“I’ve failed to do that for you… And now i’m… i’m gonna tell you why.
I’m the Green Arrow, and my life is very dangerous, which is why… we decided to keep you out of it for all these years. […]
I’m also why i asked her to wait to show you this message until after your 18yh birthday. I wanted to give you a real childood. I wanted to give you that gift. Goodbye, son. I sure hope it’s not forever.”
Se qualche settimana fa, ci avessero detto che ci saremmo trovati ad apprezzare più di un episodio ravvicinato dell’Arrow moderno, probabilmente nel peggiore dei casi li avremmo presi per pazzi. Invece eccoci qua, ancora una volta, ad esclamare un bel “niente male” indirizzato al trio Guggenheim/Berlanti/Kreisberg, dopo mesi di sberle e maledizioni. Certo, sia chiaro, Arrow non è ritornato affatto quello di una volta, i soliti e inguaribili difetti ci sono ancora (e, se possibile, anche più fastidiosi, come vedremo in seguito), eppure questa di scelta di continuare a favorire il trash e la “tamarraggine” consapevole, a scapito del dramma, non può che renderci lieti. O almeno, questa sembra essere la formula portante degli ultimi episodi, conditi da tanti (ed esagerati) colpi di scena ed una minore incidenza dei pianti dell’hacker bionda, comunque sempre presenti.
Iniziando dalle noti liete, quindi, analizziamo subito questa inattesa resa dei conti con Damien Dahrk, perché arrivata piuttosto precocemente rispetto ai normali tempi a cui la televisione statunitense ci ha ormai abituato, facendoci quasi ricordare il modus operanti della passata (e osannata) prima stagione di The Flash. E a proposito di paragoni con lo show “gemello”, va detto che entrambe le serie vanno in pausa fino all’ultima settimana del mese, perciò maliziosamente (ma senza andar troppo lontani dalla verità. immaginiamo) questi improvvisi “botti” andrebbero giustificati in questo senso. Eppure, una freccia ahah a favore di Arrow la scocchiamo comunque, visto che se il collega “velocista” piazza il suo cliffhanger solo nei titoli di coda, con un episodio per il resto ai limiti del filler, “Taken” è del tutto incentrato su trame di lunga data (e perciò più che orizzontali) che vengono sciolte apparentemente in maniera pressoché definitiva, infondendo così allo spettatore più una sensazione di chiusura di un ciclo che dubbi e domande sul suo generale prosieguo.
A posteriori quindi, l’importanza che “Taken” ricopre nelle dinamiche dei suoi protagonisti, Oliver Queen principalmente, è sicuramente la sua caratteristica più esaltante perchè racchiude (e chiude la pratica) sia di Darhk che del figlio illegittimo, due storyline che sembravano doverci accompagnare a piccole dosi ancora per tutta la stagione, se non oltre nel caso del piccolo William. Pur nutrendo, però, dei dubbi sull’effettiva conclusione dello scontro con Darhk (c’è ancora una morte eccellente da dover affrontare, così come la carica di Sindaco in cui dopotutto è in corsa la moglie, ora tecnicamente pure incontrastata), la fuga finale di mamma e figlio sembrano sancire invece quella di questa sottotrama, a pensarci l’ultima delle più “datate” dello show (ricordiamoci che va avanti fin dalla seconda stagione) ancora rimasta irrisolta. Sottotrama che trova qui finalmente il suo culmine diventando di punto in bianco “macro” e monopolizzando tutti i livelli di narrazione dell’episodio.
Se tutta la faccenda interna tra Oliver e Felicity è piena di non-sense (imbarazzante, quasi un’ammissione di colpa degli autori, la scena in cui si accorgono che erano a conoscenza del segreto la maggior parte di loro), lo è meno il coinvolgimento diretto della madre, protagonista di uno dei più riusciti ed esaltanti (e per una volta non gratuiti) rivelazioni dell’identità segreta da parte di Freccia Verde. Ottime poi le sue iterazioni col Team Arrow in cui si avverte l’angoscia della tragedia e in particolare con Laurel, che conferma quanto gli autori ci tengano a ricordare ogni tanto del suo passato amoroso col protagonista. Il suo farsi consolare da Quentin, inoltre, apre al tema principale dell’episodio, ovvero quello della paternità, che trova la sua sublimazione nel commovente video-messaggio finale che, se non ci fosse stato “Star City 2046” di DC’s Legends of Tomorrow, potevamo intendere come documento da passaggio di consegne da un Green Arrow all’altro, in chiave futura. Ora dobbiamo accontentarci di intenderlo come esigenza di trama, comunque ben accetta nel suo metterci una pietra sopra e andare avanti.
Come dicevamo, dubitiamo che valga lo stesso discorso per la sconfitta rimediata da Damien Dahrk, finalmente a terra per una volta. Dato il suo potere illimitato, questa arriva comunque in maniera del tutto inaspettata, così come il coinvolgimento di Vixen (almeno per chi non segue gli spoiler), soprattutto nel suo emulare quello di Constantine non solo per l’aspetto soprannaturale, non solo per il suo rappresentare un chiaro fan-service alla base, ma per la sua incidenza fondamentale alla trama dell’episodio.
Di questa super-eroina che tramite un amuleto replica i poteri degli animali, va innanzitutto detto, per chi non lo sapesse, che se è alla sua prima apparizione “live-action” nel canale, le è già stata dedicata una prima stagione in forma di web-serie animata, andata in onda sulla piattaforma online della CW ma già con questa apparizione si specula sull’ennesimo spin-off (non richiesto). Serie in cui fanno la loro comparsa, con le voci originali naturalmente, Stephen Amell/Green Arrow e Grant Gustin/The Flash, accompagnati dagli aiutanti Felicity e Cisco (e non Laurel, per quanto stranamente vogliano far intendere il contrario) rendendola quindi canonica nel Flarrow-verso, come i vari riferimenti al passato vogliono d’altronde chiarire. Quello che però sembra nient’altro che un divertente e curioso esperimento meta-narrativo (se non un tentativo ulteriore di “imitare” il successo dei prodotti Marvel, tutti collegati tra loro), acquista esponenzialmente spessore quanto diventa l’espediente principale della neutralizzazione del fin qui invincibile Darhk, gestita abbastanza bene e con una certa logica, per quanto l’apparizione di un Totem da distruggere all’ultimo minuto (così come l’invenzione di Curtis per guarire Felicity; o ancora, come il Loto per Thea) sa un po’ troppo di forzato deus ex machina da parte degli autori. Perlomeno, apprezziamo così l’utilità del “nuovo” personaggio e la svolta nella lotta al villain, che stava diventando sempre più ripetitiva e sconfortante.
Puntata perfetta? Purtroppo no, perché a fronte di (per quanto minimi) momenti di svolta presenti perfino nello sconclusionato e confuso flashback di stagione, l'”Olicity” sembra raggiungere, quasi di pari passo con la trama generale, il suo livello più alto in termini di irritabilità e inconcludenza. Difficile salvare infatti anche solo una scena, tra i piagnistei della novella Overwatch e i suoi continui cambiamenti d’umore (prima è furibonda con Oliver, poi lo perdona, e alla fine torna ad avercela con lui), fino alla prova attoriale del “basito” (cit. Boris) Amell. Senza dubbio, non dimenticheremo mai una delle scene finali peggio realizzate della storia della tv, con una Felicity in versione Lazzaro che sfrutta al volo il “miracolo” che l’ha appena colpita per lasciare da vera prima donna la stanza (rendendo vano, per manifesto disagio, qualsiasi festeggiamento da parte chi ci aveva visto lungo sulla presunta freddezza tra i due amanti nel flashforward al cimitero).
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Code Of Silence 4×14 | 2.44 milioni – 0.9 rating |
Taken 4×15 | 2.70 milioni – 1.0 rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.
quando recensite la 4×16?