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Bisogna ammettere che, quanto a confusione, questo Ju-On: Origins riesce ad avvicinarsi abbastanza a quel gran capolavoro che è la terza stagione di Twin Peaks. E, come sanno fortunatissimi (e audaci) spettatori della serie di Lynch, non capita mica tutti i giorni di scomodare sua maestà per un paragone, quindi se lo si fa c’è un motivo. In questo caso bisogna perché la serie, creata dagli sconosciuti Hiroshi Takahashi e Takashige Ichise, si spinge oltre quel normale concetto di serialità e va a giocare con linee temporali differenti, fantasmi, crudeltà umana ed una società che è chiaramente deviata. Una scelta magari già vista da qualche altra parte ma veramente difficile da orchestrare così bene come viene fatto qua.
Dopo quattro puntate condite da diversi salti temporali, una buona dose di character morti e molte domande, “Episode 5” è l’episodio prescelto per portare un po’ di serenità mentale al proprio pubblico, pur mantenendo chiaramente vivi molti punti interrogativi a cui non è stata ancora data una risposta. Takahashi e Ichise, grazie ad una regia veramente molto ad effetto di Sho Miyake, sfornano un episodio preparatorio al season/series finale che prende spunto dall’ultima stagione di Twin Peaks e funziona veramente bene praticamente ovunque. C’è tanto di non detto ma, specialmente nei momenti in bianco e nero con Yasuo, c’è anche molta qualità e non si può negare.
Il “richiamo”, perché sarebbe sbagliato parlare di plagio ma forse più corretto utilizzare il termine influenza creativa, è veramente importante ed è di quelli che difficilmente non si può notare. L’utilizzo del bianco e nero nel passato; la commistione di flussi temporali diversi con personaggi che intrecciano la loro vita in maniera apparentemente impossibile; la confusione dello spettatore che prova a mettere insieme i pezzi di una continuity temporale decisamente complicata: tutti elementi che Lynch ha ampiamente dimostrato di saper utilizzare e che qui vengono riutilizzati in chiave nipponica.
Ju-On: Origins, pur essendo stato presentato come un prequel horror, puntata dopo puntata conferma di avere in realtà un DNA ben diverso, più focalizzato sulla crudeltà dell’essere umano piuttosto che su una mera riproposizione di presenze demoniache che uccidono tutto e tutti solo per il gusto di un po’ di sangue sullo schermo. “Episode 5” conferma ulteriormente questa sensazione andando a collegare sempre più tutti i character che sono stati uccisi e quei pochi rimasti vivi.
La casa assume un connotato diverso, per la prima volta non diventa un luogo di martirio ma un posto per commemorare quanto accaduto, per ricordare quanto dimenticato e per creare un collegamento tra passato e presente. Ecco quindi che il Yasuo adulto si rivede da bambino in quella casa, con i ricordi che ha completamente dimenticato ma che sono la chiave per capire quanto accaduto; dopo aver ucciso Yudai, Kiyomi ritorna nel luogo che l’ha definitivamente cambiata per rievocare quel momento di dolore, lo stupro che le ha cambiato la vita, e trovare una qualche sorta di pace con le sue aguzzine.
Volendo, si può perfino intravvedere un mix tra passato e futuro con quel neonato (probabilmente Toshiki) che passa dalle mani della mamma di Yasuo a quelle di Kiyomi, in un mix temporale plausibilmente inspiegabile eppure, in quella casa maledetta, possibile. Il come non è ancora possibile spiegarlo ma la sofferenza, vero ed unico legame di tutte le vittime, e l’assenza di una risoluzione che tarda ad arrivare sembra essere l’unica motivazione “logica”.
Ed in tutta questa sofferenza, bisogna ammettere, si prova un certo piacere a guardare il tutto.
Dopo quattro puntate condite da diversi salti temporali, una buona dose di character morti e molte domande, “Episode 5” è l’episodio prescelto per portare un po’ di serenità mentale al proprio pubblico, pur mantenendo chiaramente vivi molti punti interrogativi a cui non è stata ancora data una risposta. Takahashi e Ichise, grazie ad una regia veramente molto ad effetto di Sho Miyake, sfornano un episodio preparatorio al season/series finale che prende spunto dall’ultima stagione di Twin Peaks e funziona veramente bene praticamente ovunque. C’è tanto di non detto ma, specialmente nei momenti in bianco e nero con Yasuo, c’è anche molta qualità e non si può negare.
Il “richiamo”, perché sarebbe sbagliato parlare di plagio ma forse più corretto utilizzare il termine influenza creativa, è veramente importante ed è di quelli che difficilmente non si può notare. L’utilizzo del bianco e nero nel passato; la commistione di flussi temporali diversi con personaggi che intrecciano la loro vita in maniera apparentemente impossibile; la confusione dello spettatore che prova a mettere insieme i pezzi di una continuity temporale decisamente complicata: tutti elementi che Lynch ha ampiamente dimostrato di saper utilizzare e che qui vengono riutilizzati in chiave nipponica.
Ju-On: Origins, pur essendo stato presentato come un prequel horror, puntata dopo puntata conferma di avere in realtà un DNA ben diverso, più focalizzato sulla crudeltà dell’essere umano piuttosto che su una mera riproposizione di presenze demoniache che uccidono tutto e tutti solo per il gusto di un po’ di sangue sullo schermo. “Episode 5” conferma ulteriormente questa sensazione andando a collegare sempre più tutti i character che sono stati uccisi e quei pochi rimasti vivi.
La casa assume un connotato diverso, per la prima volta non diventa un luogo di martirio ma un posto per commemorare quanto accaduto, per ricordare quanto dimenticato e per creare un collegamento tra passato e presente. Ecco quindi che il Yasuo adulto si rivede da bambino in quella casa, con i ricordi che ha completamente dimenticato ma che sono la chiave per capire quanto accaduto; dopo aver ucciso Yudai, Kiyomi ritorna nel luogo che l’ha definitivamente cambiata per rievocare quel momento di dolore, lo stupro che le ha cambiato la vita, e trovare una qualche sorta di pace con le sue aguzzine.
Volendo, si può perfino intravvedere un mix tra passato e futuro con quel neonato (probabilmente Toshiki) che passa dalle mani della mamma di Yasuo a quelle di Kiyomi, in un mix temporale plausibilmente inspiegabile eppure, in quella casa maledetta, possibile. Il come non è ancora possibile spiegarlo ma la sofferenza, vero ed unico legame di tutte le vittime, e l’assenza di una risoluzione che tarda ad arrivare sembra essere l’unica motivazione “logica”.
Ed in tutta questa sofferenza, bisogna ammettere, si prova un certo piacere a guardare il tutto.
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Ci vorrebbe un episodio come “The Return, Part 8” per arrivare a toccare certe vette di piacere, sfortunatamente “Episode 5” ci prova ma non ci riesce completamente, anche se sforna comunque una puntata necessaria e che, come il buon vino, viene apprezzata di più a posteriori piuttosto che nell’immediato.
Episode 4 1×04 | ND milioni – ND rating |
Episode 5 1×05 | ND milioni – ND rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.