Gen V 1×06 – JumanjiTEMPO DI LETTURA 5 min

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Recensione Gen V 1x06Nell’attuale tessuto televisivo, dove le storie di supereroi occupano ampi segmenti della programmazione, Gen V sta tentando di emergere, al pari della sua opera madre, cercando di tracciare un solco ben distinto.
È innegabile il tentativo della serie di volersi sintonizzare su una frequenza unica, di distinguersi tra la moltitudine. Nonostante ciò, è difficile non notare come la serie si appropinqui a tematiche e dinamiche già sondate in passato. Le reminiscenze rispetto a opere passate sono tangibili, e il confronto è inevitabile. Serie pregresse come Legion, tanto per citarne una delle più emblematiche in tal senso, hanno non solo toccato, ma approfondito con maestria temi simili, immergendosi nell’esplorazione della mente di entità dotate di poteri psichici travolgenti con una spettacolarità e una risonanza sicuramente più penetranti.
Ciononostante, Gen V non si riduce a una semplice eco, cercando invece di ritagliarsi uno spazio autonomo, proponendo al suo pubblico una visione rinfrescata e più giovanile, seppur familiare, di qualcosa già noto all’interno dell’oramai vastissimo panorama di stampo supereroistico.

CATE THROUGH THE LOOKING GLASS


“Jumanji” si configura come un momento cruciale, un nodo da cui si dipanano le molteplici linee narrative che conducono lo spettatore nei meandri della coscienza dei protagonisti. La trama, in costante evoluzione, palesa un’incessante tensione tra ciò che appare manifesto e ciò che rimane celato, tra la realtà visibile e le sottili manipolazioni che tessono il reticolo degli eventi. Al centro di questo vortice troviamo Cate, il cui ritratto, delineato con grande sensibilità da Maddie Phillips, diviene simbolo di una dinamica in cui realtà e finzione spesso collidono. La sua influenza sulle memorie dei co-protagonisti svela un gioco d’ombre magistralmente orchestrato da Indira Shetty, figura di potere non più soltanto nella veste di preside, ma anche come eminente figura strategica che opera tra le pieghe della narrazione.
La prospettiva con cui Gen V indaga la memoria e la realtà risulta particolarmente intrigante. Senza esitazione, il racconto trascina gli osservatori in profondità, nei recessi più oscuri dell’inconscio, laddove paure, aspirazioni e vulnerabilità dei protagonisti trovano spazio. Se è vero che tale metodologia esplorativa trova paralleli in altre serie coeve, Gen V tenta di apporvi la propria inconfondibile impronta, proponendo un’analisi innovativa di menti straordinariamente dotate e, al contempo, potenzialmente disgregatrici.
Nonostante la profondità emotiva che accompagna la trama dell’intero episodio, Gen V non trascura quell’elemento di leggerezza e follia divenuto oramai cifra stilistica dell’universo narrativo di The Boys: momenti genuinamente comici, come l’inaspettata apparizione di Soldier Boy, sottolineano così l’intento dei creatori di bilanciare dramma e dark humour, approfittandone anche per piazzarci un po’ di fan service senza che questo risulti però troppo invasivo all’interno della narrazione.
Mantenendo intatte le stranezze e le sfumature grottesche tipiche della produzione originale, viene così integrata una rappresentazione delle angosce e dei conflitti interiori di giovani supereroi, che finora nel complesso sembra funzionare alla perfezione ma che in più di un’occasione rivela l’intenzione, forse in maniera troppo marcata, di voler mettere sotto i riflettori il singolo problema adolescenziale anziché raccontarlo organicamente all’interno della narrazione.

LA CORAZZATA GODOLKIN


L’ambientazione in cui si sviluppa Gen V (qui un link utile nel caso scopriate di avere poteri particolari quali ad esempio la capacità di mungere calabroni o creare lazi fatti con la vostra urina) rappresenta un vero e proprio microcosmo, un universo in miniatura in cui le dinamiche dei giovani supereroi sono esplorate con una lente d’ingrandimento. Mentre The Boys focalizza la sua attenzione sulle nefandezze e sulla depravazione dei supereroi adulti, Gen V propone una fresca alternativa, offrendo uno sguardo giovane, a tratti idealista ma mai naif, su un mondo che, pur pieno di ombre, riserva anche occasionali sprazzi di luce. È questa dualità, questa tensione tra luce e ombra, che rende questo spin-off un prodotto televisivo molto buono, in grado di distinguersi in un panorama televisivo spesso incline alla ripetitività.
Una menzione particolare va all’uso innovativo e creativo delle memorie e delle percezioni alterate. La profonda immersione nell’inconscio di Cate si rivela anche come potente metafora di un forte trauma emotivo, conducendo lo spettatore in un viaggio onirico attraverso i labirinti della psiche dei protagonisti. Questo percorso nel profondo dell’essere umano, nelle sue paure e nelle sue aspirazioni, rappresenta uno dei maggiori punti a favore dell’episodio, mostrando come la vera essenza di un personaggio non risieda tanto nelle sue azioni quanto nelle sue motivazioni, nei suoi desideri e nelle sue paure.
In un panorama televisivo contemporaneo, dove le narrazioni supereroistiche sembrano quasi saturare ogni angolo disponibile dello spettro seriale, Gen V si propone quindi come un interessante diversivo. Con “Jumanji”, la serie delinea ulteriormente la sua specificità, mostrandosi non solo come un’estensione di un universo preesistente, ma come un progetto con una chiara direzione. Sebbene questo sesto episodio mostri aspetti che necessitano di ulteriori rifiniture, segna una tappa cruciale nella progressione dello show, alimentando vivide aspettative per i futuri episodi e stimolando Gen V a perseverare nella sua evoluzione, mirando a rafforzare e arricchire la sua peculiare impronta narrativa.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il cameo di Soldier Boy
  • Un viaggio nella mente dei protagonisti…
  • La storia comincia a convergere in una direzione specifica
  • Ritmo concitato e tensione sempre alta
  • Costruzione di un universo narrativo coerente che, nonostante l’eco di The Boys, riesce a costruirsi un’identità propria
  • Problemi adolescenziali talvolta troppo sotto la lente
  • …che però non è nulla di nuovo (Legion docet)

 

Nel panorama televisivo odierno, dove molte serie a tema supereroistico si contendono l’attenzione degli spettatori, Gen V avanza con decisione, puntando a definire sempre più chiaramente la sua impronta narrativa. “Jumanji” ha lasciato non solo un segno tangibile in questo primo arco narrativo, ma ha anche aperto un varco verso ciò che potrebbe esser proposto in futuro nella serie. Ci si trova di fronte a un racconto in evoluzione, e anche se c’è ancora tempo per mandare tutto in vacca, per il momento l’avventura di Gen V sembra promettere momenti futuri di autentico interesse e coinvolgimento.

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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