Fargo 1×02 – The Rooster PrinceTEMPO DI LETTURA 4 min

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Nella presentazione della serie, lo showrunner Noah Hawley ha affermato di star realizzando non una serie televisiva, bensì un film di 10 ore. Questa affermazione pesa non poco negli scenari televisivi attuali. Immaginate di essere un regista o sceneggiatore a cui viene detto che può fare quello che vuole. Niente più tagli, introspezioni a palate, il tutto con la benedizione della casa produttrice. Poteva anche non dircelo, si vede benissimo che ci troviamo davanti ad un film di 10 ore. Da cosa lo si vede? Innanzitutto da certe figure cinematograficamente stereotipate (l’eccentrica coppia di gangster su tutte); sicuramente, poi, dallo sfogo narcisistico di lunghe inquadrature, lunghi dialoghi, silenzi molto frequenti. Il cinefilo di turno, soprattutto amante dei fratelli Coen, non potrà che godere di questo linguaggio. Tuttavia è innegabile il fatto che nello sviluppare la storia, una notevole porzione di sceneggiatura sembra dire “quanto siamo bravi e raffinati”, specchiandosi non poco.
Tutto ciò non può che ricadere sull’economia della storia. Sia chiaro, gli standard sono comunque molto alti. È presente però una lentezza di fondo dettata da alcuni fattori. Intanto, a differenza del “dinamico” primo episodio, che vedeva meno linee narrative, qui abbiamo una forte molteplicità di punti di vista. Come se il primo episodio avesse lanciato una bomba e l’effetto dell’esplosione si fosse sentita solamente in questo secondo. Infatti “The Crocodile’s Dilemma” ha portato senz’altro ad un’enorme e successiva ramificazione delle storylines, ma soprattutto ha reso “The Rooster Prince” già un episodio di assestamento. E questo disequilibrio si nota parecchio. Se quindi da un lato lo spettatore prevalentemente televisivo può rabbrividire per questa aritmia, dall’altro lato non può che gioirne il cinefilo. Chi ha apprezzato i film dei Coen sorriderà sicuramente vedendo la caratterizzazione di molti personaggi e del loro rapportarsi con un ambiente desolato come quello rappresentato. Meno scontata invece è la sottile strizzata d’occhio al Lynch di Twin Peaks e “Strade Perdute” (la colonna sonora sostenuta dalla sola batteria era frequentissima in TP).
Per non farci mancare niente abbiamo poi una pioggia di allegorie e metafore che si vanno perfettamente a sposare con i comportamenti dei protagonisti della storia. Innanzitutto la casa di Lester ci presenta un secondo cartello significativo. Nello scorso episodio vedevamo un pesce che seguiva la direzione opposta rispetto ai suoi simili e veniva posta la questione “e se fossi tu ad avere ragione?”, chiarissimo riferimento alle umiliazioni sociali a cui era sottoposto Lester. Questa volta, in una riuscitissima sequenza, dietro l’ottimo Martin Freeman piangente, vediamo un cartello che afferma “tutto accade per un motivo”. La dinamica causa-effetto, infatti, sembra farla da padrona in quello che la sceneggiatura ci ha presentato fino a questo momento. Lo “spezzatino” visto in questo secondo episodio, infatti, va più che altro pensato come una concatenazione di eventi che poi confluirà in un’unica trama. E, appunto, tra le diverse linee narrative, troviamo un discorso molto interessante che la figlia del poliziotto Gus fa al padre. Nel frequentissimo tema del bullismo e della prevaricazione, conviene reagire e denunciare o pensare alla propria sicurezza e chiudere gli occhi? Visti anche i recenti trascorsi che hanno lasciato un segno nel poliziotto, costretto a lasciar correre una situazione molto sospetta, il discorso calza a pennello. Vedremo cosa ci riserverà questo lato della storia.
Per chiudere, una riflessione su ciò che telefilm come questo comportano nell’economia della serialità televisiva. Se il cinema dovesse “scoprire” la TV, come poi sta facendo, vedremmo spuntare da ogni lato “film da 10 ore”. Non è esagerato dire che, proprio per questo motivo, l’aspetto seriale sta mano mano scomparendo. In modo più o meno riuscito le storie si dipanano sempre di più in archi narrativi dilatati. Questa trasformazione non è da considerarsi né positiva, né negativa. Semplicemente è uno degli effetti della “Golden Age” dove anche l’ottimo prodotto di consumo sta lasciando il passo a forme d’arte più complesse, anche se talvolta ingenuamente ed inevitabilmente pretenziose.

PRO:

  • La sequenza finale è da brividi
  • Interazione tra Martin Freeman (sempre superbo) e Bob Odenkirk
  • Divertente tutta la porzione di storia dedicata a Lorne
  • Atmosfera che racchiude fratelli Coen e Twin Peaks
CONTRO:
  • Gli effetti della rapidità del primo episodio si risentono nel secondo, che è a tutti gli effetti un episodio di assestamento
  • Di assestamento, ma anche di presentazione delle tante, tantissime storylines che si vanno presentando
  • Lentezza diffusa

 

Un gradino sotto “The Crocodile’s Dilemma” ma la curiosità per ciò che sarà resta alta. Qualsiasi perplessità portata dal linguaggio utilizzato non toglie assolutamente l’impatto positivo dello show.

 

The Crocodile’s Dilemma 1×01 2.65 milioni – 0.8 rating
The Rooster Prince 1×02 2.03 milioni – 0.8 rating

VOTO EMMY               

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

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