento di fratellanza ed unione che tanto li aveva uniti e che tanto era risultata fondamentale nell’aperta guerriglia con Kovar durante la quinta stagione. Ma, come detto, Oliver è cambiato (per il meglio) e la presenza di due personaggi risulta fondamentale per questa contrapposizione: Mia e William. Gli animi contrapposti dei due, in scena, non possono che far pensare a Felicity ed Oliver (a parti inverse) ed è un tratto della storia puramente emozionale, ma funzionante che risulta difficile poter attaccare. Per poter smantellare il fantomatico piano di Mar Novu, il team Arrow riesce a recuperare i dati segreti custoditi da un affiliato della Bratva in pieno territorio russo: un piano molto abbozzato, tanta azione e poco interesse in questo lato della storia. La buona riuscita del piano era facilmente ipotizzabile ed è questo, infatti, l’unico lato della storia che potrebbe risultare a tratti monotono: dal punto di vista del mero sentimentalismo la puntata riesce a reggersi senza alcun tipo di difficoltà (anche la ricomparsa in scena di Roy fa da amplificatore), ma la superficialità della trama principale risulta essere abbastanza palese.
Una superficialità che ripetiamo si fa perdonare dopo poche scene: basta far menzione della famigerata campanella, dei dialoghi tra Anatoli ed Oliver oppure del racconto del passato di quest’ultimo ai suoi figli e tutto finisce per essere talmente diluito da svanire nel nulla. Una puntata importante, dopo una reunion altrettanto importante ai fini della stagione (e della serie stessa), che permette ad Oliver l’ennesimo confronto con il proprio passato, con una parte di sé celata agli occhi degli osservatori più attenti. Ma Arrow è così: quando si tratta di dover mettere in campo il sentimentalismo e le forti emozioni, Amell sembra esaltarsi riuscendo a regalare al proprio pubblico delle sequenze di incredibile spessore difficilmente riscontrabili in serie tv dello stesso genere.
Il finale di puntata, con cinque episodi che ancora devono andare in onda (l’ottavo sarà il famoso crossover), getta ulteriori dubbi su come le storie andranno ad intrecciarsi da qui al finale di serie. Siamo al famigerato giro di boa ed il sentimentalismo, tanto apprezzato fino a questo punto, continua a regnare sovrano della scena.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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“Prochnost. It means strength.”
Present Tense 8×04 | 0.62 milioni – 0.2 rating |
Prochnost 8×05 | 0.74 milioni – 0.3 rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.