Costruire un universo narrativo partendo da un tema non sempre di facile comprensione, il mondo della finanza appunto, non è mai facile. A partire dal grande schermo, segnato recentemente da film come “La Grande Scommessa” o “The Wolf Of Wall Street”, la tendenza più comune sembra quella di orientare la visione verso la strada della semplificazione. Semplificazione per quanto concerne la terminologia, spesso incomprensibile ai più; semplificazione delle dinamiche relative al mondo della finanza, che in questo caso fanno solo da sfondo al ben più centrale conflitto tra Axelrod e Rhoades; ma anche, purtroppo, semplificazione nella scrittura, un difetto che da principio Billions si è trascinato dietro e che ha portato, attraverso situazioni al limite dell’artificioso, dialoghi didascalici e psicologie rimaste solo abbozzate, a questo finale di stagione solo a tratti convincente.
“You know the only enemy more dangerous than a man with unlimited resources is one with nothing to lose.”
Billions ha certamente avuto il pregio di raccontare in maniera intelligente e per nulla scontata la più classica delle contrapposizioni: quella tra bene e male. Ma non si è limitata solo a questo. La serie lo ha fatto sottolineando quanto siano labili, e talvolta indistinguibili, i confini che separano i due emisferi – qui rappresentati dall’eterna lotta tra giustizia e abusivismo finanziario – dimostrandone anche la stretta interdipendenza. Il tutto si riduce, così, ad una semplice lotta di potere. Una battaglia votata all’ottenimento, ma soprattutto al consolidamento e all’accrescimento, di una posizione privilegiata in termini di autorità e credibilità. Battaglia che, al termine di questo season finale, vede Bobby in vantaggio sul suo avversario Chuck, il quale, d’altro canto, sembra disposto a tutto pur di rovinare il suo rivale.
Anche se, più che di rivale, in questo caso sarebbe opportuno parlare di nemesi. O almeno, questo per ciò che concerne le loro visioni del mondo diametralmente opposte. Perché se invece ci soffermiamo ad analizzare i due protagonisti, a maggior ragione in virtù dello scambio di battute finali (emblema di quei didascalismi dialogici tanto vituperati nelle precedenti recensioni), ad emergere sono invece i tratti comuni: Chuck sembra uscire dalle crepe morali che si aprono dal personaggio di Bobby, quasi a volerne mostrare il lato oscuro. Bene e male, giusto e sbagliato, diventano così due facce della stessa medaglia, fisicamente impossibilitate nel trovarsi dalla stessa parte, ma costrette a convivere indissolubilmente legate l’una all’altra.
“You can lie to me about how it makes you feel, but you can’t lie to yourself. And if you’re right there in the middle of it, with a bunch of criminals, what do you think that makes you?”
L’impressione che abbiamo potuto cogliere seguendo questa prima stagione è che la serie cercasse di costruire un universo narrativo dotato di una certa complessità, in particolar modo mettendo al centro del racconto non solo la rivalità tra i due protagonisti, ma anche i rapporti umani. Molti personaggi secondari, tra cui spicca la figura di Wendy, hanno avuto modo di crescere di pari passo al progredire della narrazione, mostrando, in molti casi, uno spessore maggiore rispetto alle due figure in primo piano. Esaminando, nello specifico, la signora Rhoades, sono da attribuire a lei gli scambi di battute più interessanti – e dialogicamente meno artificiosi – della puntata.
Il personaggio interpretato da Maggie Siff, fin da principio, ha avuto il pregio di essere la variabile diegetica più imprevedibile, frutto di un ottimo lavoro autoriale che ha conferito a questo character un posto cruciale all’interno dell’architettura della serie. Da sempre punto equidistante tra Bobby e Chuck, il personaggio di Wendy è passata da una gestione delle proprie relazioni personali più sfumata, difficilmente inquadrabile, a una piena consapevolezza della propria forza e determinazione, grazie alle quali finirà per uscire di scena vittoriosa nonostante i continui “attacchi” – in ambito lavorativo ma anche sentimentale – subìti dai due uomini più importanti della sua vita.
Un destino affine confidavamo venisse riservato ad altri personaggi, almeno apparentemente, interessanti quanto quello interpretato dalla Siff. E, invece, così non è stato. Fin dalla gara di popolarità tra cougar mostrata nel terzo episodio, era già chiaro come la figura di Lara fosse destinata al riempimento narrativo, condannata ad un ruolo marginale, di serie B rispetto alla battaglia disputata nel campionato di massima divisione tra Bobby e Chuck. Stesso discorso per Bryan, che però in questo episodio si rende protagonista di un tete-à-tete con Axelrod nel corso del quale mostra di essere l’unico disposto a giocare secondo le regole, senza accettare compromessi o proposte moralmente dubbie, sebbene allettanti. Caratteristica, quest’ultima, che fa emergere un altro aspetto legato ai comprimari: la loro normalità rispetto a figure leggendarie come Axelroad e Rhoades, peculiarità utile alla formazione di un punto di vista più umano su una storia che, altrimenti, apparirebbe fin troppo romanzata e quindi ben lontana dalla rappresentazione realistica di cui il contesto finanziario di riferimento necessita per risultare credibile.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Magical Thinking 1×11 | 1.08 milioni – 0.3 rating |
The Conversation 1×12 | 1.01 milioni – 0.3 rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.