Prison Break 5×03 – The LiarTEMPO DI LETTURA 5 min

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Well, if you’re watching this, I’m glad, because it means you’re safe. And that’s all I ever wanted. I wish I could be there with you, but as you probably know now, I wouldn’t have had much time anyway. So I made my choice, and I don’t regret it.

Era con queste frasi, estrapolate da un video ben più completo, che si concludeva nel lontano 2009 l’avventura di Scofield & Co. in Prison Break. Così come Ulisse, intrappolato sull’isola di Ogygia per sette anni, così la serie è rimasta arenata sul fondale delle serie tv. In disparte. Quasi dimenticata.
Ad un certo punto però, il suo papà, Paul Scheuring, ha deciso di resuscitarla. Alla notizia l’unica domanda su cui tutti hanno virato dopo l’iniziale entusiasmo è stata: “Ma Michael?“.
Sì, perché il finale presentato nel film (che coincide con gli ultimi due episodi della quarta stagione) The Final Break non lascia adito a troppi dubbi.

“And I want you to promise me that you’re going to tell my child how much they’re loved every day. And remind them how lucky they are to be free. Because we are. We’re free now. Finally. We’re free.”

Ed è in questo preciso punto, a questo quesito, che “The Liar” cerca di dare risposta. Non in maniera chiara e delineata: si tratta di Prison Break, se non ci fossero enigmi e messaggi criptici dove starebbe il bello? Ma i dialoghi tra Michael ed i suoi compagni di cella e quelli in cui viene nominato “Poseidon” (ennesimo riferimento alla mitologia greca) sembrano parlare chiaro.
Soprattutto se si ricollegano il discorso conclusivo della quarta stagione sopra citato e quello iniziale di “Ogygia” in cui lo stesso Scofield sottolinea come: “Freedom has a price“.
Sara, considerata la fuga dalla prigione, dovrebbe essere una ricercata o quanto meno una fuggitiva. Eppure sembra riuscire a vivere la propria vita senza alcuna ripercussione. È quindi possibile che Michael si sia sacrificato per la libertà vera della propria famiglia? Non sarebbe la prima volta se consideriamo il finale della seconda stagione in cui Scofield verrà condotto nella prigione di Sona.
La libertà di Sara (“it means you’re safe and that’s all I ever wanted”) sembrerebbe essere stata mantenuta grazie all’impegno profuso dallo stesso carcerato ad aiutare nella fuga diversi uomini della CIA: “I know we were doing CIA work, sure, you know, pulling their people out”. L’intromissione di Lincoln e C-Note è quindi legato solo all’ennesima fuga pianificata da Michael. Resta quindi da capire perché proprio adesso abbia deciso di mettersi in comunicazione con la propria famiglia: l’ennesimo piano B da lui ideato oppure c’è qualcosa di ben diverso alla base di questa “chiamata alle armi”?
Dopo “Kaniel Outis“, questa puntata mostra allo spettatore il vero volto del personaggio interpretato sublimemente da Wentworth Miller: il solito cervellone estremamente determinato, ma con una venatura di stanchezza e debolezza. Quasi umano, diversamente da come solitamente è stato mostrato e da come siamo stati abituati a vederlo. Il pianto, in conclusione di puntata, sottolinea in maniera marcata questa umanità di cui Michael è sempre stato restio a mostrare.

“I never stopped loving you. This whole lie, it was for you.”


Messo da parte il motivo per cui Michael è sparito, la puntata ha ben poco altro su cui focalizzarsi: la porzione di trama che riguarda Lincoln (ed il suo ennesimo flirt) procede a stento ed al solito in maniera animalesca: riuscire a sfondare una porta blindata non è sicuramente da tutti, ma Lincoln non lo sa e quindi lo fa comunque; T-Bag non totalmente pervenuto, anche se ricompare dopo l’assenza nella scorsa puntata; Sucre non pervenuto, sembra aver fatto la comparsata solo per il primo episodio per poi dileguarsi. Riprovevole.
L’ennesimo dubbio riguardante la trama sopraggiunge con la presunta implicazione di Kellerman con Poseidon e con l’affaire Outis: sempre durante la seconda stagione un Paul Kellerman ravveduto aveva salvato Sara dalla prigione intervenendo in tribunale per raccontare tutta la verità riguardo la Compagnia ed è sempre Kellerman (con l’aiuto delle Nazioni Unite) che sfrutta la consegna di Scylla per riabilitare tutte le persone coinvolte (da Sara a Michael, da Lincoln a Sucre, ecc). Come mai quindi se si è dato tanto da fare per riabilitarsi – con la propria coscienza e con gli altri – ora ricascherebbe nel solito gioco cospirativo? È certamente un personaggio basato sul doppiogioco quello interpretato da Paul Adelstein, ma fino a questo punto manca un senso di coerenza nella sua fantomatica implicazione.

“The very concept of objective truth is fading out of the world. Lies will pass into history.”

Se per alcuni personaggi essere appellati come bugiardi risulta normale, per altri non lo è. Ma è proprio nella pacatezza e nella normalità che Prison Break ha abituato a ricercare il peggio: osservato speciale è il marito di Sara, Jacob. Non si tratta qui di un voler a tutti i costi trovare il male in ognuno ma i dubbi risultano legittimati da tanti particolari:

  • durante l’attacco in casa sua riporta solo una ferita ad una gamba: introdursi in casa con una pistola dotata di silenziatore farebbe supporre ad un massacro (come Kellerman ci ha insegnato);
  • è l’unico a mantenere un apparente stato di calma talmente fuori contesto da risultare oltremodo strano;
  • ha visto in faccia l’aggressore che gli ha sparato eppure nessuno ha tentato di metterlo a tacere: Prison Break ci ha abituato a ben altro in tal senso;
Ed in aggiunta, il discorso riguardo la teoria dei giochi fatto con Sara nella scorsa puntata poteva, se si considera questa teoria come vera, riferirsi a Jacob stesso e non a Michael come il sapiente gioco di camera avrebbe invece cercato di far credere allo spettatore.

“That’s game theory. A cold, rational focus on winning.”

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Michael Scofield
  • I (ri)collegamenti con il finale della quarta stagione
  • Piano di fuga fallito: ora si inizia a ragionare
  • Il coinvolgimento del Governo americano e della CIA
  • Poseidon
  • Enigmi
  • Lincoln versione Hulk ed il suo ennesimo flirt
  • T-Bag e Sucre: personaggi in cerca di sceneggiatura
Con “The Liar” la serie si risolleva dalla risicata sufficienza della scorsa puntata e consegna ai propri spettatori una puntata che potrà aver sacrificato parte del proprio intrattenimento visivo ma a favore di collegamenti logici non indifferenti e necessari. Caposaldo. 
Kaniel Outis 5×02 3.18 milioni – 1.1 rating
The Liar 5×03 2.45 milioni – 0.9 rating

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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