Doctor Who 9×01 – The Magician’s ApprenticeTEMPO DI LETTURA 9 min

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È successa una cosa. Il Dottore, girovagando come suo solito, incontra Davros. Un giovane, irriconoscibile Davros. Le conseguenze di tale incontro sono talmente sconvolgenti per la psiche del Dottore che ne vediamo un assaggio nei due prequel rilasciati prima della première di questa nona stagione (eccone uno, ed ecco l’altro). La formula con cui vengono applicati questi due mini-episodi è rara per il formato di DW, così come l’impostazione di questa prima parte di doppio episodio. Nell’onnipresente wibbly wobbly, protagonista morale dello show, non si ha ovviamente bisogno di inserire flashback o flashforward: la semplice sceneggiatura permette, tramite una linearità del racconto, di inserire, dal punto di vista del protagonista, numerosi incroci. In questo caso non è stato così. Tanto è sconvolgente l’incontro con il piccolo Davros – l’apice dell’etica “dottoriana” viene abbondantemente raggiunto – che la narrazione gira parecchio, prima di arrivare al punto, lasciando lo spettatore inconsapevole per un discreto lasso di tempo.
Una critica mossa nei confronti dell’ottava stagione (almeno in queste recensioni) era quella di un’eccessiva frammentarietà nel racconto, con conseguente mancanza di episodi doppi e di una narrazione di ampio respiro. Le conseguenze di ciò si riscontravano anche con un principio di indifferenza verso la mitologia abbondantemente scossa nei precedenti episodi speciali. In parole povere: allora occorreva presentare il nuovo Dottore, ma il risultato è stato quello di un’eccessiva giustificazione (presentata con tante avventure quasi filler) nei confronti dei fan per il cambio di figura protagonista. La nona stagione non sembra essere di questo avviso. L’inizio è lento nel re-introdurre il Dottore, ma il colpo all’attenzione del fan è tuttavia immediato: il piccolo Davros, la Unit, Missy, Karn, la Shadow Proclamation, il Maldovarium. L’odore di una grandissima trama che si stia mettendo in moto lo si fiuta da ogni lato: ed era esattamente ciò che chi scrive si augurava, nel giustificare la precedente stagione.
La mitologia è abbracciata ampiamente, il passato si affaccia prepotente con le voci di Tennant, di Colin Baker, di McCoy e con voce e immagine di Tom Baker: non a caso Davros e i Dalek sono presenze fisse nei trascorsi del Time Lord. Aldilà di facili amarcod, cerchiamo di seguire un ragionamento che giustifichi l’importanza dell’incontro di inizio episodio tra Davros e il Dottore, se non altro a livello morale. Si era analizzato, lo scorso anno, il significato di you are a good Dalek” ed è vero che spesso e volentieri personalità opposte arrivino a collidere e coincidere (il finale ad effetto con l’“Exterminate!” pronunciato dal Dottore nei confronti – apparentemente – del futuro creatore dei Dalek ne è un’esplicitazione finale). Riprendendo la battuta della scorsa première, in cui il Dottore affermava di aver commesso molti errori e voleva porre rimedio a molti di questi, si era evocato uno dei migliori serial dell’era classica: “Genesis Of The Daleks”, dove il protagonista, interpretato da Tom Baker, ha la possibilità di sterminare gli embrioni dei suoi futuri acerrimi nemici, ma poi viene colpito da rimorsi e non trova il coraggio per tale risolutivo gesto, con le conseguenze future che si conoscono. “If someone who knew the future pointed out a child to you and told you that that child would grow up totally evil, to be a ruthless dictator who would destroy millions of lives, could you then kill that child?”: ironia della sorte, il Dottore, 8/9 reincarnazioni dopo, si ritrova nella situazione da lui stesso ipotizzata. Poi, se ci si pensa bene, questo tema è uno dei più classici ed abusati (spesso personalizzato nella figura di Hitler), quando si parla di viaggi nel tempo e di paradossi temporali. Moffat è riuscito a proporre un topos della letteratura fantascientifico-spaziotemporale, omaggiando la spina dorsale di serie classica e nuova, ma anche proponendo un formato narrativo poco utilizzato nel pluricinquantenne show della BBC. Vediamo come.
E’ già stato fatto riferimento a come i due prequel fossero successivi a quella che, di fatto, è la sequenza introduttiva di “The Magician’s Apprentice”, vediamo, però, come l’intero episodio, a partire dalla sua natura doppia, abbia in comune ben pochi elementi con i recenti trascorsi. La narrazione ad ampio respiro, l’ansia per un qualcosa di fatale, nonché lo spettatore inconsapevole di ciò che stia avvenendo e potrebbe avvenire: sono questi elementi che ricordano moltissimo la sesta stagione (guarda caso la “prima” seconda stagione di un Dottore scritto da Moffat). Svolta la presentazione, giunge quindi il momento dell’azione. Alla fine di “The Impossible Astronaut” sapevamo che prima o poi il Dottore sarebbe morto, ucciso da un astronauta uscito da un lago, ma sapevamo anche che c’era qualcosa che ancora non sapevamo; alla fine di “The Magician’s Apprentice”, ci vediamo costretti ad aspettare una settimana per vederci rassicurati sulla sorte di Clara, Missy e del Tardis (!), facilmente eliminati dai Dalek. Ma non è certo questo un elemento di novità, in quanto anche alla fine di “Bad Wolf” vedevamo Rose disintegrata, salvo poi scoprire nell’episodio successivo che era stata solo teletrasportata.
Nel sottolineare una differenza con il passato, torniamo nuovamente alla sequenza iniziale del piccolo Davros, flashback esplicativo dei due prequel. Vista la distruzione del Tardis, non ci è dato capire come si arrivi al punto in cui il Dottore punti il pezzo di Dalek, esclamando “Exterminate!”. Il Dottore di Matt Smith che si faceva sparare dall’astronauta veniva dal futuro, ma noi avevamo comunque il punto di vista di Amy e Rory a darci un riferimento. Quello finale di questa 9×01, invece, è un vero e proprio flashforward che emerge dalle nebbie di un’antica Skaro in guerra. Moffat, così, sembra rinnovarsi, rompendo dei tabù nella tecnica narrativa di DW, non perdendo il vezzo, fantastico per alcuni, odioso per altri, di scrivere e riscrivere e sovrascrivere la storia (Davros, ad esempio, avrebbe avuto per tutta la vita lo screwdriver del dodicesimo, dopo l’interazione tra i due che ha cambiato il passato).
Certo, Moffat affonda più che mai gli artigli su di un’istituzione britannica, per molti deturpandola, per altri rendendola viva come non mai. Il suo marchio è comunque riconoscibile anche nelle piccole cose, in quel linguaggio dei suoi personaggi che può essere definito “platonismo sherlockiano”. Si può dire, infatti, che Sherlock sia una serie costruita sul fan-service, in particolare in direzione della categoria modernamente conosciuta come “shippers”. Il fan vede due personaggi e costruisce castelli su castelli immaginando love story come se piovesse. Così avviene per i moderni Sherlock e Watson. Ciò che serve per alimentare questo fuoco negli spettatori, però, è il continuo accennare, bisbigliare, ammiccare, senza mai esplicitare. Questo rapporto, mai fisico, sempre platonico, viene però esplicitato (notare l’ironia dei vocaboli) da Missy, spiegando e interpretando 44 anni di antagonismo con The Master. La descrizione è quella della loro bizzarra amicizia dove non vi sarebbe spazio per l’amore fisico, concetto terribilmente umano. Nella serie classica era infatti all’ordine del giorno lo stuzzicarsi continuo tra i due, ricordando spesso il loro antico rapporto di amicizia. Con il film del 1996 e con l’era Davies, il Time Lord “malvagio” diviene letale e diabolico, salvo riscoprirsi, nella sua reincarnazione femminile, un/a machiavellico/a burlone/a, disposto/a a tutto pur di ostacolare e provocare il Dottore. C’è da dire, quindi, che se Moffat riscopre un Master tradizionale, introduce anche l’innovazione della incarnazione femminile. Innovazione parzialmente smentita da un altro vezzo dello sceneggiatore scozzese: quello di caratterizzare una femme fatale di mezza età, suggerendo, per lo meno, un possibile love interest con il Dottore (leggi: River Song), nonché sicura antitesi della spesso giovane companion, figura desiderabile dai fan, quasi sempre distanziata dal punto di vista sentimentale da parte del Dottore (escludendo l’era di Rose e Martha, è proprio Davies che introduce e riprende tale situazione con il “you’re not mating with me, sunshine!” di Donna). Se a questa passione di Moffat per i personaggi femminili opposti alla Clara di turno, aggiungiamo la bravura incredibile di Michelle Gomez, qualcosa ci dice che tale “rivoluzionaria” reincarnazione di The Master non sarà di passaggio. Anche se la curiosità per la sua storia cronologicamente ordinata è tanta.
Come è sopravvissuta Missy? Come è sopravvissuto Davros? Queste ed altre domande avranno colpito gli “spettatori di scienza”. Questi non saranno mai pienamente soddisfatti dalla seguente interpretazione, inattaccabile dal punto di vista stilistico. La giustificazione, nella serie classica, con cui The Master si ripresentava puntualmente dopo essere stato dato per spacciato nella sua precedente apparizione, era “I escaped”. L’ironia di tale spiegazione viene fornita da Missy più volte anche in questo episodio. Anche Davros, da eterno nemico quale è, può narrativamente beneficiare di un potere di una sopravvivenza non visibile agli spettatori, per due semplici ragioni: nessuno sceneggiatore si prenderebbe la responsabilità di togliere ad altri futuri colleghi la possibilità di scrivere alcuni personaggi; qualsiasi morte proposta in un semplice episodio vorrebbe dire sminuire un antagonista degno di essere tale nei confronti di un così rispettato protagonista (basti pensare come i Dalek abbiano sempre avuto modo di tornare, anche dopo aver saputo cosa era avvenuto loro durante la Time War).
Altre chiavi di lettura per questo episodio ci sarebbero, ma si rischia di non finire più. Sicuramente ciò non può che essere un pregio per questa albeggiante stagione. Dove lo scorso anno ci trovavamo ad analizzare il rapporto Doctor/Clara e la nuova personalità portata da Capaldi, oggi affondiamo nella mitologia, nel ricordo delle passate stagioni, nel descrivere l’apporto di Missy/Master, Davros e Skaro in un solo episodio (che poi sarebbe solo una prima metà di storia): niente male.
 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Davros!
  • “Pretty Woman”
  • Freschezza narrativa che stimola la curiosità nell’intreccio
  • Tante evocazioni del passato
  • Descrizione dell’amicizia di Missy con il Dottore
  • Skaro!
  • La nebbia durante la guerra in prologo ed epilogo dell’episodio potrebbe essere un’evocazione della nebbia bergmaniana sul campo di battaglia con cui si apre “Genesis Of The Daleks”
  • Missy e le espressioni di Michelle Gomez
  • Torna in pianta promettentemente stabile la formula del doppio episodio
  • Clara sottotono, palesemente sulla via del tramonto: tra l’altro il suo personaggio è condizionato dalla recente notizia – stavolta ufficiale – del suo abbandono
  • Gli aerei bloccati con conseguente intervento dell’UNIT sembrano una caricatura di tante vicende passate, seppure poi il tutto viene giustificato dal marchingegno di Missy

 

Con la nuova votazione, vogliamo inserire un nuovo modo di pensare la valutazione di un episodio. Basta con la scolastica votazione numerica. Ciò che ci interessa è prendere l’episodio in questione, collocarlo nel suo contesto e infine esprimere un giudizio ampio e senza pressioni di bocciature estreme o attribuzioni di eccellenze. Ogni giudizio, quindi, abbraccia un insieme di valutazioni, più vario sicuramente di quelle esprimibili con una semplice cifra.
E’ un buon episodio, quello che abbiamo visto? A quanto pare sì, ma possiamo affermarlo solo al 50% perché metà di un’avventura in due parti. Sbilanciarsi sarebbe imprudente. Intanto – e su questo non ci piove – ci sentiamo di ringraziare Moffat e soci per la ventata di novità e curiosità che si profila all’orizzonte, grazie al magistrale colpo di scena iniziale, ma grazie in generale a questo dinamico episodio. Per un’eventuale benedizione, il discorso è rimandato a sabato prossimo.

 

Last Christmas 6.34 milioni – ND rating
The Magician’s Apprentice 9×01 4.58 milioni – ND rating

 

 

 

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

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