Mindhunter 1×03 – Episode 3TEMPO DI LETTURA 4 min

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“I was honest with myself for the first time. Because I’m not a lizard, I’m not from under a rock, I came out of her vagina. I came out of my mother”
(Edmund Emil Kemper III)

 

Dopo ben due puntate iniziali che sono servite ad introdurre i due protagonisti dello show, Holden Ford e Bill Tench, il terzo episodio di Mindhunter entra nel vivo delle vicende e stabilisce fin da subito quale (probabilmente) sarà da ora in poi la struttura della serie.
Appare delineata, infatti, la trama orizzontale della serie grazie all’ottimo lavoro narrativo degli autori, in cui i due “Starsky e Hutch della criminologia” continuano le loro ricerche per poter modernizzare i metodi antiquati dell’FBI e l’approccio nelle indagini. Seguendo questa linea la puntata in questione presenta ben più di una novità: tanto per cominciare l’entata in scena di un nuovo personaggio, la dottoressa Wendy Carr (Anna Torv), professoressa di psicologia che si presenta fin da subito come “terzo elemento” del team e, date le sue competenze, si può presumere che la sua presenza sarà fondamentale anche per quanto riguarda l’altra linea narrativa dello show, quella verticale.
Quest’ultima riguarda l’applicazione delle conoscenze acquisite per risolvere casi reali (anche perchè altrimenti non avrebbero senso tutte queste ricerche).
Sarà interessante, dunque, vedere quanto lo studio della psicologia criminale aiuterà le indagini dei due investigatori-insegnanti agendo direttamente sul campo. Al momento si può dire che le intuizioni del duo Ford-Tench siano servite a identificare e ad arrestare il “killer delle vecchiette” Dwight ma persistono ancora molti dubbi sul “metodo” utilizzato e, come giustamente fatto notare da Debbie, finora c’è stata una certa ripetitività nei casi analizzati che tende verso una particolare categoria di casi sociali abbastanza facili da identificare (basta solo non avere turbe con le proprie madri per non diventare serial killer?). Ovviamente si tratta solo della prima indagine e mancano ancora molte puntate, c’è tutto il tempo per vedere se il metodo utilizzato dai due detective avrà successo o no.
Per il momento è sempre uno spettacolo assistere ai dialoghi intensi e incredibili, per le loro continue sfaccettature, tra i due e il killer Edmund Kemper. Non solo perchè il personaggio è realmente esistito e quindi le sue parole producono un effetto disturbante in quanto vengono menzionate cose successe veramente con una semplicità e una logica spiazzanti, come forse solo il vero serial killer poteva esprimere ma anche perchè la regia unita ad effetti cinematografici, aiuta a renderlo ancora più inquietante.
Nelle scene dei dialoghi, infatti, vengono messe insieme una musica sempre più incalzante ed inquietante e una fotografia opaca che serve sia a dare un particolare effetto retrò, adatto per rappresentare gli anni 70, sia per conferire al tutto un senso di claustrofobia e orrore per quanto viene detto e mostrato.
Luci, suoni e colonna sonora sempre azzeccata (in ogni puntata c’è sempre un classico rock del periodo) sono certamente il punto di forza per questa serie prodotta da David Fincher e alle cui opere si rifà per quanto riguarda lo stile visivo straniante.
Interessante poi come si sviluppa il rapporto tra i due portagonisti: da una parte il giovane e ingenuo idealista Ford (cognome forse non scelto a caso) dall’altra il detective navigato e ormai disilluso Tench. Una coppia investigativa non molto originale (almeno seguendo questa descrizione) ma che, in questo caso, assume una grande importanza tematica trattandosi di una serie che vuole mostrare come sono cambiati i metodi investigativi dell’FBI a partire dagli anni della Controcultura, in un periodo storico dove il confronto tra vecchie e nuove generazioni diventa fondamentale.
Da notare il fatto che in questo episodio, più che nei precedenti, viene mostrato anche il lato umano di Tench e si viene a conoscenza di alcuni suoi problemi famigliari. Particolari che rendono più tridimensionale il personaggio, finora rimasto piuttosto in ombra, e lo assurgono al ruolo di vero e proprio co-protagonista della serie e non mera “spalla” come poteva sembrare (a un certo punto viene anche ribattezzato “dottor Watson”).
I continui battibecchi tra i due sono il cardine di ogni puntata di questo show e sarà interessante vedere come si evolverà il loro rapporto con l’arrivo nel team della dottoressa Carr, condito da citazioni alla cultura del periodo che vanno da Andy Warhol e Jim Morrison fino a Nixon (tutti probabili psicopatici, soprattutto l’ultimo).
Nel frattempo questo terzo episodio rimane uno dei migliori finora realizzati per il suo ritmo incalzante e l’importanza degli avvenimenti. Un esempio di sceneggiatura e regia combinate in maniera perfetta. Il voto finale non può che essere un Bless.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Stabilizzazione delle linee verticale e orizzontale della serie
  • Dottoressa Carr
  • Dialoghi tra i protagonisti e Kemper
  • Ripetitività dei casi sociali affrontati

 

Episodio che segna un punto di svolta nelle vicende dei due “Starsky e Hutch della criminologia”. Dopo due puntate d’introduzione si entra finalmente nel vivo con il primo caso brillantemente risolto dai due e con l’entrata in scena di un nuovo personaggio che potrebbe dare ulteriori svolte alla narrazione.

 

Episode 2 1×02 ND milioni – ND rating
Episode 3 1×03 ND milioni – ND rating

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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