“Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità” disse Neil Armstrong nel 1969 quando poggiò il primo piede umano sulla superficie lunare. Se dovessimo descrivere “Cobbler” con una sola frase, la scelta più strategica sarebbe quella di parafrasare la citazione di cui sopra e cambiarla in: “Un piccolo passo per Jimmy McGill, un grande passo per Saul Goodman“.
Dicendola in maniera Pirandelliana, il telefilm che stiamo guardando ha per protagonista un personaggio dai due volti: una maschera e la faccia che ci sta sotto. Nella prima stagione, Vince Gilligan e soci ci hanno raccontato la misera vita di James McGill: adorabile perdente svogliatamente in cerca di qualcosa di più di quello che la vita gli offre, in cerca “del colpo grosso”, per dirla come i rapinatori di banche. Il compito di Better Call Saul, com’era chiaro fin dalle premesse rilasciate da interviste e siti d’informazione, era di raccontare i perché e i per come di uno dei comprimari meglio riusciti degli ultimi anni di serialità televisiva, usando un universo narrativo conosciuto ed apprezzato enormemente: senza (attenzione!) creare qualcosa di direttamente connesso, ma che semplicemente si incastrasse in quell’universo.
Così, affascinati nella prima stagione dalle peripezie di Jimmy, involontariamente ci siamo dimenticati qual era il vero scopo della serie, cosa che “Cobbler” non tarda a ricordarci fornendoci quello che possiamo classificare come il primo, vero passo di McGill verso la maschera di Saul Goodman. Ora, qualcuno potrebbe dire: “Ma perché io non avverto questa differenza così spiccata?”. Perché la maschera, per esistere, attinge quello che gli serve per esistere dal volto che copre; per spiegarla con un esempio molto semplice, prendiamo il personaggio a fumetti di Batman. L’uomo adotta un costume e gadget a tema di pipistrello, perché Bruce Wayne ne è terrorizzato dalla sua figura; questa è una cosa che lo paralizza dalla paura, ma che contemporaneamente lo affascina così tanto da prenderne nomi e fattezze. Avesse avuto paura dei topi, ora sarebbe Rat-Man (e magari pure scritto da Leo Ortolani). Avesse avuto paura dei gelati, ora sarebbe il Gelataio Oscuro, e invece che alla Wayne Enterprises, lavorerebbe alla Sammontana. Dopo averci spiegato il mondo di Jimmy McGill, il personaggio interpretato da(l sempre sublime) Bob Odenkirk comincia ad avventurarsi verso l’identità che gli donerà notorietà televisiva e disgrazie narrative.
Impeccabilmente, non c’è crociata verso la conquista di un’identità propria senza ostacoli e, proprio nell’episodio che sancisce il primo, vero passo verso la formazione di Saul Goodman, ritorna il fratello Chuck. Dopo una puntata d’assenza, il personaggio rientra in punta di piedi nel serial, ripristinando la “rivalità familiare” sancita nella scorsa stagione a suon di silenzi, sguardi e occhiate. Bravi tutti a interpretare una parte quando questa è piena di battute, pochi però riescono a ripetere l’impresa quando devono esprimere quello che non possono dire attraverso le parole utilizzando solo la mimica del corpo. Incredibile quanto il silenzioso conflitto tra i due fratelli (coltelli) sia stato enormemente rumoroso (tra parentesi, solo a chi scrive è venuta in mente “Sound Of Silence” in quelle sequenze?). Ma visto che stiamo parlando di Chuck, prendiamo la palla al balzo e parliamo di come in “Cobbler” anche il cast di supporto si ritaglia una bella fetta di protagonismo, senza scavalcare del tutto il personaggio principale, proseguendo per una trama propria che viaggia con – e in parallelo – la primaria. Tra questi, Mike Ehrmantraut e Kim Wexler sopra gli altri.
Anche se non ci sarebbe più bisogno di dirlo, ogni tanto vale la pena far notare agli spettatori come la qualità di questa serie sia inversamente proporzionale ai ratings. Bisognerebbe passare sopra queste cose, dato che sappiamo benissimo che il discorso degli ascolti è un vero campo minato: non sempre un rating alto è sinonimo di qualità e viceversa, ma dà comunque rabbia e fastidio vedere altri telefilm di indiscussa pochezza avere più pubblico, partecipazione e sostegno. C’avevano ragione i latini. Nemo propheta in patria (sua).
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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“If they find out, if you get caught…”
“If… they’re never gonna find out.”
Switch 2×01 | 2.57 milioni – 1.1 rating |
Cobbler 2×02 | 2.22 milioni – 1.0 rating |
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