“Michael and John were shot because we killed someone. Vicente Changretta. His son Luca has come to take revenge. Men from New York and Sicily here in Birmingham. These men will not leave our city until our whole family is dead. That’s how it works, an eye for an eye. It’s called vendetta.”
Già a partire dalla season premiere di settimana scorsa era evidente l’intenzione da parte degli autori di premere fin da subito sul pedale dell’acceleratore in questa quarta stagione. Con “Heathens” ne abbiamo prova certa e, quindi, riportando le parole che a tutti gli effetti ufficializzano l’ingresso in guerra della famiglia Shelby: “Let’s get on with the war“.
Presupponendo la validità delle affermazioni da noi argomentate settimana scorsa in merito all’indubbia qualità tecnica del prodotto telefilmico in sé, oltre che a tutto ciò che è stato detto riguardo a scelta del cast e interpretazioni attoriali che nulla hanno da invidiare alle più grandi produzioni cinematografiche del medesimo genere, questa settimana ci soffermeremo ad analizzare tre aspetti in particolare, certamente i più rappresentativi una volta che, a mente lucida, ci si ferma a riflettere su quanto appena visto: l’improbabile alleanza tra Tommy e Aberama Gold – un Aidan Gillen (Petyr “Ditocorto” Baelish in Game Of Thrones) che fin da subito appare perfetto per la parte, le condizioni di Polly e il suo rapporto con Tommy, visibilmente smarrito al pensiero di non avere più accanto a lui la donna decisa e risoluta di un tempo e, last but not least, il faccia a faccia tra il capofamiglia degli Shelby e Luca Changretta, senza dubbio uno dei momenti più attesi dagli spettatori fin dall’ingresso in scena di Brody in “The Noose“.
“We don’t need good men, we need bad men.”
La morte di John, avvenuta per giunta sulla porta di casa sua, oltre a rappresentare il motore narrativo dell’intera stagione, assume qui un significato fondamentale se vista in relazione al “ritorno” di Thomas Shelby già menzionato nella precedente recensione. I Peaky Blinders sono stati colpiti duramente e questo perché, per la prima volta, la famiglia ha smarrito quel legame incrollabile che, per gli Shelby in particolare, rappresentava una garanzia di rispettabilità nei confronti delle bande criminali rivali. La disgregazione di queste dinamiche ha dunque permesso che gli Shelby scoprissero il fianco, perdendo uno dei loro membri e, anzi, rischiando di perderne due in un colpo solo. I legami di sangue, però, a prescindere da quanto essi possano essere minati dalle azioni di uno o più membri della famiglia, si sa, difficilmente vengono dimenticati.
E infatti, un po’ per dovere, un po’ per affetto, il figliol prodigo torna all’ovile per prendere in mano le redini della banda. Questa volta, però, non ci troviamo più di fronte al Thomas Shelby cinico e risoluto di un tempo, qualcosa è cambiato, è possibile scorgerlo osservando i suoi inconfondibili occhi di ghiaccio. Non a caso lo schema delle alleanze si arricchisce di una nuova fazione, capitanata dallo spietato Aberama Gold, un uomo che viene definito un selvaggio dagli stessi membri della famiglia Shelby. Un fatto che ci fa subito capire quanto Thomas tema per l’incolumità della sua famiglia, riconoscendo in Luca Changretta un nemico imprevedibile per il quale occorre mobilitare ogni risorsa necessaria. Fin da subito è evidente come Tommy cerchi di operare secondo il principio della carota e del bastone, limitando dapprima le sue intemperanze e mostrandogli di non essere un amico ma soltanto un soldato al suo servizio, per poi concedere spazio alle sue richieste, nello specifico la carriera sportiva del figlio, rivelatosi una promessa del pugilato nonché una promettente fonte di guadagno per entrambe le parti. Una grandissima entrata in scena di Aidan Gillen, oramai rodato in questa tipologia di personaggio e, proprio in virtù dei precedenti ruoli ricoperti dall’attore, decisamente favorito per la proverbiale pugnalata alla schiena ai danni del suo nuovo “alleato”.
“I’m going to get better slowly, but you need to get better fast. Without you, he falls apart, and without him… Without him they’ll take us all.“
Il crollo psicologico di Polly non poteva che essere annoverato tra i punti focali di questo secondo appuntamento stagionale. Fin dalla primissima puntata, la matriarca degli Shelby ha assunto il ruolo di ago della bilancia, colei che da dietro le quinte ha sempre mosso i fili, aiutando il legittimo capofamiglia nelle sue decisioni più difficili senza mai minare direttamente la sua posizione di comando. Non è un caso dunque che il suo recente crollo mentale abbia avuto ripercussioni anche su Tommy, decisamente più esperto e risoluto rispetto al passato, ma comunque bisognoso di un’altra persona all’interno della banda in grado di prendere decisioni sensate e razionali senza scadere necessariamente nell’uso della cruda violenza fisica.
Le parole di Michael sembrano aver sortito un qualche effetto sulla donna, ora decisa a collaborare con Tommy, ma la strada verso il perdono al momento appare ancora molto distante, se non irraggiungibile. Quantomeno ora tutti i membri della famiglia (o quasi) sembrano aver raggiunto un accordo sulla priorità, la sopravvivenza, e questo non può che essere un aspetto positivo per i nostri Peaky Blinders.
“I heard you dress well Mr. Shelby. But now I see, not so well as me.”
Infine, non possiamo che dedicare una breve menzione al confronto tra Tommy e Luca Changretta, uno dei momenti più attesi dal pubblico e senza dubbio anche una delle sequenze più intense viste finora. Il carisma di Brody è innegabile e la sua capacità di restituire un personaggio cinico e brutale senza mai dover ricorrere direttamente alla violenza fisica ha dell’incredibile, soprattutto se si considera il minutaggio contenuto riservato finora al suo character. Unica critica che può essere mossa al personaggio è forse un’eccessiva didascalicità per quanto riguarda la rappresentazione del mafioso italiano, certamente più evidente per chi, come noi, sa bene quanto la nostra figurazione cinematografico-televisiva spesso e volentieri scada nello stereotipo.
Dunque, i soliti gesti a caso con la mano (più che altro sempre lo stesso gesto e usato a sproposito) e l’inseparabile stuzzicadenti che a quanto pare noi italiani portiamo sempre con noi a prescindere dall’orario di pranzo/cena, finiscono per intaccare (relativamente) un vis a vis che altrimenti sarebbe diventato di diritto il migliore scontro di violenza verbale visto finora all’interno della serie. In realtà al termine dell’incontro la pelle d’oca c’è, e la voglia di vedere il prossimo episodio è come al solito alle stelle. Quindi in realtà possiamo dire che dello stereotipo ce ne frega poco, però ogni tanto qualcosa di negativo dobbiamo pur trovarlo, altrimenti che recensori saremmo?
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Noose 4×01 | 2.30 milioni – ND rating |
Heathens 4×02 | ND milioni – ND rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.