“Mi è mancato il coraggio di indagare sulle debolezze dei dannati perché ho scoperto che sono uguali a quelle dei santi.”
Dopo tanto peregrinare (tra dirette televisive e RaiPlay) si giunge infine al momento tanto atteso per questa mini-serie televisiva tratta dal fortunato romanzo di Umberto Eco.
Come ben sa il lettore già esperto del libro (ma ormai l’ha capito anche lo spettatore neofita) il momento della Disputa tra Francescani e Legati del papato sulla povertà della Chiesa è un passaggio fondamentale della trama, quella in cui il genio di Eco riesce, con dialoghi (ma soprattutto silenzi) calcolati, a metter in bocca a personaggi del Medioevo concetti e pensieri di epoche successive, in un divertissement letterario-filosofico che rappresenta la vera essenza della storia e del romanzo.
La regia di Giacomo Battiato, a tal proposito, non si può certo considerare “innovativa”. Non ci sono ampi piani-sequenza dialogati come in Sherlock o effetti visivi particolari come in American Gods. Si tratta di una regia molto classica (in stile RAI, per l’appunto) con un continuo campo-controcampo in cui sono soprattutto i primi piani a farla da padrone. Ma proprio in questa “semplicità” sta in realtà la forza di questa particolare sequenza.
Ogni minima espressione facciale, ogni smorfia dei frati vari e, in generale, il sottinteso continuo dei vari discorsi, fanno sì che si crei la giusta tensione per una disputa che va ben oltre la semplice dissertazione teologica ma che riguarda sia il destino stesso della Chiesa, sia quella degli stessi personaggi presenti (è evidente che i discorsi di Guglielmo e di Bernardo siano in realtà un sottile gioco di potere fra i due personaggi).
In questa particolare storyline va detto che gli sceneggiatori sono stati molto bravi a riportare quasi fedelmente le parole e il fascino dell’opera di Eco.
Ma quello che rende viva questa tensione è soprattutto la grande prova dei suoi interpreti. Su tutti il solito John Turturro che riesce, anche con una prova minimale, a conferire dignità e profondità al personaggio di Guglielmo da Baskerville. Questo soprattutto nell’Episodio 6 con la sua lunga dissertazione-monologo sulla povertà, ma anche quando descrive le sue ipotesi sui delitti dell’abbazia. A questo si affianca poi la prova superba di Rupert Everett nei panni dell’inquisitore Bernardo Gui, vero e proprio esempio di presenza maligna (e unico vero villain della storia) all’interno dell’abbazia, il cui influsso negativo era già stato annunciato nella sua teatrale entrata nel convento nell’Episodio 4. I continui confronti/scontri tra questi due personaggi sono ciò che tiene in piedi questa penultima parte della miniserie, insieme agli scontri tra le due fazioni della Disputa in perfetto stile Uomini e Donne e con tanto di trash talking e rissa finale.
Ma non sono solo questi due attori a giganteggiare in scena. Un plauso va fatto anche al vero protagonista di questo dittico: frate Remigio. Interpretato da un ottimo e ispirato Fabrizio Bentivoglio (che insieme a Roberto Herlitzka rappresenta il meglio della scuola attoriale italiana in questa serie), l’ex (?) dolciniano si prende la scena rivelando finalmente tutti i suoi segreti (ma non la loro risoluzione che, molto furbamente, viene rimandata alle ultime due puntate) in un susseguirsi di flashback e dialoghi-confessioni con Bernardo e Guglielmo.
La scena della tortura e poi del processo nei suoi confronti è sicuramente la vetta raggiunta da questo dittico, anche perché prosegue quanto visto durante la Disputa, in un climax crescente di tensioni e sospetti.
Bencio da Uppsala: “Non sono un assassino!”
Guglielmo da Baskerville: “Nessuno lo è prima di commettere il suo primo delitto.”
Sono, invece, i delitti dell’abbazia purtroppo la parte debole di questo dittico. Completamente tralasciati nell’Episodio 5, vengono ripresi nell’Episodio 6, dove a farne le spese è il personaggio di Severino. Il botanico (chiamarlo “medico legale” suonerebbe improprio, anche se di fatto questo è) risulta l’ennesima vittima del mistero che si cela nella biblioteca dell’abbazia.
Questa storyline viene affrontata nella maniera consueta con le indagini e le supposizioni di Guglielmo e Adso (con la partecipazione straordinaria di Bencio) ma viene ben presto tralasciata in favore del processo a Remigio. Questo perché, di fatto, si ricollega alla Disputa dell’episodio precedente (la giuria è pressoché la stessa) anche tematicamente. Ma soprattutto perché al personaggio di Remigio è anche collegata la storyline di Anna (Greta Scarano) e conseguentemente quella della “ragazza dei boschi” (alias la “Merida dei poveri“).
Questa parte, seppur fondamentale per dare alla serie quel tocco fantasy-action in stile Game Of Thrones, senza il quale lo spettatore medio non si avvicinerebbe a una serie del genere, risente purtroppo di una scrittura legata ai troppi cliché di genere e a buchi di trama davvero troppo inverosimili.
A cominciare dal rapimento della ragazza ad opera di Salvatore e al suo “salvataggio” fortuito che supera qualsiasi connotazione di spazio-tempo possibile e immaginabile. Per non parlare poi della completa inutilità del personaggio di Anna per risolvere tale storyline. Purtroppo l'”artificialità” di questa sotto-trama e la sua sola funzione di guilty-pleasure per il pubblico appare abbastanza evidente ed è quello che frena maggiormente il giudizio positivo nei confronti della serie. Questo e i tremendi effetti visivi legati alle condizioni atmosferiche, per cui in alcune scene si passa indifferentemente da un clima temperato estivo ad uno invernale con la neve (nello stesso lasso di tempo!), tradendo l’idea di verosimiglianza e di ricostruzione coerente degli avvenimenti.
Il concetto e la morale espressi dalla storia travalicano dunque la coerenza narrativa, ma bisogna anche dire che questo era già insito nella natura stessa del romanzo di Eco (che non ha mai voluto essere “realistico”) e si può dire che, da questo punto di vista, la serie risulti un adattamento molto fedele. Anche se poi sarebbe opportuno ribadire il concetto che certi “trucchi” vanno bene in letteratura ma meno per il mezzo televisivo, dove comunque una certa coerenza visiva ci deve essere.
Le storylines di Anna e della ragazza dei boschi sono dunque destinate ad andare avanti, ma si spera che non rubino troppo minutaggio a quello che è il fulcro centrale della vicenda: il mistero dei delitti dell’abbazia. Anche perché i prossimi due episodi rappresentano l’ultimo dittico di questa mini-serie, la quale si è trascinata forse un po’ troppo a lungo per una vicenda che avrebbe meritato forse un minutaggio migliore, selezionando di più invece che aggiungere ulteriori storylines a una storia che era già pressoché perfetta.
Sperando che, nel frattempo, il drastico calo degli spettatori (quasi un milione persi in una settimana) non la faccia chiudere prima.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Episodio 4 1×04 | 4.72 milioni – 19.9% share |
Episodio 5 1×05 | 3.89 milioni – 16.7% share |
Episodio 6 1×06 | 3.89 milioni – 16.7% share |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!