Mrs. America racconta la storia dietro la battaglia per l’approvazione dell’ERA (Equal Rights Amendment), cercando di raccontarlo dal punto di vista di tutte le agguerrite “contendenti”. Se lo sfondo degli anni ‘70 statunitensi, violentemente scossi dalle rimostranze dell’ambiente femminista, non dovesse essere sufficiente, ci sono un altro paio di elementi da tenere in considerazione che potrebbero trasformare la serie in un vero e proprio cult: un cast eccezionale ed una produzione che profuma di Emmy.
Per il cast d’eccezione, e per non sminuire nessuno, l’unica opzione è la “carrellata” (Boris docet): Cate Blachett, Rose Byrne, Uzo Aduba (American Pastoral, Orange Is The New Black), Melanie Lynskey (di recente apparsa in Castle Rock), Margo Martindale, John Slattery (Mad Men), Jeanne Tripplehorn (Basic Instinct, Sliding Doors, Criminal Minds), Sarah Paulson (American Horror Story) e James Marsden (il buon Teddy di Westworld). Ma come detto, ad impreziosire ulteriormente Mrs. America c’è anche l’intero comparto tecnico, qui non solamente circoscritto a fotografia e regia affidata alle mani di Anna Boden & Ryan Fleck (Billions e The Affair), quanto piuttosto al creatore della serie stessa (nonché sceneggiatore di questo primo episodio): Davhi Waller, già co-produttore e sceneggiatore per Mad Men (con cui vinse il WGA Award nel 2010 e 2011 e l’Emmy sempre nel 2011) e, più recentemente, sempre co-produttore esecutivo per Halt And Catch Fire.
E tutta questa artificiosa gabbia dorata come si comporta? Valutando il pilot si può affermare tranquillamente che la macchina sia ben oliata ed in grado di regalare grandi gioie al proprio pubblico. La recitazione d’alto livello permette allo spettatore di entrare ben presto in simpatia sia con la protagonista della storia (Phyllis Schlafly), sia con il nutrito gruppo di femministe presentate (in modo abbozzato) durante la puntata e che in chiusura hanno modo di gettare le basi per quella che sarà una vera e propria sfida.
Sì e no, perché la figura di Schlafly viene presentata in maniera ponderata e sapiente all’interno dell’episodio, merito di un’interpretazione d’alto livello da parte di Cate Blanchett. Non è un conservatorismo puro quello di Phyllis e lo si può riscontrare in due distinte scene di questo primo episodio.
La prima è nella casa della madre che, dalla camera da letto, chiede alla figlia di ringraziare il marito (Slattery) per gli aiuti economici: il volto della Blanchett si contorce in un rigurgito di dolore; i ringraziamenti per il marito (forse perché riferiti all’ambito economico) la sfiancano, la indeboliscono, la fanno sentire inerme.
Una sensazione che sembra ripresentarsi poco più avanti nella seconda scena quando, richiamata da Phil Crane per intervenire riguardo la tematica nucleare, la donna sembra essere messa in disparte (le viene chiesto di prendere appunti, dal momento che sicuramente avrà una bella grafia), per poi decidere di farla irrompere nella stanza con un discorso ben argomentato e pungente. Sintomatico però di una narrazione volta ad analizzare le zone grigie di questa porzione di Storia, questa sequenza nasconde un particolare utile ad evidenziare l’animo combattuto proprio della Schlafly: la segretaria a cui si rivolge per avere un blocknotes le restituisce quanto richiesto dandole della “ms.” e la donna, con un misto tra orgoglio e pudore se ne risente sottolineando che non è “ms.”, bensì “mrs.”. Giusto a differenziare il titolo della serie dal giornale di Gloria Steinem.
Un dettaglio forse di poco conto, ma che nella sequenza in oggetto acuisce la sensazione che questa serie abbia la chiara possibilità di fare un ottimo lavoro. E questo primissimo episodio ne rappresenta un primo, ottimo, passo.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.