Non una visione leggera, così come per tutti quei prodotti che raccontano passi di vita direttamente dai campi di concentramento nazisti (o tutto il freddo contorno che ne deriva). È arrivata lo scorso 10 maggio su Sky la nuova miniserie intitolata Il Tatuatore di Auschwitz, composta da sei episodi scritti da Jacquelin Perske e diretti da Tali Shalom-Ezer.
“Il lavoro rende liberi.”
TRATTO DA UNA STORIA VERA
Il Tatuatore di Auschwitz non è semplicemente una serie televisiva, bensì un percorso più intricato formulato in vari step. Il primo è quello da cui tutto parte: la vera storia di Lali e Gita. A narrare quella che è stata definita come “una storia d’amore ambientata nell’orribile mondo dell’Olocausto” è lo stesso Lali Sokolov che, molti anni dopo la fine della guerra, decide di raccontarsi.
Il secondo step è quello preso in carica dalla scrittrice Heather Morris che passerà giorni ad ascoltare la devastante esperienza di Lali per poi mettere tutto nero su bianco e dargli voce attraverso il romanzo pubblicato nel 2018 dal titolo Il Tatuatore di Auschwitz. La storia che Lali Sokolov vuole raccontare ha inizio nel 1942, quando lui e moltissimi altri ebrei vengono deportati nel campo di concentramento di Auschwitz. L’inizio dell’inferno troverà uno spiraglio quando Lali incrocerà lo sguardo di un’altra prigioniera, Gita.
IL TATUATORE
Il racconto presentato nella rivisitazione televisiva viene proposto in maniera sia dinamica che emozionale. Il pilot parte da un passato più recente, il 2003, quando a Melbourne, città in cui ha vissuto per anni, Lali incontra la scrittrice Heather Morris per iniziare la sua travagliata testimonianza. Da qui, la narrazione si sposta nel passato attraverso l’utilizzo dei flashback. Lo spettatore viene accompagnato prima a Bratislava, dove Lali viveva con la sua famiglia in un contesto in cui le prime leggi razziali iniziavano a limitare i diritti dei cittadini ebrei. Subito dopo, ci si sposta con Lali nel suo viaggio verso Auschwitz dove il tutto cambia decisamente tono.
Da questo momento in poi, il racconto diventa più pesante, iniziando a dare una panoramica cruda e violenta della vita all’interno del campo. Il quadro che si viene a creare non racconta niente di nuovo, ma ogni volta non manca certo di colpire nel profondo. Una nuova direzione, però, arriva quando Lali ottiene il ruolo di tatuatore. Una posizione che gli permette di ottenere migliori condizioni di vita, seppur ponendolo davanti ad un dolore morale più alto.
UNO SPIRAGLIO D’AMORE
In scena, i protagonisti sono interpretati da Melanie Lynskey, Anna Prochniak e soprattutto dalle due versioni di Lali. Nel passato, ad interpretare il personaggio vi è Jonah Hauer-King, mentre il presente con la controparte anziana spetta ad un nome di spicco come Harvey Keitel. Entrambi gli attori riescono nell’arduo compito di far trasparire le emozioni più con gesti ed espressioni che con le parole. Il dolore è dipinto in faccia ai due protagonisti sia nel passato che nel presente, quando tutti i ricordi e qualche senso di colpa, si fanno largo tra la memoria.
Il punto principale della serie viene raggiunto nei minuti finali del pilot, quando Lali incrocia lo sguardo di Gita. Da questo momento partirà una lunga caccia di sguardi e parole non dette, mentre nella più disperata delle situazioni nascerà l’amore. Il continuo di questa storia sarà sviscerato nei restanti episodi, ma se qualcuno vuole cercare sin da subito un bagliore di speranza, può anche andare a spoilerarsi il libro.
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Una serie non leggera, dati i temi trattati, in cui non manca di certo il coinvolgimento.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.