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Per descrivere l’andazzo di questa prima stagione di Marvel’s Runaways – e soprattutto capire dove si è sbagliato – basta davvero poco, giusto un piccolo esempio.
Immaginate l’esistenza di un’ipotetica serie tv su Harry Potter, il celebre maghetto inglese creato dalla penna di J. K. Rowling. Immaginate anche che si sia appena conclusa la sua prima stagione, composta da 10 episodi, dove il primo episodio vede l’arrivo del neonato Potter a Privet Drive 4 mentre il decimo il prelevamento di Potter da parte di Hagrid con conseguente iscrizione a Hogwarts. E gli episodi nel mezzo? Immaginate che raccontino gli svariati tentativi di Harry di aprire la lettera della scuola di magia ripetutamente intralciati dallo zio Vernon. Anche no grazie.
Una stagione del genere farebbe cadere le braccia a chiunque (per non dire qualcos’altro) poiché la forza motrice di una saga come quella di Harry Potter sta tutta in un evento scatenante che rompe la monotona vita dei personaggi. Ritardare questo evento può causare grandi problemi alla storia, oltre che noia nello spettatore, ma avvilisce drasticamente la potenza narrativa dell’elemento scatenante che (quando arriva) passerà più inosservata del nuovo disco dei Gazosa. Ecco, ora sostituite questa immaginaria serie tv su Harry Potter con Marvel’s Runaways.
Il vero villain di questa prima stagione non è stato il Jonas di Julian McMahon (ex-Cole Tuner, ex-Dottor Destino) o i “depravati” genitori del Pride, quanto più la decompressione narrativa. Dato che non bastava smazzarsi tutti i problemi meglio descritti nella recensione della tripla-premiere, la prima stagione del serial Hulu/Marvel Studios si ispira a serial comics come Preacher dove, a sua volta, la AMC decise di diluire gli eventi del primo numero spalmandoli su una decina di episodi. Se con Preacher era possibile concedersi questo lusso – poiché serie legata più allo stile di narrazione e al suo modo di approcciarsi agli eventi – con Marvel’s Runaways era necessario fin dai primi episodi inserire l’elemento scatenante della trama: i protagonisti che scappano dalle case dei genitori criminali.
È comprensibile che Schwartz e Savage abbiano voluto giocarsela sulla lunga gittata per svecchiare i protagonisti e, soprattutto, per concludere la stagione con un colpo di scena efficace, in modo da ingraziarsi spettatori curiosi per la già rinnovata seconda stagione. Il problema è che questa svolta narrativa arriva al momento e nel modo sbagliato. Al momento sbagliato perché, come già detto, ritardano le tempistiche e trasformano quello che nel fumetto è un elemento scatenante in un cambio di status-quo coercitivo. Certo, per definizione un “elemento scatenante” è un (drastico) cambio di status-quo. Il punto è che inserire subito, nei primi episodi della stagione, la fuga dei personaggi, avrebbe contribuito a trasformare il ruolo di scappati di casa nella loro identità di default mentre qui si pone come costretta evoluzione caratteriale. Sembra la stessa cosa ma sono, in realtà, due cose molto diverse.
Nel modo sbagliato perché, a seguito del confronto tra Runaways e Pride, il registro narrativo cambia completamente e fa una marcia indietro. Cominciando la puntata in questo modo, cioè con le attese botte tra figli e genitori – schermaglia per altro ispirata ai peggiori giochi di ruolo a turno – si fissano involontariamente degli standard nelle aspettative dello spettatore. Uno pensa che la 1×10, cominciata così in pompa magna, possa offrire delle vertiginose svolte di trama tutte votate all’azione e ai cliffhanger. E invece, dopo il primo scontro con i genitori, la seconda parte della puntata s’ammoscia e preferisce allearsi con l’anti-climax, strisciando spompato verso un finale a dir poco insipido. Un finale che poteva essere particolare ma che, invece, si è presentato buono per tutti e speciale per nessuno.
Immaginate l’esistenza di un’ipotetica serie tv su Harry Potter, il celebre maghetto inglese creato dalla penna di J. K. Rowling. Immaginate anche che si sia appena conclusa la sua prima stagione, composta da 10 episodi, dove il primo episodio vede l’arrivo del neonato Potter a Privet Drive 4 mentre il decimo il prelevamento di Potter da parte di Hagrid con conseguente iscrizione a Hogwarts. E gli episodi nel mezzo? Immaginate che raccontino gli svariati tentativi di Harry di aprire la lettera della scuola di magia ripetutamente intralciati dallo zio Vernon. Anche no grazie.
Una stagione del genere farebbe cadere le braccia a chiunque (per non dire qualcos’altro) poiché la forza motrice di una saga come quella di Harry Potter sta tutta in un evento scatenante che rompe la monotona vita dei personaggi. Ritardare questo evento può causare grandi problemi alla storia, oltre che noia nello spettatore, ma avvilisce drasticamente la potenza narrativa dell’elemento scatenante che (quando arriva) passerà più inosservata del nuovo disco dei Gazosa. Ecco, ora sostituite questa immaginaria serie tv su Harry Potter con Marvel’s Runaways.
Il vero villain di questa prima stagione non è stato il Jonas di Julian McMahon (ex-Cole Tuner, ex-Dottor Destino) o i “depravati” genitori del Pride, quanto più la decompressione narrativa. Dato che non bastava smazzarsi tutti i problemi meglio descritti nella recensione della tripla-premiere, la prima stagione del serial Hulu/Marvel Studios si ispira a serial comics come Preacher dove, a sua volta, la AMC decise di diluire gli eventi del primo numero spalmandoli su una decina di episodi. Se con Preacher era possibile concedersi questo lusso – poiché serie legata più allo stile di narrazione e al suo modo di approcciarsi agli eventi – con Marvel’s Runaways era necessario fin dai primi episodi inserire l’elemento scatenante della trama: i protagonisti che scappano dalle case dei genitori criminali.
È comprensibile che Schwartz e Savage abbiano voluto giocarsela sulla lunga gittata per svecchiare i protagonisti e, soprattutto, per concludere la stagione con un colpo di scena efficace, in modo da ingraziarsi spettatori curiosi per la già rinnovata seconda stagione. Il problema è che questa svolta narrativa arriva al momento e nel modo sbagliato. Al momento sbagliato perché, come già detto, ritardano le tempistiche e trasformano quello che nel fumetto è un elemento scatenante in un cambio di status-quo coercitivo. Certo, per definizione un “elemento scatenante” è un (drastico) cambio di status-quo. Il punto è che inserire subito, nei primi episodi della stagione, la fuga dei personaggi, avrebbe contribuito a trasformare il ruolo di scappati di casa nella loro identità di default mentre qui si pone come costretta evoluzione caratteriale. Sembra la stessa cosa ma sono, in realtà, due cose molto diverse.
Nel modo sbagliato perché, a seguito del confronto tra Runaways e Pride, il registro narrativo cambia completamente e fa una marcia indietro. Cominciando la puntata in questo modo, cioè con le attese botte tra figli e genitori – schermaglia per altro ispirata ai peggiori giochi di ruolo a turno – si fissano involontariamente degli standard nelle aspettative dello spettatore. Uno pensa che la 1×10, cominciata così in pompa magna, possa offrire delle vertiginose svolte di trama tutte votate all’azione e ai cliffhanger. E invece, dopo il primo scontro con i genitori, la seconda parte della puntata s’ammoscia e preferisce allearsi con l’anti-climax, strisciando spompato verso un finale a dir poco insipido. Un finale che poteva essere particolare ma che, invece, si è presentato buono per tutti e speciale per nessuno.
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“Hostile” è la conclusione della prima stagione di Marvel’s Runaways che ha saputo ben comprendere le potenzialità del materiale originale ma non ha saputo riproporle al pubblico della piattaforma on-demand. Questo ha dato vita ad un serial privo di una direzione narrativa convinta, indecisa a quale fascia di pubblico rivolgersi, confezionando episodi che hanno lasciato più che altro perplessi. Nonostante ciò, la notizia del rinnovo è comunque un bella cosa dato che una seconda possibilità per rimediare agli errori se la meritano tutti. Del resto, telefilm che meritavano molto meno di Marvel’s Runaways sono andati avanti per svariate stagioni di troppo.
Doomsday 1×09 | ND milioni – ND rating |
Hostile 1×10 | ND milioni – ND rating |
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I gusti son gusti, percarità, così come tutti i punti di vista sono validi e rispettabili, ma a me Runaways non ha fatto per niente cadere le braccia. L’ho trovata una serie assolutamente convincente, ed il finale piacevolissimo, in linea con una direzione narrativa che trovo forte e chiara. L’incapacità di genitori e figli di darsi battaglia dopo essersi schierati l’ho travata una scelta narrativa logica ed al contempo emotivamente coinvolgente. Ci si aspettava che il dinosauro combattesse, ed invece è risultato un povero animale da difendere, un amico in più, unico e fragile: altra scelta coraggiosa e toccante. Quello che inganna in Runaways, a mio parere, è l’idea che sia una serie teen… quando è forse la più matura fra le serie Marvel, con pochissima azione (talmente poca che, quando c’è, appare persino ridicola) e molti spunti di riflessione. I conflitti ci sono, ma sono quasi tutti interiori. A parte il supercattivo, tutti i personaggi sono sfumati, né buoni né cattivi. Molte delle informazioni sulla trama restano oscure, ma anche in questo ho apprezzato la rinuncia alla rivelazione pretestuosa: scopriremo assieme ai personaggi quello che non sanno ancora, quando salterà fuori. Non ho letto il fumetto e sulla carta alla serie non davo un soldo, invece ora aspetto la seconda serie con trepidazione. Difetti? Collegamenti assenti con il resto dell’universo Marvel (almeno per ora) e l’idea dello scavo misterioso diretto da un immortale para para all’operazione della Mano su i Difensori.