“I can just watch you dance all night
And you would never let me down
You could never let me down
I can fall in love with you all night
And you would never let me down
A crush is my favorite sound.”
DUCKWRTH – Crush
L’11 marzo è approdato sulla piattaforma americana HBO Max il nuovo teen drama Generation (reso graficamente Genera+ion). Creato da Zelda Barnz e il padre Daniel Barnz, regista anche dei primi tre episodi, la storia e l’ambientazione sono delle più classiche. Il gruppo dei protagonisti è composto da ragazzi e ragazze molto differenti tra loro, il cui unico punto in comune sembra essere il liceo che frequentano.
LA VOCE DI UNA GENERAZIONE
È oramai dagli anni ’70 che l’industria cinematografica prende in considerazione il target giovanile da quando, durante la New Hollywood, sono usciti quelli che gli esperti chiamano youth movie ossia dei film creati e diretti da giovani per un pubblico composto da coetanei.
Da allora si perde il conto dei film ambientati nei licei cittadini, con personaggi che portano sulle spalle l’onere di rappresentare lo spettatore teenager seduto sulla poltrona del cinema. La serialità televisiva non ha fatto eccezione, dando vita al redditizio e sempre in crescendo filone dei teen drama.
Alcuni dei temi portanti (paura del futuro, l’integrazione in una società già avviata, il bullismo, la solitudine, le prime cotte, le prime delusioni, etc.) non si esauriscono mai, essendo il filo conduttore delle varie generazioni. Quel che è cambiato è la moltitudine di nuovi character che, pian piano, si stanno creando un nuovo spazio.
Basta dare un’occhiata ai protagonisti di Generation per capire che i tempi stanno cambiando in fretta e i giovani sentono la necessità di nuove rappresentazioni.
Chester (interpretato da Justice Smith, noto grazie al ruolo da protagonista in Pokémon: Detective Pikachu) fa il suo ingresso con pantaloni attillati, un crop top arcobaleno, le unghie smaltate e un rimprovero per aver nuovamente infranto il dress code della scuola. Spedito dal nuovo consulente scolastico, viene introdotto uno degli aspetti più interessanti del pilot (e che ricorda la relazione iniziale tra Fraser e Jonathan in We Are Who We Are) ossia la tensione sessuale fra i due. La dinamica tra Chester e Sam è appena accennata, ma in quelle poche scene l’attrazione che prova il ragazzo è palese anche a Sam. Attorno a lui orbitano: Nathan, un ragazzo bisessuale che ha una storia con il ragazzo della sorella Naomi; Greta, una ragazza messicana segretamente innamorata di Riley. A fare da contorno ci sono anche Arianna e Delilah che si sono ritrovate a vivere sotto lo stesso tetto dopo che i loro padri si sono messi assieme.
Interessante è la scelta – forse momentanea – di non inserire il classico bullo della scuola. Chester non viene insultato o aggredito, né gli viene rivolta nessuna occhiata storta a causa del suo aspetto. Anzi è integrato e ben voluto.
Immancabile è il paragone con le generazione precedenti rappresentata dal personaggio di Megan, la madre di Naomi e Nathan. È l’ anello di congiunzione tra le due generazioni, utile per delineare un divario presente in molte famiglie.
GOOGLING “HOW TO GIVE BIRTH”
Il tema della generazione Z viene ripreso anche dall’estetica e dalla regia. Gli smartphone e internet sono parte integrante della narrazione. Dalle prime scene, dove Naomi cerca aiuto su Google per la sua amica Delilah che sta partorendo in un bagno del centro commerciale, la telecamera fissa su uno schermo è una scena ricorrente. Non solo utile alla storia grazie ai messaggi che i personaggi si inviano, ma anche come scelta registica che usa quelle inquadrature come stacco, dando ritmo alle intere sequenze. Il cellulare diventa uno strumento cardine incredibilmente realistico visto l’uso massiccio che ne si fa.
Altro media di cui se ne fa abbondante uso è la fotografia: dalle stampe nello studio di Sam, scattate quando era in Giappone per ricordarsi della solitudine che ha provato in quell’occasione, alle foto che Riley scatta ai suoi amici. Il tocco della giovane autrice (difatti Zelda Barnz ha diciannove anni) è ovunque. Barnz ha occhio per come si sta evolvendo la generazione di cui fa parte: la loro quotidianità, i lavori più gettonati, gli argomenti salienti e anche lo stile e l’estetica dei ragazzi.
AESTHETIC
Anche la fotografia della puntata si rifà al mondo dei social, specialmente a Instagram. Dalla palette accesa di colori (è d’obbligo citare la scena in cui Chester e un suo amico sono sul tetto di un palazzo tra le inferiate di un’insegna dai toni neon) alle ambientazioni curate (anche lo studio di Sam), l’estetica è uno dei punti forti.
La funzione primaria di un pilot è quella di illustrare i toni delle successive puntate e i personaggi che ne faranno parte. La scelta più complicata è legata al come farlo. A causa della struttura fissa di un pilot, il rischio è quello di non essere abbastanza interessante e non suscitare il minimo interesse.
Daniel Barnz trova la soluzione al problema creando due precisi momenti dove le storie dei personaggi principali si intersecano: la scena del cortile dove Riley invita Chester alla sua festa e la festa stessa. Sono scene che vengono riprese più volte durante il corso della puntata, cambiando sempre punto di vista e affidandolo ad un nuovo personaggio. Grazie a questo escamotage ben riuscito il ritmo si mantiene veloce e non scontato.
In definitiva, i personaggi ricevono la giusta attenzione e vengono accennate delle tematiche profonde (Sam è spaventato che Chester pensi al suicidio, Megan potrebbe non accettare facilmente la bisessualità del figlio), tuttavia, c’è il rischio che queste possano essere soppiantate dall’estetica, piuttosto che riuscire a creare un connubio equilibrato tra le due.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Pilot interessante per una serie che non si vuole presentare come innovativa ma vuole affrontare le tematiche calde degli ultimi tempi.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.