“Hey! You’re on the TV. Nobody can call you ordinary now. You fucked your friend Lou, haven’t found my killer, talked about on television you are a spectacular failure! […] Satan? Brady, Satan? There is no Satan. Oh, my God. Satan’s a human creation. He’s like God or Cheez Whiz.”
(John Rothstein best personaggio di questa terza stagione)
Sulle solite note di “Series Of Dreams” di Bob Dylan si apre l’ennesimo capitolo delle vicende di Bill Hodges e di quello che si presuppone essere l’atto finale di Mr. Mercedes.
Un capitolo finale che si divide in due tronconi distinti, tenuti insieme, in maniera molto flebile e farraginosa, dal fil rouge delle conseguenze dovute alle azioni di Brady Hartsfield.
Il troncone principale riguarda la storyline del processo a Lou Linklatter (una sempre più sfaccettata e intensa Breeda Wool), ormai tenuto in vita solo dalle continue scene oniriche che creano suggestione e una certa tensione emotiva, ma che purtroppo hanno il difetto di fermarsi lì, in quei pochi attimi di tensione. Ormai non c’è quasi più speranza di veder riapparire il personaggio di Harry Treadaway, se non sotto forma di furgoncino del gelato (comunque anch’esso inquietante), in compenso il personaggio di John Rothstein (un immenso Bruce Dern) compensa degnamente la parte di “voce della ragione” nei suoi dialoghi-monologhi con Bill Hodges, pieni di freddure e cinismo. Per il resto l’unico elemento di reale interesse per questa storyline è l’evoluzione del personaggio di Lou e la sua schizofrenia che potrebbe far pensare ad una sorta di eredità/maledizione di Brady nei suoi confronti, come se la sua follia fosse parte di un ennesimo piano criminale mentale.
Peccato però che il minutaggio dedicato a questa parte sia spropositato, soprattutto perché troppo dialogico. Il che è normale, considerando che è la parte “legal thriller” della storia, ma fa da contraltare all’altro troncone (quello del “caso-Rothstein”) che invece è più thriller-action, e la differenza fra le due parti si vede eccome. Soprattutto se si considera che, a parte Lou, il resto del cast non suscita le stesse emozioni. Il giudice, la corte e gli avvocati sono fin troppo caricaturali e sopra le righe e i “buoni” (Bill e Holly) sono fin troppo “amletici”, in una situazione di stasi dove, di volta in volta, sembra che compiano un percorso di evoluzione salvo poi tornare a comportarsi esattamente come prima.
Tipico di questa tendenza il personaggio di Holly (Justine Lupe), persa in un’inutile (e alquanto imbarazzante) love story con Finkelstein, e l’ansia (fin troppo esagerata) per il processo di Lou. Rimane ottimo l’interrogatorio-monologo shakespeariano in “Bad To Worse”, anche se un po’ troppo forzato dato il contesto, che ha anche il merito di scatenare un bellissimo pianto liberatorio in macchina da parte di Bill Hodges. Il quale dimostra, ancora una volta (e nel caso ce ne fosse stato bisogno), l’intensità della recitazione di Brendan Gleeson, sempre sul pezzo e miglior performer anche in una stagione che non vede “brillare” il suo personaggio.
Risulta, invece, davvero sprecato, in questo contesto, il personaggio di Jerome (Jharrel Jerome), l’unico che porta effettivamente avanti le indagini sul “caso-Rothstein”, ma il cui minutaggio risicato lo porta solo a fare da “spalla emotiva” quando i protagonisti si trovano in difficoltà. Anche la performance di Jharrel Jerome risulta dunque abbastanza sottotono, ed è un peccato se si considera il potenziale dell’attore visto nella mini-serie When They See Us.
“You shot the messenger! You shot the fucking messenger!”
Quello che però tiene in vita questa terza stagione (e di conseguenza ne rappresenta i veri lati positivi) è il secondo troncone narrativo, quello dedicato al “caso-Rothstein”, e in particolare i due nuovi villains, gli unici degni eredi della malvagità di Brady Hartsfield.
Morris (Gabriel Ebert) e Alma (Kate Mulgrew) sono due “cattivi” veramente sui generis di cui è difficile non apprezzare la rappresentazione. In particolare “Great Balls Of Fire” fa luce sul passato di Morris e sul legame che intercorre tra lui e il romanzo di Rothstein, rendendo il personaggio molto più tridimensionale di quanto possa apparire. Interessante anche il rapporto che si crea tra questo e Peter in “Bad To Worse” nella tavola calda. Sebbene, infatti, i due siano in un certo senso “nemici”, non si può non notare una sorta di affetto da parte di Morris nei confronti del ragazzino, forse perché in lui rivede il sé stesso-ragazzo. E anche il rapporto malato tra lui e Alma richiama, per certi aspetti, quello tra Brady e la madre, ed è un altro punto in comune tra i due criminali. Ma se Morris rappresenta l’aspetto più feroce di Brady, Alma ne è sicuramente quello più machiavellico e sadico!
È indubbio infatti che dei due Alma sia la mente mentre Morris è il braccio nelle azioni criminali dei due. Ma questi ultimi due episodi rendono ancora più iconico il personaggio di Kate Mulgrew che continua il suo stalking selvaggio alla famiglia Saubers, spingendosi anche a un vero e proprio tentato omicidio con il fuoristrada (una delle scene a più alta carica emotiva dell’episodio). Senza considerare anche i “momenti musical” mentre è intenta a giocare al “piccolo chirurgo” con le sue vittime, altro elemento che l’accomuna alla pazzia anarchica di Brady.
È senza dubbio la storyline più interessante questa, anche se accomunata ben poco (almeno finora) con il caso del “killer della Mercedes”, anche se poi, come già detto, ne eredita effettivamente lo spirito e l’aspetto thriller-action delle prime due stagioni. Già la tematica letteraria presente è squisitamente kingiana con personaggi che sono, di fatto, dei continui riferimenti alla letteratura anglosassone. Peter, infatti, non è altro che una sorta di moderno Huckleberry Finn, ma anche Oliver Twist, perennemente circondato da adulti disfunzionali e inquietanti (in questo senso Morris sarebbe un perfetto Fagin). È evidente poi come la stessa figura di Rothstein sia una specie di parodia dello scrittore J.D. Salinger. Questi, così come i continui riferimenti letterari che i vari personaggi citano continuamente (a volte un po’ a sproposito come il monologo di Holly sopracitato), uniti alla meravigliosa soundtrack di questa terza stagione (che sforna capolavori che vanno da Dylan ai The Black Keys) rappresentano il vero punto di forza di questi ultimi due episodi. I quali certamente non risollevano tutta la stagione, ma almeno ne danno finalmente una direzione chiara e precisa dandole così un senso, cosa tutt’altro che scontata all’inizio.
Solo per questo il Thank è meritato, sperando che prima o poi i fili di questo due tronconi s’intreccino sempre di più rilasciando un qualche plot twist che ravvivi finalmente l’interesse per la serie nel suo complesso.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Trial And Terror 3×04 | ND milioni – ND rating |
Great Balls Of Fire 3×05 | ND milioni – ND rating |
Bad To Worse 3×06 | ND milioni – ND rating |
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!