“Everything in life can’t exist without limitations. Everything!”
Nella storia delle serie tv è capitato, a volte, che alcune puntate servissero per lanciare messaggi e campagne sociali. Questo dal momento che il medium televisivo, per sua stessa natura, ha il potere di catturare immediatamente l’attenzione e coinvolgere emotivamente lo spettatore come nessun altro potrebbe fare. Perciò non è un caso che, spesso, serie televisive (soprattutto polizieschi e noir che vivono di problemi quotidiani e sociali) siano servite come scusa per vere e proprie “campagne per il sociale” dedicate a temi più o meno attuali (in questo caso molto attuale). Anche “Arrow”, dunque, non si lascia sfuggire l’occasione e si butta a capofitto in uno dei problemi che più sta a cuore agli ammerigani: il Secondo Emendamento, ossia il diritto di possedere armi da fuoco spesso ma non solo per legittima difesa. Il discutere su questo tema è senz’altro un obiettivo nobile (detto da un punto di vista “europeo”) che non stonerebbe neanche tanto con la storyline principale della serie, dal momento che Virginia Raggi Oliver Queen è diventato sindaco di Star City e, quindi, è abbastanza naturale che si occupi anche di tali questioni.
Stona però con tutte le altre vicende che abbiamo visto finora, soprattutto con la puntata precedente che era meno meditativa, dialogica e molto più d’azione ed aveva lasciato una bella carica di adrenalina e curiosità. Questa “Spectre Of The Gun”, inevitabilmente, smorza i toni e mette in pausa qualsiasi aspettativa di toni epici e avventurosi rivelandosi come una classica puntata di raccordo peraltro molto più dialogica che d’azione. Dialoghi, poi, che risultano molto scadenti (oltre che tremendamente didascalici) da un punto di vista drammaturgico: per lo più abbiamo lunghi pipponi morali su cosa voglia dire essere liberi e se la libertà debba avere o no delle limitazioni, con toni che, all’inizio sembrano appartenere alle assemblee del PD a un talk show politico e poi si smorzano, inevitabilmente, nell’happy ending (?) finale con il ritorno al politically correct tra personaggi che, fino a pochi minuti prima, si erano insultati per difendere le loro opinioni.
In tutto questo l’unica nota positiva è l’attenzione che viene posta sulle nuove figure che popolano il team-Arrow: Wild Dog (Rick Gonzalez) e Dinah Drake (Juliana Harkavy). Del primo si ha, per la prima volta, una conoscenza approfondita del suo passato che lo rende uno dei personaggi più interessanti e complessi tra le reclute; della seconda sono le poche scene veramente d’azione e in linea con il caso di puntata in coppia con Spartan. L’idea della “nuova squadra di eroi” poi risulta efficace per ridare linfa vitale a uno show che, altrimenti, rischiava di diventare troppo ripetitivo, mentre in questo modo si crea un rapporto tra allievo e mentore che aiuta soprattutto i personaggi “anziani” della serie, rendendoli più adulti e quindi più sfaccettati.
Per quanto riguarda i membri nuovi del team, aiuta, senza alcun dubbio, la buona interpretazione degli attori che, tuttavia, risulta sacrificata rispetto a quella del sempre più imbolsito e mono-espressivo Stephen Amell che si prende inutilmente la scena non aggiungendo nulla di più al suo personaggio e svegliandosi solo nel lungo monologo finale con annesso altro pippone morale sulla legalità. Certo la scelta di accantonare Green Arrow in favore delle vesti da civile è interessante, se non altro perchè, oltre ad essere la prima volta che non si risolve il tutto ad arco e frecce, dà finalmente modo di vederlo nelle vesti di sindaco ed è una cosa estremamente rara.
Il finale lascia sperare nel fatto che i personaggi secondari (soprattutto Wild Dog) verranno ulteriormente approfonditi dando spazio a maggiori scene d’azione (peccato che tutto questo venga annunciato alla fine da Curtis Holt come il frutto di uno stalkeraggio informatico non autorizzato; e tutti i pipponi morali sulle limitazioni e la libertà? eh? eh?). Non resta, dunque, che avere pazienza e aspettare le prossime puntate lasciando che questa venga giudicata per quello che è: una pubblicità progresso di quaranta minuti mascherata da episodio di “Arrow”. Cosa comunque apprezzabile.
- Il titolo dell’episodio è una citazione ad un episodio di Stark Trek andato in onda nel 1968.
- Curtis, ad un certo punto, parla della possibilità di essere colpito da una pallottola solo perché è nero. E’ una citazione alla organizzazione Black Lives Matter, la quale si occupa degli omicidi delle persone Afro-Americane e di come risolverli.
- Il servizio televisivo che Rene guarda riguardo la morte di Damien Darhk è la stesso usato per la puntata “Legion Of Doom“.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Bratva 5×12 | 1.61 milioni – 0.6 rating |
Spectre Of The Gun 5×13 | 1.67 milioni – 0.6 rating |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!
magari mi sono perso qualcosa io ma non è che avete confuso susan Williams con dinah drake?
No non ti sei perso niente, è stato solo un grosso refuso… Ora abbiamo corretto il tutto.
Grazie per la segnalazione!