Black Summer 1×01 – Human FlowTEMPO DI LETTURA 4 min

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Gli zombie sono più vivi che mai!
Se c’è un genere che non va mai in pensione, soprattutto in ambito seriale, è il post-apocalittico, specie se i protagonisti sono i non-morti, divenuti nel tempo un vero e proprio specchio della società post-moderna.
Netflix non poteva ovviamente non inserirsi anche in questo filone e decide perciò di regalare ai propri spettatori questa serie prequel dello sfortunato Z Nation, a cura dello stesso creatore Karl Schaefer (stavolta in coppia con John Hyams). Ma come creare qualcosa di originale da un filone che è ormai trito e ritrito? Soprattutto se il prodotto originario non è stato certamente uno dei più esaltanti del genere?
La regia di John Hyams per questo primo episodio pilota sceglie di procedere soprattutto per sottrazione.
La prima scena si apre in un paesaggio che è inequivocabilmente post-apocalittico e che già introduce lo spettatore in un clima di inquietante attesa. Sembra, infatti, di stare dentro un quadro metafisico di De Chirico mentre, piano piano, si scopre che la zona, apparentemente deserta, è in realtà abitata da persone rintanate in casa. Tali persone, ad un certo punto, escono in strada correndo all’unisono tentando di raggiungere un certo luogo dove dei soldati li preleveranno per portarli in un posto sicuro. Ma in questo luogo c’è una selezione ferrea per evitare “contagi” e purtroppo non tutti riusciranno ad essere salvati, molti dovranno “arrangiarsi come possono”.
Con questo incipit ansiogeno, che il regista sceglie di mostrare con una regia sporca e movimentata data dalla camera a mano, parte “Human Flow”. E certamente una scelta del genere cattura subito l’attenzione dello spettatore catapultandolo “in medias res” all’interno degli eventi. Non c’è bisogno si spiegare alcunché (anche perché la storia è abbastanza banale): i vari cliché di genere si susseguono rapidi così come le varie sequenze che compongono questo primo episodio. La ripetitività della narrazione, però, è abilmente mascherata da una regia attenta e studiata che riesce a tenere incollato lo spettatore fino alla fine di tutti i 40 minuti.
Ottima, poi, la scelta di suddividere il racconto in più sequenze, ciascuna denominata con il nome del protagonista di turno, facenti però tutte parte di un unico grande racconto collettivo. Tra queste sequenze una menzione speciale va fatta a quella d’apertura avente come protagonista il personaggio di Rose (un’ottima Jaime King), una madre che presumibilmente nelle prossime puntate cercherà di fare tutto il possibile per poter riabbracciare la figlia da cui è stata separata a causa della “selezione”.
Un incipit che certamente non è stato scelto a caso in quanto ha una forte connotazione con l’attualità ed è la storyline con il più alto tasso di emotività ed empatia.
Tutte le storylines presenti portano poi alla conclusione finale in cui gli esuli superano il confine imposto loro dalla legge e “sconfinano” nella zona che si presuppone essere “sana” (anche se poi c’è lo stesso livello di degradazione della zona infetta). Da qui si presuppone che partirà la narrazione vera e propria degli eventi, relegando tutto questo primo episodio al ruolo di “lungo incipit” alla storia vera e propria.
Se la prima parte, però, riesce nel compito di incuriosire per quanto riguarda la storia, il finale sembra essere stato lasciato un po’ a metà. Non c’è un vero e proprio cliffhanger finale, fin dall’inizio si ha la sensazione che tutto debba finire esattamente così. Il che può lasciare un attimo confusi perché non si capisce bene dove la serie voglia andare a parare dando la sensazione di un prodotto ben confezionato ma vuoto al suo interno.
A questo punto, solo la curiosità e la fede/fiducia dello spettatore può far sì che si proceda nella visione ma pare un po’ poco, soprattutto perché, come già detto, si tratta di un genere stra-abusato e la narrazione pare diventare via via sempre più classica, per cui si presuppone che non ci saranno grandi scossoni narrativi da ora in poi.
Tuttavia, dopo la visione di questo episodio, un’occhiata all’intera serie merita sicuramente, e il Save finale va inteso più in questo senso che non in maniera negativa.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Regia e uso della macchina a mano
  • Tensione continua
  • Struttura “ad episodi”
  • Troppa confusione generale
  • Mancanza di un cliffhanger veramente adeguato

 

Spin-off adrenalinico di Z Nation (a firma Netflix) che vorrebbe sperimentare con un genere di cui ormai rimane ben poco da dire. A livello visivo si gode abbastanza ma nel finale si ha come una sensazione di vuoto. Il classico “tutto fumo e niente arrosto”? Al momento pare promettere bene, per cui chissà…

 

Human Flow 1×01 ND milioni – ND rating

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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