“The Devil deals the cards.”
Che Black Lightning non fosse la classica serie televisiva supereroistica stand-alone lo si è capito già da un pezzo.
Arrivati al final season di questa prima stagione, lo spettatore ha già visto ormai varie storyline e vari cambi di mood da parte degli autori.
Si può dire che lo show, nonostante il titolo, sia a tutti gli effetti una serie corale, che fa continuamente leva sui cliché di genere ribaltandoli e mettendo in primo piano più i personaggi secondari che non quelli principali.
Se si analizza nell’insieme la serie si scopre che l’attenzione è sempre stata concentrata più sulla cittadina di Freeland, vista come un insieme compatto di vite e storie legate indissolubilmente al protagonista principale, il quale ne è il portavoce/essenza, ma allo stesso tempo una pedina in uno scacchiere più grande di lui.
Si potrebbe affermare, date queste premesse, che Black Lightning riesce in ciò che non è riuscito a fare Marvel’s Luke Cage, ovvero offrire un enterteinment che fosse però anche lo spunto per una riflessione sociale sull’America di oggi e i suoi problemi, primo su tutti la questione razziale, fenomeno che non si è mai veramente assopito e che ancora è presente nella cultura di massa americana. A tal proposito i riferimenti a fatti e vicende reali sono ben presenti nella serie, a partire dagli esperimenti illegali sulla popolazione (chiaro riferimento agli esperimenti di Tuskegee) fino ad arrivare al personaggio di Proctor che sia nell’aspetto (grazie all’interpretazione di Gregg Henry) sia nelle parole espresse nell’episodio Shadow Of Death: The Book Of War”, ricorda vagamente Donald Trump (e non a caso è un personaggio negativo).
Fatte queste premesse Black Lightning può certamente considerarsi come “superiore” rispetto a molte altre serie supereroistiche più rodate e di successo, le quali però peccano quasi sempre di cliché narrativi duri a morire. E proprio per come, nonostante tutto, il materiale a disposizione venga gestito male.
In questi due episodi finali, per esempio, molti nodi vengono finalmente al pettine: torna finalmente in scena il “vero” villain della storia, Tobias, portandosi dietro un normo-dotato Khalil passato però al “Lato Oscuro della Forza“; un personaggio interessante che sarebbe stato meglio approfondire, il quale però rimane un po’ in ombra, anche perchè l’attenzione viene subito spostata ad altro.
E questo altro sono i rapporti che legano Tobias a Proctor e all’esperimento di Freeland in cui è coinvolto lo stesso Gambi. I retroscena e la soluzione finale della questione-Proctor sono l’oggetto d’interesse di questo primo final season stagionale per Black Lightning, doveroso certamente, ma che non lascia purtroppo molto spazio per tutte le altre storyline che vengono accantonate o risolte in modo molto veloce e superficiale. Ad esempio, il personaggio di Latavius “Lala” viene immediatamente accantonato e fatto fuori (salvo possibile ritorno in un’eventuale seconda stagione) mentre ampio spazio viene dato ai flashback sul giovane Jefferson e suo padre. Molto belli e suggestivi, certo, ma forse un po’ troppo ridondanti soprattutto per un’introduzione che occupa buona parte della puntata, lasciando poi molti dubbi sulla condotta di Peter Gambi, di cui ancora aleggiano molti misteri.
Ampio spazio viene dato inoltre (stavolta giustamente) a tutti i vari componenti della famiglia Pierce, ormai quasi tutti accessoriati con i loro superpoteri e uniti contro le minacce, tanto che la serie è destinata, per forza di cose, a diventare una sorta di family-drama supereroistico. Chi si avvantaggia di più di questo aspetto è sicuramente Jennifer, la cui funzione di “pila umana” è utile a risolvere la situazione quando questa si fa più pericolosa, e rende finalmente il personaggio meno passivo rispetto a come era stato presentato all’inizio.
Lo scontro finale nella casa in campagna, infine, è utile per riunire una volta per tutte i vari personaggi e le varie storyline per una risoluzione dei conti che sfrutta le potenzialità della location, dapprima in chiave thriller e poi in chiave prettamente supereroistica, con coreografie di combattimento e musiche che rendono il tutto più suggestivo.
Se però lo sconto finale è da applausi un po’ meno è la dipartita di Proctor (personaggio che poteva dire ancora molto, soprattutto sul suo rapporto con Gambi) e il successivo svelamento delle sue sperimentazioni. Un finale che sa molto troppo di politically correct (quasi fosse obbligatorio farlo finire così) e che lascia ancora dubbi e domande su molti personaggi. Soprattutto lascia col fiato sospeso per quanto riguarda i futuri piani di Tobias (e se mai questo farà finalmente qualcosa ora che non ha più rivali attorno a lui) e il destino di Khalil.
Insomma, un finale a metà, che prima emoziona e poi lascia tutto in sospeso. Certamente ci sarà da aspettare una seconda stagione (a questo punto auspicabile) per sapere come si evolveranno gli eventi relativi alla famiglia Pierce, intanto però non si può dire che il finale di stagione e la serie in generale non sia riuscita nell’intento di interessare e appassionare gli spettatori che, lentamente, sono stati sempre più numerosi, come dimostrano gli ascolti. La dimostrazione che, quando c’è una sana voglia di sperimentare, a volte i risultati appagano nonostante gli inevitabili difetti.
Jeffeson (giovane): “Mine’s.”
Alvin Pierce: “And what’re gonna do with it?”
Jefferson (giovane): “Live it by any means necessary.”
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Black Jesus: The Book Of Crucifixion 1×11 | 1.50 milioni – 0.5 rating |
The Resurrection And The Light: The Book Of Pain 1×12 | 1.54 milioni – 0.5 rating |
Shadow Of Death: The Book Of War 1×13 | 1.68 milioni – 0.5 rating |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!