“Nothing ends without a new beginning. Just as any start is, inevitably, a step toward an ending.”
Alla fine della prima stagione di Marvel’s Iron Fist sceneggiatori e autori ebbero non poche gatte da pelare per poter risollevare quella che, già dai primi episodi, si era presentata come la “Cenerentola delle serie Marvel/Netflix”.
Anche se l’artefice principale di tutti i guai (colui-che-non-doveva-essere-scritturato Scott Buck) era stato giustamente allontanato, rimaneva il problema di come risollevare una serie e un personaggio (Danny Rand/Iron Fist) che, per varie ragioni, era passato alla storia come “il supereroe più inutile di tutto il Marvel/Netflix Universe”.
Anche perché il materiale a disposizione lasciava ampi margini di miglioramento, trattandosi pur sempre di una serie dal potenziale enorme dal momento che mischia superheroes-movie e film di arti marziali che la vogliamo buttare via così? Eh no!La soluzione adottata dagli autori è stata molto coraggiosa: ammazzare il protagonista.
Non nel senso che Danny Rand muore alla fine di questa stagione (magari!), nel senso che il protagonista è stato via via sempre più messo da parte per dare spazio a tutti i co-protagonisti e al mondo “di contorno” in cui vive. Più volte, infatti, nel corso della serie è stato fatto notare come questa seconda stagione sia servita principalmente per porre le basi per quella che sarà una probabile futura collaborazione tra Misty e Colleen Wing (che anche nei fumetti sono accomunate come le “Figlie del Drago”) e per introdurre il personaggio di “Typhoid Mary” Walker (una straordinaria Alice Eve, vera rivelazione di questa seconda stagione).
Tutto ciò ha fatto sì che l’intero cast femminile della serie venisse valorizzato a dovere (ad eccezione di Joy ma quello è un caso perso) soprattutto per via della bravura delle interpreti, mentre Finn Jones purtroppo risulta ancora molto cane statico. Tuttavia, al contempo, ha fatto sì che si perdesse un po’ tutto quanto avvenuto precedentemente.
Si tratta di una scelta che potrebbe spiazzare lo spettatore, soprattutto quello che segue le vicende dalla prima stagione (ormai lontana anni luce da quanto visto quest’anno). Ciò che si perde completamente poi è il concetto stesso dell’Iron Fist.
Per chi non se lo ricordasse, infatti, il titolo della serie è “Marvel’s Iron Fist”. Che detta così potrebbe starci tranquillamente dal momento che non è “Marvel’s Danny Rand” e quindi va benissimo che la serie tratti di più personaggi che, a quanto pare, possono scambiarsi tra di loro il potere dell’Iron Fist come se si scambiassero le figurine di calcio.
È tuttavia vero, però, che il protagonista ha compiuto un determinato percorso di formazione per arrivare fino a questo punto (che peraltro non ha ancora concluso e il cliffhanger finale lascia presagire che la sua storyline abbia ancora molte cose da dire) e non si può accantonare così come se niente fosse. Anche perché, a questo punto, viene da chiedersi quale potrebbe essere il futuro per questo show che sembra essere nato solo per essere l’immondezzaio del Marvel/Netflix Universe (nel senso che tutto quello che non funziona nelle altre serie stranamente viene infilato qui).
Tanto più che il season finale fa cadere anche l’ultimo dei tabù: in una serie che si chiama (per l’appunto) Marvel’s Iron Fist (Il Pugno d’Acciaio della Marvel) far passare il potere mistico anche nelle armi che si hanno in mano appare come qualcosa di inutile e forzato (allora tanto vale fare a meno delle arti marziali e prendersi direttamente un kalashnikov) per quanto possa sembrare figo. Il Pugno, in questo modo, viene meno mentre tutto va a favore delle Armi, con una buona dose di trash annesso peraltro (la scena finale dove Danny Rand/Clint Eastwood spara proiettili mistici).
Si tratta di un finale di stagione destinato sicuramente a far discutere.
Per il resto l’episodio scivola via abbastanza velocemente, chiudendo in maniera ottima tutte le storyline presenti. Notevoli soprattutto le scene d’azione, in particolare lo scontro finale con ben tre Iron Fists presenti (Danny-Colleen-Davos) che compensa notevolmente la carenza di scene di lotta, stranamente molto scarse in una serie simile.
Buono anche il percorso di formazione compiuto da Ward e la direzione che la sua storyline intraprende, ma rimane il fatto che le vicende dei due fratelli Meachum appaiono sempre più come un riempitivo, uno stratagemma per far arrivare l’episodio a 50 minuti più che qualcosa di effettivamente utile per la trama in generale.
Rimane, però, in gran misura un episodio ben scritto e strutturato al meglio, dove i dialoghi e la musica, unite alle coreografie marziali, fanno sì che lo spettatore non rimanga affatto annoiato.
Resta da vedere, a questo punto, cosa ne sarà dei protagonisti (ormai si può solo parlare al plurale per questa serie) in un’eventuale terza stagione e fino a che punto ha senso tenere questo titolo per una serie che potrebbe dare spunto a più di uno spin-off senza dubbio più convincente della serie-madre.
Una cosa è certa: il minutaggio delle serie Marvel/Netflix deve cambiare e tredici puntate sono troppe, ma in questo senso “Marvel’s Iron Fist” ha dimostrato, per una volta, di comportarsi bene.
“Don’t try that again.”
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Season finale destinato sicuramente a far discutere. Da un lato si percepisce il miglioramento rispetto alla prima stagione, dall’altro la soluzione scelta sconvolge completamente quanto visto finora e non si sa quanto questo possa essere un bene…
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!