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Come faceva presupporre il finale della precedente puntata, Marvel’s Agents Of Shield decide di prendersi un ulteriore episodio di stasi narrativa per focalizzarsi, in maniera forse eccessiva, sui due personaggi richiamati anche dal titolo: Mack e Deke. Dopo il salto temporale dello Zephyr, infatti, i due si ritrovano bloccati nel 1982. Il senso di stasi si percepisce non solo a livello narrativo, ma anche a livello temporale: ancora una volta MAOS decide di non fare balzi nel tempo e, conseguentemente, la puntata sembra risentirne riempiendosi di siparietti sì godibili, ma per nulla utili ai fini ultimi della trama.
L’elemento centrale della narrazione è sicuramente l’evidente sconforto, nonché caduta in stato depressivo, di Mack già mostrata nel finale di “Adapt Or Die”: in questa settima puntata questo elemento viene decisamente ampliamento ricevendo maggiore spazio. Ma, in fin dei conti, non si tratta nemmeno di una strenua analisi del personaggio: MAOS preferisce lasciar da parte i dialoghi/monologhi preferendo piuttosto mostrare un Mack in continuo crollo fisico. Alcool, vestiti trasandati, un’abitazione desolata e ricolma di cibo consumato e lattine: il personaggio di Mack, da forte ed abile leader (ricordiamo, Direttore) dello SHIELD viene decostruito e mostrato in spoglie decisamente più umane, più deboli. Il tutto nel giro di circa dieci minuti. Da lì in poi, quando Deke si ripresenta in maniera più persistente nella sua vita, Mack sembra risollevarsi.
Ciò che appare sconcertante è il crollo immediato di Mack: l’elemento famiglia per il gigante buono dello SHIELD è da sempre un elemento narrativo che la serie ha cercato di presentare, evidenziandolo in più stagioni, come fondamentale. Appare quindi comprensibile ed in linea con il suo background una reazione di questo tipo (ossia carica di sconforto). Ciò che appare discutibile, nonché punto sul quale si dovrebbe porre maggiormente l’attenzione, è la velocità di esecuzione di questo crollo psicologico, repentino e che non risulta intaccabile da nessun elemento esterno (specialmente la rediviva relazione con YoYo).
Insomma, il Direttore dello Shield rimane bloccato nel 1982 e per oltre due anni non sembra interessarsi di nient’altro che modellini di auto. Comprensibile il crollo psicologico, ma così è decisamente troppo.
A Deke viene lasciato il compito, come di consueto, della linea comica, ancora una volta dignitosamente portato in scena: tra canzoni sottratte alle epoche future e soprannomi rubati, il furbo ragazzo del futuro viene correttamente avvicinato alla figura di Mack. Entrambi infatti hanno vissuto, sulla loro pelle, situazioni talmente simili da renderli profondamente accomunati nel loro passato. Interessante quindi che, per una volta, a portare avanti un proprio insegnamento non sia Mack bensì Deke, proprio parlando con il suo capo.
Inutile orpello della puntata è sicuramente l’intero commando improvvisato creato negli anni ’80 da parte di Deke: Roxy Glass, The Chang Gang, Olga Pachinko e Cricket altro non sono che una parentesi comica (ed infatti sotto quel punto di vista il tutto potrebbe anche funzionare) riadattata anche in vesti drama (putridume inguardabile).
Coulson, come preventivato nella scorsa recensione, ricompare in formato tv con tubo catodico (esattamente come Sybil nel finale): riuscire a dare un vero e proprio senso al suo salvataggio sarebbe forse troppo, quindi tanto vale accontentarsi de “abbiamo trovato gli hard disk” senza farsi troppe domande.
Merita una menzione d’onore l’elemento splatter della puntata (quando gli androidi costruiti da Sybil vanno ad eliminare Cricket ed il povero nerd che ha ricostruito proprio il capo chronicom): puro stile splatter trash anni ’80, volutamente fatto male. Un piacere per gli occhi ed un impreziosimento narrativo di ottimo gusto.
L’elemento centrale della narrazione è sicuramente l’evidente sconforto, nonché caduta in stato depressivo, di Mack già mostrata nel finale di “Adapt Or Die”: in questa settima puntata questo elemento viene decisamente ampliamento ricevendo maggiore spazio. Ma, in fin dei conti, non si tratta nemmeno di una strenua analisi del personaggio: MAOS preferisce lasciar da parte i dialoghi/monologhi preferendo piuttosto mostrare un Mack in continuo crollo fisico. Alcool, vestiti trasandati, un’abitazione desolata e ricolma di cibo consumato e lattine: il personaggio di Mack, da forte ed abile leader (ricordiamo, Direttore) dello SHIELD viene decostruito e mostrato in spoglie decisamente più umane, più deboli. Il tutto nel giro di circa dieci minuti. Da lì in poi, quando Deke si ripresenta in maniera più persistente nella sua vita, Mack sembra risollevarsi.
Ciò che appare sconcertante è il crollo immediato di Mack: l’elemento famiglia per il gigante buono dello SHIELD è da sempre un elemento narrativo che la serie ha cercato di presentare, evidenziandolo in più stagioni, come fondamentale. Appare quindi comprensibile ed in linea con il suo background una reazione di questo tipo (ossia carica di sconforto). Ciò che appare discutibile, nonché punto sul quale si dovrebbe porre maggiormente l’attenzione, è la velocità di esecuzione di questo crollo psicologico, repentino e che non risulta intaccabile da nessun elemento esterno (specialmente la rediviva relazione con YoYo).
Insomma, il Direttore dello Shield rimane bloccato nel 1982 e per oltre due anni non sembra interessarsi di nient’altro che modellini di auto. Comprensibile il crollo psicologico, ma così è decisamente troppo.
A Deke viene lasciato il compito, come di consueto, della linea comica, ancora una volta dignitosamente portato in scena: tra canzoni sottratte alle epoche future e soprannomi rubati, il furbo ragazzo del futuro viene correttamente avvicinato alla figura di Mack. Entrambi infatti hanno vissuto, sulla loro pelle, situazioni talmente simili da renderli profondamente accomunati nel loro passato. Interessante quindi che, per una volta, a portare avanti un proprio insegnamento non sia Mack bensì Deke, proprio parlando con il suo capo.
Inutile orpello della puntata è sicuramente l’intero commando improvvisato creato negli anni ’80 da parte di Deke: Roxy Glass, The Chang Gang, Olga Pachinko e Cricket altro non sono che una parentesi comica (ed infatti sotto quel punto di vista il tutto potrebbe anche funzionare) riadattata anche in vesti drama (putridume inguardabile).
Coulson, come preventivato nella scorsa recensione, ricompare in formato tv con tubo catodico (esattamente come Sybil nel finale): riuscire a dare un vero e proprio senso al suo salvataggio sarebbe forse troppo, quindi tanto vale accontentarsi de “abbiamo trovato gli hard disk” senza farsi troppe domande.
Merita una menzione d’onore l’elemento splatter della puntata (quando gli androidi costruiti da Sybil vanno ad eliminare Cricket ed il povero nerd che ha ricostruito proprio il capo chronicom): puro stile splatter trash anni ’80, volutamente fatto male. Un piacere per gli occhi ed un impreziosimento narrativo di ottimo gusto.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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La puntata si salva più per dettagli che per altro: MAOS si prende la seconda puntata di pausa e getta in stasi completa la narrazione. Bisogna sperare che questa paralisi venga ben presto messa da parte e che si ritorni sul binario principale della narrazione, balzi temporali permettendo.
Adapt or Die 7×06 | 1.32 milioni – 0.2 rating |
The Totally Excellent Adventures of Mack and The D 7×07 | 1.41 milioni – 0.2 rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.