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Il genere noir, base espressamente scelta per la trasposizione televisiva di Jessica Jones, pone come propri elementi distintivi i motel fatiscenti, whisky on the rocks buttati giù come caffè e, soprattutto, ingarbugliate ragnatele di bugie e intrighi che spesso il detective protagonista subisce per tutta la storia, fino alla risoluzione finale che lo vede prevalere.
Questo ciclo di episodi, per la maggior parte, ha spesso privilegiato piuttosto i classici stilemi da “seconda stagione”, approfondendo le origini della protagonista e lanciandosi nell’introspezione dei personaggi, dando meno spazio alle indagini in sé, vedi plot twist riguardo la rediviva madre di Jessica e tutto ciò che ne è conseguito. Tecnicamente, quindi, la trama è diventata molto più scarna, tanto da virare sulla controversa quanto coraggiosa scelta dell’assenza di un vero villain, svuotandola anche di quegli archetipi proprio del genere cinecomic. Ecco, con “AKA Pork Chop”, se non altro, quegli elementi riconoscibili del noir precedentemente elencati, e a lungo accantonati nel corso della storia, rispuntano orgogliosamente fuori, amalgamandosi perfettamente poi con tutti quei tratti propri ed unici della serie stessa.
Il secondo capitolo delle avventure di Jessica, si sa, è stato rilasciato l’8 Marzo, giusto per sottolineare, se ce ne fosse bisogno, le volontà di Netflix/Disney/Marvel di rendere l’eroina interpretata da Krysten Ritter una vera icona femminista, nel panorama dei cinecomic e di quello televisivo in generale. L’intuizione migliore da parte del team di Melissa Rosenberg in questo senso, che ha differenziato la Jones da tante altre operazioni non sempre riuscite, è che la “forza” delle donne protagoniste della storia non è intrinsecamente legata alla riproposizione di standard maschili. Loro non vogliono assomigliare alle controparti dell’altro sesso, né si riducono ad essere delle mere figure androgine, ma intendono piuttosto inseguire strenuamente i propri desideri e le proprie ambizioni, a prescindere da qualsiasi gender possano rappresentare. Il che le pone in netta contrapposizione anche alla tradizione dello stesso genere noir, che ha spesso relegato le proprie protagoniste a ruoli passivi o in qualche modo subalterni all’operato dell’eroe, registrando in questo senso un vero e proprio riscatto all’interno di tale filmografia.
In “AKA Pork Chop”, allora, le donne sono assolute protagoniste, ora attive ora passive, all’interno di quelle menzogne e tradimenti, come detto, tipiche del genere. Si potrebbe ribattere che quella dell'”arte della manipolazione”, perpetrata attraverso l’arma della seduzione (vedi Trish con Malcolm, o Inez nei confronti della Hogarth), è stato spesso elemento caratterizzante delle figure femminili al cinema, ma raramente ad un livello così elevato e consapevole. Gli sceneggiatori dipingono infatti le proprie protagoniste sì con tutti i lati negativi del caso, evitando quindi anche quella fastidiosa indulgenza che spesso riempie simili operazioni, ma circondandole di assoluta e complessa umanità. La scena in cui Carrie-Anne Moss si dispera al centro del proprio appartamento vuoto, proprio lei che era il simbolo della spietata donna di successo passata in un sol colpo ad ingenua vittima delle proprie paure, è sicuramente tra le più forti fin qui regalataci dalla serie, oltre che utile a rappresentare il momento più basso del percorso del personaggio in questa stagione.
Alla fine di tutto questo discorso, d’altronde, il risultato finale è difatti la morte del maschio “alpha”. Si è detto di Malcolm, che arriva a tradire Jessica, totalmente soggiogato da Trish (che, ricordiamo, inizia a intraprendere la sua deriva una volta accortasi di voler essere come il suo ormai ex compagno). Non è allora un caso che proprio il personaggio più similare ad un’immagine maschile, ossia Jeri Hogarth, subisca in questo episodio la più cocente delle sconfitte. Ma il caso più emblematico in questo senso è quello di Karl Malus, è lui quello rinchiuso nel motel fatiscente frequentato da prostitute, lui quello che dev’essere salvato da Jessica (dalle mire di Trish, di Jeri, oltre che dal governo) ma solo per salvare a sua volta sua madre. E lì dove l’uomo ha un ruolo attivo, ossia la violenta guardia penitenziaria, è comunque il peggio del peggio.
Ad uscirne meglio, allora, è la coppia formata da Jessica e da Oscar, accomunati ora da sincere paure e fragilità, ora da oneste volontà e aspirazioni personali, attivi nelle azioni ma assolutamente passivi all’interno delle trame ordite dagli altri che li circondano (in conformità, come si diceva, ai tradizionali eroi del noir). E infatti Jessica, alla fine della fiera, è paradossalmente colei che va incontro al destino peggiore, con quell’omicidio involontario che le può rovinare l’intera esistenza. Omicidio totalmente diverso da quello di Kilgrave, rimasto impunito, o da quelli della madre, in qualche modo giustificati dal suo stato mentale alterato. Colpo di scena legato, inoltre, proprio all’uomo peggiore del mondo, che condanna la donna migliore. Dopotutto “al destino, come sappiamo (e come sa bene Carrie-Anne Moss, ndr), non manca il senso dell’ironia“.
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La riscossa del noir innalza in qualche modo il principio del rush finale di stagione. “AKA Pork Chop” non sarà affatto l’episodio perfetto, né tantomeno il migliore fino ad ora, ma sicuramente è tra quelli che più sono riusciti ad incarnare in pieno lo spirito alla base della Jessica Jones by Melissa Rosenberg, nel bene e nel male.
AKA Shark In The Bathtub, Monster In The Bed 2×09 | ND milioni – ND rating |
AKA Pork Chop 2×10 | ND milioni – ND rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.