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La seconda stagione di ogni serie tv, si sa, è quella più complicata da affrontare, specialmente se bisogna convivere con il successo ottenuto nell’anno precedente, poiché, come accade in tutti gli ambiti della vita, è quella della riconferma.
La prima stagione di Designated Survivor, seppur tra innumerevoli cambi di showrunner, aveva dato segnali ottimi: innanzitutto una storyline inedita, con un Presidente non eletto e finito nello Studio Ovale quasi per caso, una crisi nazionale da affrontare e una seria minaccia per gli Stati Uniti e per il mondo intero sullo sfondo. La morte di Patrick Lloyd aveva lasciato un po’ tutti di stucco, lasciando il pubblico a chiedersi dove sarebbe andata a parare la serie, priva dopo sole due puntate di una trama orizzontale; gli indizi lasciati dal villain hanno portato dritto dalla suocera del presidente Kirkman, accusata di aver preso una tangente per consentire un’operazione di trapianto per suo marito e, adesso, di essere dietro a chissà quale cospirazione. Inutile dire quanto questa scelta appaia debole e insensata, con un bad character assente, sfruttando l’ormai solita idea di mettere “il ladro in casa”. Non è dato sapere quale sia l’obiettivo della first suocera o dei suoi amici, ma si avrà a disposizione un’intera stagione per scoprirlo grazie alle gesta dell’agente Wells che, dopo aver girato mezzo mondo in cerca del mandante della strage del Campidoglio, si trova a fare i conti con le due donne più potenti della Casa Bianca.
In “Equilibrium” il presidente Kirkman si trova a dover affrontare l’ennesima crisi del suo governo; la causa di tutto ciò è una protesta di alcuni camionisti al confine con il Messico, con le frontiere bloccate e diversi accordi economici a rischio di saltare definitivamente. POTUSA deve ricorrere, come al solito, a tutta la sua diplomazia e ad alcune delle sue conoscenze per risolvere la questione e far tornare i due Paesi “amici”. E’ questa l’unica nota lieta della puntata che conferma l’attualità estrema della serie brava, bisogna ammetterlo, ad affrontare in ogni episodio un tema vicino ai giorni nostri. Nell’America trumpiana, il modo in cui Kirkman affronta la crisi messicana dovrebbe far riflettere i cittadini ma, si sa, la realtà dei fatti è sempre più difficile di come essa stessa possa apparire sullo schermo.
E’ impossibile, infine, non commentare la vicenda del vaso che ha consentito alla serie di toccare il suo punto più basso. E’ comprensibile l’esigenza dei produttori di riempire la puntata e di alleggerire la tensione (quale?) nell’arco dell’intero episodio ma Designated Survivor non è una comedy-drama e non lo sarà mai. Né Lyar né la giovane assistente che indaga sul vaso rotto possono infatti permettere alla serie di cambiare così radicalmente e la sensazione di sconforto che si prova guardando quelle scene, dal confronto Tom-Penny alla resa dei conti con il video che incastra Lyar, senza dimenticare la vicenda della rana di qualche episodio fa, non ha alcun eguale.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Designated Survivor, al momento, non sa dove andare a parare. Non è una serie che tratta di politica all’interno della Casa Bianca, come House of Cards o Scandal, né tantomeno una comedy. E’ nel limbo, senza però eccellere in nulla. Il viale del declino sembra ormai inesorabilmente intrapreso, sta a Kirkman e compagni invertire la rotta e far tornare la serie ai livelli della prima stagione.
Outbreak 2×03 | 4.61 milioni – 0.9 rating |
Equilibrium – 2×04 | 4.66 milioni – 0.9 rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.