Once Upon A Time 4×05 – Breaking GlassTEMPO DI LETTURA 4 min

/
0
(0)

Tra noi recensori di Recenserie, e soprattutto tra quelli che si occupano di Once Upon A Time, circola da tempo il latente sospetto che gli sceneggiatori e i creatori dei telefilm che seguiamo si mettano a scartabellare e leggere le nostre recensioni, in gran segreto, per scovare i difetti e ispirare migliorie per le puntate successive, come degli agenti segreti del cyberspazio.
Battute a parte, questo sembra essere proprio il caso della quinta puntata di C’era Una Volta.
Nella scorsa recensione, infatti, si era sottolineato come gli autori dello show stessero per ricadere nella loro malsana abitudine di tempestare gli spettatori con troppe informazioni e assemblare troppe storylines in un minestrone poco digeribile.
In questo quinto episodio, invece, la storyline principale è una sola, i flashback sono mirati a spiegare il passato di un solo personaggio e ciò che ne risulta è una puntata di ampio respiro, godibile, interessante, persino magnetica in alcuni punti. Via i personaggi inutili o troppo secondari (Belle, Henry, i cittadini di Storybrooke) e via le storie troppo arzigogolate che davano solo pesantezza all’insieme (Rumple e il cappello magico, anche se, purtroppo, non ci libereremo facilmente di questa storyline). Il focus dell’intero episodio è incentrato sul villain di questa prima parte di stagione, Elizabeth Mitchell nei panni di una meravigliosa quanto misteriosa Snow Queen, e sull’interazione tra due personaggi così diversi, ma allo stesso tempo così simili: Emma e Regina. E tutto questo funziona a meraviglia!
Il fil rouge che lega assieme passato (i flashback) e presente (Storybrooke) è la second chance, la seconda occasione che viene data a una persona dopo un torto, una delusione o un tradimento. E’ giusto o sbagliato cancellare completamente dalla nostra vita qualcuno che c’ha fatto del male? Tutti noi siamo capaci di concedere una seconda possibilità o, viceversa, siamo degni di riceverla? Ma, soprattutto, si può perdonare e dimenticare? Tutte queste domande sembrano frullare nelle menti della Swan e della ex Mayor, costrette a lavorare assieme, cercando allo stesso tempo di ricucire, a suon di scuse e di battute sarcastiche, un rapporto che sembrava ormai giunto al capolinea prima ancora di decollare. Buonissima la chimica tra le due attrici e Lana Parrilla gode nel lanciare frecciatine come fossero coriandoli a Carnevale.
Le scene inerenti questi due personaggi sono lo specchio della storia dei flashback (molto in linea con i flashback di “lostiana” memoria), che riguardano il passato di Emma, già parzialmente svelato in Snow Drift: verso la fine degli anni novanta Emma, stanca di sentirsi inadeguata e invisibile, senza una vera famiglia che le volesse bene,  vive alla giornata barcamenandosi tra un furto al supermercato e l’altro. Durante uno di questo taccheggi incontra Lily, una ragazza che apparentemente sembra essere come lei e alla quale promette amicizia eterna, no matter what.
Sarà, invece, proprio questa nuova migliore amica a deluderla più di tutti e a farle decidere di non dimenticare e, soprattutto, di non perdonare il torto subìto. Memore dello sbaglio commesso in passato, Emma decide di non arrendersi con Regina, così come fece Henry poche puntate fa. Fa piacere osservare come Regina cominci a essere considerata un personaggio positivo da quasi tutti, segno che il suo processo di espiazione e redenzione è quasi terminato. Per assurdo, il personaggio di Emma Swan risulta più credibile e viene apprezzato maggiormente quando si relaziona con la ex Evil Queen, dando adito alla teoria che le due donne si assomiglino molto di più di quanto anche loro vogliano ammettere.
Nell’euforia di una puntata riuscita davvero bene, anche le scene dedicate a Mary Margaret e David vengono irradiate di luce riflessa, strappando qualche sorriso nello spettatore e non stonando più di tanto con il resto dell’episodio.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’interpretazione di Lana Parrilla
  • Emma e Regina: accoppiata vincente
  • Buoni i flashback che si concentrano su un unico personaggio
  • Storyline unica e portata avanti senza troppe infiocchettature
  • Riferimento Potteriano
  • La totale assenza dei personaggi inutili
  • Forse si dovrebbe velocizzare il capitolo dedicato a Will Scarlet
  • Il desiderio della Snow Queen sa tanto di già visto, interpretato, stra-abusato

Una buonissima puntata in cui Edward Kitsis & Adam Horowitz danno prova di tutta la loro abilità creativa e stilistica, concentrando i loro sforzi in un’unica direzione (quella vincente) e tralasciando di infiocchettare l’episodio con scenette inutili, personaggi che lasciano il tempo che trovano e sotto-trame che non aggiungono nulla al leitmotiv di “Breaking Glass” e più in generale alla trama orizzontale di questa quarta stagione. I due autori ci deliziano con una puntata diretta, chiara, ben interpretata, apparentemente semplice ma ricca di temi profondi.
Inoltre, Elizabeth Mitchell si conferma, ancora una volta, una scelta azzeccatissima per interpretare il bad guy in da house: algida, eterea, glaciale e magnetica. Tanti sono ancora i segreti da svelare, in primis il suo passato (del quale abbiamo intravisto qualcosa nel colpo di scena finale).  L’unico neo che fa arricciare un po’ il naso, e fa parte del nostro “lavoro” scovarlo, è l’indizio che viene lasciato dalla stessa Snow Queen sul perché sia giunta a Storybrooke: “a family that loves me” (una famiglia che mi ami), sa tanto di già visto.
The Apprentice 4×04 8.07 milioni – 2.7 rating
Breaking Glass 4×05 6.61 milioni – 2.3 rating

Quanto ti è piaciuta la puntata?

0

Nessun voto per ora

Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.

Precedente

Sons Of Anarchy 7×07 – Greensleeves

Prossima

Scandal 4×03 – 4×04 – 4×05 – Inside The Bubble – Like Father Like Daughter – The Key

error: Nice try :) Abbiamo disabilitato il tasto destro e la copiatura per proteggere il frutto del nostro duro lavoro.