Urban Myths 1×04 – When Cary Grant Introduced Timothy Leary To LSDTEMPO DI LETTURA 4 min

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Turn on, tune in, drop out.

Timothy Leary

Questa settimana Urban Myths volge lo sguardo in direzione della settima arte, utilizzando una delle sue icone – l’American Film Institute ha inserito Cary Grant al secondo posto nella classifica delle più grandi star della storia del cinema – per raccontarci l’ennesima leggenda metropolitana, stavolta, però, cambiando radicalmente registro stilistico. Un cambio che, naturalmente, dipende dal tipo di tematica trattata dalla puntata.
La dietilammide-25 dell’acido lisergico, più comunemente LSD, viene quindi sfruttata dagli autori per mettere in scena un vero e proprio viaggio psichedelico insieme a Cary Grant e Timothy Leary, durante il quale lo spettatore viene letteralmente catapultato all’interno di alcune delle pellicole più famose interpretate dall’affascinante stella hollywoodiana; il tutto giocando con lo spettatore attraverso il sapiente utilizzo della componente metatelevisiva, arrivando anche a rompere la cosiddetta quarta parete, per stessa ammissione di Grant, fino a conversare direttamente con lo spettatore (“Thank you, and goodnight“).
Presupponendo che il nome di Cary Grant sia noto anche ai sedimenti rocciosi, notoriamente famosi per le loro spiccata capacità d’ascolto, in uno sporadico momento d’estrema tolleranza cercheremo invece di passare oltre la vostra eventuale ignoranza in merito all’esistenza del secondo protagonista dello show. Vi basti sapere che Nixon arrivò a marchiarlo come “uomo più pericoloso d’America” a causa delle sue posizioni fortemente a favore dell’uso di droghe psichedeliche, nonché per le sue campagne promozionali votate alla diffusione di tali sostanze. Attualmente detiene il “record” per la pena più alta mai emessa per possesso di marijuana in un crimine di quel tipo: trent’anni di reclusione e 630mila dollari di multa. Secondo le fonti ufficiali, il suo avvicinamento all’LSD sarebbe riconducibile ad una sua vacanza in Messico, nel corso della quale partecipò a un rituale religioso dei nativi americani assumendo funghi allucinogeni. Ma, a quanto pare, i cosiddetti “miti urbani” non la pensano allo stesso modo.
Questa settimana si opta quindi per una scelta stilistica molto più vicina al genere comedy, riscontrabile già dalle prime battute su Hitchcock e i suoi famosi cammei. Le nebbie lisergiche che avvolgono i due protagonisti diventano così un’ottima scusa per sfruttare a pieno il medium televisivo, mettendo in mostra effetti speciali volutamente arcaici, atti a richiamare il livello tecnico e tecnologico dell’epoca – la corsa sul posto con movimento dello sfondo su green screen, la statica caduta nel vuoto del padre di Cary Grant, e così via – mischiandoli a richiami del tutto anacronistici quali ad esempio l’assurda menzione a Internet.
Ben Chaplin e Petyr Baelish Aidan Gillen raccolgono la sfida e mettono in scena con grande capacità due character molto difficili da rappresentare, ancor più visto lo stato psico-fisico alterato, e tirano fuori dal cilindro un’interpretazione che riesce a tenere testa all’ottima prova di Rheon nei panni del suo young Hitler – tra l’altro un titolo perfetto per uno spin-off – sfornando un (forse) season finale qualitativamente molto elevato, tant’é che vorremmo agguantarlo (semicit. The Lady).
Citazioni improbabili a parte, con questo quarto episodio il regista Geoffrey Sax – già dietro la macchina da presa nel film del 1996 dedicato al Doctor Who – riesce ad imprimere alla narrazione una particolare spinta creativa, colorando quella zona grigia sospesa tra leggenda e verità, elemento cardine della serie, attraverso l’utilizzo di scelte registiche senza dubbio fuori dall’ordinario. Scelte che, da una parte, contribuiscono all’infittirsi di quell’alone di mistero che circonda la vita di personaggi celebri, e dall’altra, attivano nelle nostre menti un processo di normalizzazione nei confronti di queste figure quasi mitologiche, considerate “irraggiungibili” da noi comuni mortali, eppure, in realtà, molto più umane di quanto si creda.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Citazionismo spinto, anacronismi vari e marcata componente metatelevisiva
  • Ditocorto fatto come una pigna
  • Cary Grant uno di noi 
  • La sequenza sul monte Rushmore
  • Per gli amanti di una tv più generalista l’episodio, e in linea di massima l’intera serie, risulterà forse un po’ noiosa e fine a se stessa

 

Dopo una partenza un po’ fiacca e un terzo episodio valorizzato da un immenso Iwan Rheon, Urban Myths ci saluta nel migliore dei modi. Dunque, come abbiamo fatto settimana scorsa, conferiamo la nostra benedizione a questo ultimo atto stagionale della serie, allargando la suddetta valutazione all’intero prodotto, molto valido nonostante l’avvio un po’ in sordina e assolutamente piacevole in virtù dell’ottima commistione tra originalità del format e leggerezza dei contenuti.

 

Adolf Hitler The Artist 1×03 ND milioni – ND rating
When Cary Grant Introduced Timothy Leary To LSD 1×04 ND milioni – ND rating

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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