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Star Trek: Discovery 2×13 – Such Sweet SorrowTEMPO DI LETTURA 4 min

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“Good night, good night! Parting is such sweet sorrow
That I shall say goodnight till it be morrow.” [William Shakespeare – Romeo and Juliet]

 

“Through the Valley of Shadows” si era chiusa con un bel cliffhanger: la decisione di distruggere la USS Discovery per evitare al Controllo di mettere le mani sui dati della Sfera incontrata in “An Obol for Charon”. Una scelta forte, drastica, perché in ogni serie Trek l’astronave è il microcosmo al centro della narrazione ed è difficile pensare a una prosecuzione su una nuova nave, che non sia appunto una nuova serie televisiva. Tuttavia, sapendo che Star Trek: Discovery è stata già rinnovata per una terza stagione e che in uno dei corti trasmessi tempo fa, “Calypso”, la nave non solo è ancora integra in un lontano futuro ma è pure cosciente, si poteva preventivare che la distruzione sarebbe stata in qualche modo evitata.
E così succede in apertura di “Such Sweet Sorrow”, con il database a bordo della Discovery capace persino di alzare gli scudi della nave per proteggersi. A questo punto, l’unica soluzione percorribile appare chiara: spedire l’intera astronave in un tempo così remoto che l’IA ribelle non potrà raggiungerlo. E allora parte prepotentemente il dramma, sicché il penultimo episodio di questa stagione è un concentrato di spiegoni pseudo-scientifici e addii melensi nel migliore dei casi, insignificanti nel peggiore: un pacchetto che fa rimpiangere persino brutti episodi come “Point of Light”, dove almeno succedeva qualcosa di interessante. Si passa dal lacrimevole siparietto tra Michael e i genitori adottivi, in cui un Sarek in evidente stato confusionale tira fuori improbabili scuse alla moglie Amanda per non essere stato un marito perfetto, allo scialbo ultimo incontro della stessa con Ash Tyler, inutile suppellettile che potrebbe sparire dalla galactic equation (per usare una battuta della puntata) senza farcene provare la mancanza; dalle inutili scene dedicate a membri dell’equipaggio che per il restante 90% del tempo rimangono sullo sfondo, e che quindi non possono coinvolgerci emotivamente coi loro drammi, alla discussione tra Stamets e Hugh, due personaggi che ancora faticano a fornirci un senso logico della loro permanenza sullo schermo. E non dimentichiamo il ritorno sulla scena di Me Hani Ika Hali Ka Po, tizia dal nome impronunciabile vista in un altro dei già citati corti e ri-tirata fuori solo per improvvisarsi una MacGyver in gonnella, sparando qualche supercazzola per dare una finta profondità alla pseudoscienza della serie. Mancano solo Harry Mudd e Gabriel Lorca, e il ripescaggio a caso di gente sarebbe completo! E’ in frangenti come questi che si arriva a sperare con tutto il cuore che un incidente mortale stermini nove decimi del cast e lasci in vita soltanto Saru, per far ripartire Discovery da una tabula rasa quasi totale.
L’unico addio che mette parzialmente i brividi è quello del capitano Christopher Pike, rivolto non solo alla ciurma ma in un certo senso anche allo spettatore, visto che non rivedremo il personaggio nella terza stagione e di conseguenza il prossimo episodio sarà l’ultimo per lui. Pike rappresenta indubbiamente una delle più grandi occasioni sprecate della stagione: si poteva approfondire la sua figura, relegata ai margini dell’universo trekkiano nel lontano 1966 dalla scelta di sostituirlo con Kirk, ma si è preferito dare fin troppo spazio alla Burnham e alle sue smorfie di pseudo-dolore e pseudo-tristezza. C’est la vie, direbbero i francesi.
In tutta questa valle di lacrime (altro che la valley of shadows della scorsa settimana!) c’è solo una cosa che si salva, oltre al suddetto discorso d’addio di Pike: la vista del ponte di comando della USS Enterprise. Ammodernato, certo, forse anche troppo rispetto agli standard cheapy della serie originale, ma capace di far provare quel tuffo al cuore che troppo spesso in questa seconda stagione di Star Trek: Discovery è mancato. E che speriamo si possa provare l’anno prossimo, se Kurtzman e la sua squadra sapranno imparare dai propri errori.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il discorso di addio di Christopher Pike
  • L’emozione di rivedere il ponte della USS Enterprise
  • Una sfilza di spiegoni, addii e scene lacrimevoli di cui avremmo fatto volentieri a meno

 

Ad un passo dal finale di stagione, l’equipaggio della USS Discovery sperimenta la sua ora più buia. Purtroppo la sperimentano anche gli spettatori, costretti a sorbirsi un’ora di addii e dialoghi in preparazione di un season finaleche quasi certamente non vedrà l’addio di nessun personaggio principale, anche se ormai tutti ci aggrappiamo alla speranza che Michael rimanga nel futuro e che la serie riparta con Saru come protagonista. Gene Roddenberry, che ci vegli da lassù, esaudisci le nostre preghiere e rendi possibile questo scenario!

 

Through The Valley of Shadows 2×12 ND milioni – ND rating
Such Sweet Sorrow 2×13 ND milioni – ND rating

 

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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.

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