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Marvel’s Luke Cage 1×12 – Soliloquy Of ChaosTEMPO DI LETTURA 6 min

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Guardiamo Marvel’s Luke Cage e qualcosa ci disturba. Vogliamo arrivare alla fine, apprezziamo la caratterizzazione così umana del Luke Cage di Mike Colter, ma qualcosa ci disturba comunque. Il senso di totale appagamento per l’estetica di Marvel’s Daredevil e per la fine caratterizzazione presente nel meno ambizioso Marvel’s Jessica Jones in qualche modo viene meno. Perché? Cosa succede in questa serie che in ogni caso conferma l’alto tasso tecnico di questo progetto a lungo termine targano Netflix?
Nelle recensioni precedenti sono state individuate diverse falle, tra cui l’utilizzo dosato – per usare un eufemismo – delle sequenze “supereroistiche”, privilegiando il lato crime e street. Sicuramente “Soliloquy Of Chaos” rappresenta in pieno tutti gli aspetti, positivi e negativi, che hanno caratterizzato questa prima (e unica?) stagione. Non poteva essere altrimenti, trattandosi dell’anticamera dello scontro finale tra Luke e Diamondback.
Andiamo dritti al punto: in Marvel’s Luke Cage vi sono lievi infiltrazioni di guilty pleasure, elemento totalmente nemico delle cosiddette serie tv di qualità. La serie tv costruita in 12-13 episodi (se non meno), con episodi che superano i 50 minuti di durata media, solitamente mirano ad un punto specifico, ad un’unica macro storyline, attorniata da piccole vicende di contorno che spesso e volentieri trovano modo di confluire. La complessità iniziale si va sciogliendo mano a mano che ci si avvicina alla fine, semplificando poi lo scheletro della storia. Questo non è avvenuto e durante la 1×12 noi contiamo molti più focus – tutti equamente importanti – rispetto a quelli che avevamo nei primi episodi. La scelta finale presa da Mariah e Shades (l’alleanza anche tra loro due è frutto di questo episodio) di stringere un accordo con Luke per eliminare Diamondback sa tanto di quei capovolgimenti di fronte che si hanno nelle serie broadcast da 20 e passa episodi. Sia chiaro. Non vuole questa essere una considerazione dispregiativa nei confronti di questa scelta stilistica, poi spiegheremo perché sotto certi punti di vista potrebbe anche essere maggiormente fedele alla sua fonte originaria.
Ai cambi di direzione narrazione improvvisa e frequente andrebbe aggiunto un altro aspetto non da poco che spiazza lo spettatore e contribuisce all’eterogeneità di questo nuovo capitolo Marvel del piccolo schermo. Cottonmouth, interpretato magistralmente da Mahershala Alì, non stava sicuramente sfigurando se confrontato con gli altri grandi villain presentati nelle serie Netflix/Marvel. Lo spettatore lo stava pregustando e digerendo, fino alla sua improvvisa dipartita. Scelta niente male dal punto di vista del colpo di scena, ok. Pensiamo però a come rapidamente poi si impone il Willis Stryke di Erik LaRay Harvey (che fa comunque un gran lavoro) senza dare il tempo allo spettatore di assimilarlo e di comprendere una follia che qualche maligno potrebbe scambiare per generatrice di buchi di trama. Difficile infatti comprendere la mossa di mettersi contro Shades, utilizzando tra l’altro un tirapiedi che aveva dimostrato non una grandissima intelligenza, proprio contro uno che invece non era certo un criminale di serie B.
Altra considerazione si potrebbe muovere alla caratterizzazione di Diamondback. Consideriamo come sia stata tagliata con l’accetta la sua “reggenza” da villain, posizionata nella seconda metà della stagione, dopo la prima metà appartenuta a Cornell. Sicuramente ci sbaglieremo, ma non sarebbe da escludere che si sia voluto fare un minestrone all’interno di una sola stagione, non contemplando un seguito, come invece è stato per le due serie precedenti. La prima stagione di Marvel’s Luke Cage sarebbe quindi una sua presentazione globale, non tanto una storia, pensata esclusivamente all’utilizzo di Power Man nella futura serie sui Difensori.
E se qualcuno volesse considerare il concetto di guilty pleasure come un’accezione negativa verso una forma narrativa maggiormente dozzinale, possiamo dire che sbaglia in parte. Ecco quindi la considerazione positiva verso questo genere di scelte narrative maggiormente frammentate e “dispersive”: le stesse che si possono trovare in una struttura strettamente fumettistica. L’episodio in cui l’eroe si trova a collaborare con i villain è presente persino in Topolino, figuriamoci in un mondo supereroistico dove l’accumularsi di villain è all’ordine del giorno (forse stilisticamente corretta allora la sovrapposizione di Diamondback?). Comicamente fumettistica persino la bizzarra latitanza di Luke che si trasforma in Robin Hood del ghetto, ricevendo addirittura ballate rap in suo onore. Per non parlare del suo nascondersi in strada dietro un giornale o con un semplice cappuccio.
“Soliloquy Of Chaos” è un episodio in cui succedono tantissime cose a tantissimi personaggi, tutti trattati singolarmente come protagonisti, molti di più e diversi da quelli presentati ad inizio serie. Come fossero passate alcune stagioni. Che sia giusto così?

 

Poteva RecenSerie non sbattersi per voi a raccattare tutte le curiosità, e le ammiccate d’occhio per questa incarnazione live-action del primo eroe in vendita Marvel? Maccerto che no! Doveva eccome! Per la gioia dei nostri carissimi lettori, di seguito, come fatto per Marvel’s Agents Of S.H.I.E.L.D.Marvel’s Agent Carter e Marvel’s Daredevil eccovi la “guida” a tutti i vari easter eggs e trivia sulla puntata.

  1. Altro giro, altro brano dei Gang Starr citato nel titolo.
  2. Prima che Luke Cage entri nel negozio a salvare Method Man, sul poster fuori dal negozio si può vedere l’immagine di Stan Lee vestito da poliziotto. Notare come, nelle serie Netflix, Stan Lee appaia sempre vestito da poliziotto.
  3. Successivamente, Method Man riappare in una trasmissione radiofonica SwaysUniverse, trasmissione che esiste davvero, rappando “sul momento” (sappiamo che ha fatto come Giovanni Mucciaccia e l’ha preparata prima) una canzone tutta dedicata a Luke Cage, brano che potete trovare su YouTube. S’intitola Bulletproof Love.
  4. Sempre parlando di Method Man, questa è la traccia a cui Cage si riferisce quando i due si parlano.
  5. Mentre nei fumetti non verrà mai rivelato, qui la serie ci rivela il nome completo di Shades: Hernan Alvarez.
  6. Nei fumetti, Shades ha un figlio: Victor Alvarez, personaggio che attualmente si fa chiamare ufficialmente col nome di Power Man. Comparso per la prima volta su Shadowland: Power Man #1 del 2010, Victor scoprì di avere delle particolari abilità quando Bullseye (acerrimo nemico di Devil) fece esplodere un palazzo uccidendo un centinaio di persone al suo interno. Victor sopravvisse usando una strana tecnica di kung fu che gli permise di assorbire il chi dai cadaveri che lo circondavano ed ottenere superforza e resistenza. Dopodiché cominciò a pattugliare le strade col nome di Power Man, cosa che attirò Luke Cage e Iron Fist che videro in lui del grande potenziale. Da allora i due l’hanno preso sotto la loro ala protettiva.
THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Tutto pronto per lo scontro finale
  • Il rap in onore di Luke
  • Tanti eventi per tanti personaggi
  • Shades che ammazza tutti
  • Interpretazione di Theo Rossi e di Erik LaRay Harvey
  • Tanti eventi per tanti personaggi
  • Ok il fumetto, ma certe battute ammazzano la suspense televisiva (vedi quella sull’ennesima distruzione del negozio di Pop)
  • Perché far uccidere Shades?
  • L’alleanza Shades-Mariah-Luke prevede dei capovolgimenti di fronte che scansati 

 

Tutte le obiezioni che si possono muovere a questo episodio andrebbero inoltrate alle serie in generale. Accettate infatti alcune derive maggiormente “generaliste” di questa serie, non si può certo mal considerare questo episodio, nella sua unicità e negli sviluppi che porta alla trama. Ciliegina sulla torta: il cliffhanger finale che, almeno a chi scrive, ha evocato uno dei primi cliffhanger nella serie Gotham, quando sembrava ancora potesse essere qualcosa di accettabile.

 

Now You’re Mine 1×11 ND milioni – ND rating
Soliloquy Of Chaos 1×12 ND milioni – ND rating

 

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

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