“The common good before the individual good.”
[25-point Programme, Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP), 1920]
Il “bene comune” non è solamente il titolo della quinta puntata di questa seconda stagione di Outcast, ma anche il fulcro narrativo attorno al quale l’episodio stesso (ma volendo anche tutta la storia generale) ruota.
A questo concetto vengono date diverse interpretazioni, ognuna delle quali viene introdotta allo spettatore tramite un determinato personaggio: si traduce, infatti, in un contesto dittatoriale tramite Sidney, oligarchico tramite Owen e democratico tramite lo sceriffo Byron Giles.
“La fiducia si trova in difficoltà nel momento in cui ci rendiamo conto che il male si può nascondere ovunque; che esso non è distinguibile in mezzo alla folla, non ha segni particolari né usa carta d’identità; e che chiunque potrebbe trovarsi a essere reclutato per la sua causa, in servizio effettivo, in congedo temporaneo o potenzialmente arruolabile.” [Paura liquida, Zygmunt Bauman]
Per quanto concerne Sidney, abbiamo avuto modo di capire in queste due stagioni quanto sia importante per lui mantenere una posizione di controllo e di predominanza rispetto a qualsiasi persona o essere che lo affianca. Basti ricordare la dimostrazione di forza perpetrata ai danni del reverendo nella passata stagione. Il “bene comune” per Sidney è la traslazione nella realtà delle sue idee e dei suoi pensieri: il contraddittorio non è contemplato perché lui solo sa cosa sia giusto o sbagliato per portare a termine questa sorta di invasione ultraterrena di cui sembra esserci stata più di qualche reminiscenza anche in passato.
L’unica persona che sembra essere tagliato fuori da questa smania di controllo è il giovane e diabolico Aaron: dopo la sconsiderata vicenda della passata puntata il ragazzino sembra suscitare in Sidney solo stima e un sentimento, in mancanza di termini sostitutivi, simili all’affetto.
“Some of you believe this is the work of dark forces. Yeah. That there are monsters, loose in our midst.
Folks, the only monsters out there are the ones within ourselves. They eat us up from inside. We look at the faces of our neighbors and suddenly see strangers, worst enemies.
Our dear friends and loved ones transformed by the fear that festers inside our hearts. But we will not give in to those monsters because something better is on the way.
It’s my responsibility to ensure that nothing gets in the way of a brighter future where we can walk our streets again without fear, safe in the knowledge that we all share one collective purpose for one common good.”
Il sindaco Owen, con fattezze umane ma anch’egli impossessato, cerca, tramite sotterfugi e un maldestro doppio gioco, di ottenere il controllo della situazione. Per quanto, durante il discorso, sul finale di puntata punti ad unire la popolazione di Rome, il sindaco maschera dietro le sue buone intenzioni il desiderio di sostituire Sidney. Ma perché (come è stato scritto in precedenza) il suo concetto di “bene comune” rientrerebbe in un sistema oligarchico? Le decisioni prese dal sindaco, che si riflettono quindi sulla popolazione in attonito silenzio, vengono prese in brevi e poco popolate riunioni. Quella che aveva come oggetto il sollevamento dall’incarico di reverendo di John, per citarne una su tutte.
Le decisioni vengono, in questo caso, prese con un contraddittorio (o presunto tale), ma incarnano comunque le idee di un gruppo molto più ristretto di persone.
È in contestazione al sopracitato discorso che lo sceriffo Byron Giles mostra, invece, il concetto di “bene comune” calato in un altro contesto (quello democratico): dall’alto del pulpito la figura dello sceriffo potrebbe apparire distante dalla folla, distaccato e intento a fare un blando discorso di comunione di intenti. Ma non è così: nel corso delle puntate è stato più volte mostrato nell’atto di interagire direttamente con i cittadini spaventati e sconvolti della comunità, esprimendo loro quanto seriamente prendesse il proprio impegno e quanto lui stesso tenesse alla sicurezza. Come se l’essere uno sceriffo non esprimesse il suo semplice lavoro, ma la sua vera essenza.
Durante l’animata risposta ad Owen, Byron Giles si mostra un pari e non una persona di grado più alto.
“Now, I can’t save you people from what I know is coming. Not without a little help. There comes a time when each of us must take responsibility, not just for ourselves but for each and every one of us.”
Proprio da qui si nota la democrazia e il concetto del “bene comune” calato in essa.
Ma questa triplice suddivisione della puntata non rappresenta l’unico ramo narrativo, pur essendo quello principale e più sostanzioso di avvenimenti. L’episodio si sofferma insistentemente anche sul padre di Kyle e la sua lotta, identica a quella del figlio. In questo senso è necessario sottolineare l’opening della puntata, magistralmente costruito con un cambio sequenza a sottolineare come l’eredità tra i due sia vincolata dalla lotta verso questa sorta di invasione (anche se forse sarebbe meglio parlare di “merge” come si sente all’interno dell’episodio stesso). Fortunatamente poi si è deciso, per evitare un’ulteriore spezzamento della trama, di fare uscire Allison dal manicomio: tentare una narrazione ulteriormente ramificata avrebbe potuto significare un azzardo eccessivo per questa serie, ma per fortuna gli sceneggiatori hanno scelto diversamente.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The One I’d Be Waiting For 2×04 | ND milioni – ND rating |
The Common Good 2×05 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.