Mentre la stesura del terzo capitolo di John Wick stava procedendo (2017), Derek Kolstad (creatore) e Chad Stahelski (produttore esecutivo) convenivano sull’idea di un prequel che potesse ampliare ulteriormente il mondo narrativo del personaggio interpretato da Keanu Reeves. Un’idea successivamente tramutatasi in The Continental, uno show televisivo incentrato sul famigerato hotel del brand cinematografico, un ritrovo (non sempre) sicuro per i killer dell’universo narrativo di John Wick. Un progetto partito da lontano che approda in questa miniserie evento composta da tre episodi di 90 minuti circa l’uno.
“Night 1: Brothers In Arms”, trattandosi della prima puntata, ricopre il consueto ruolo di introduzione ai fatti narrati: nella New York degli anni ’70 viene consumata una rapina dal bottino inestimabile, ossia una pressa per coniatura di monete utilizzate da The Table. Un furto portato a termine da Frankie Scott (Ben Robson), fratello di Winston (Colin Woodell), riportato negli USA dal Regno Unito per aiutare Cormac O’Connor (Mel Gibson, la persona che dirige il Continental) a ritrovare la macchina trafugata.
UNA STORIA AMPLIA E CON VARI ELEMENTI
Questo l’incipit della storia che cerca di predisporre, in maniera abbastanza rapida, tutti i vari tasselli narrativi. C’è l’elemento “family”, rappresentato dai due fratelli Scott; c’è l’elemento della rivalsa sociale, dell’amicizia e della possibile love story rappresentato dal gruppo di criminali di bassa lega a cui Winston si rivolge per ottenere vendetta nel finale di puntata; c’è anche una sottotrama prettamente poliziesca dove una giovane investigatrice cerca di venire a conoscenza dei meccanismi segreti del Continental.
Un mix di storie che potrebbe rivelarsi un calderone senza capo né coda, ma che per ora lasciano piuttosto indifferenti dal momento che non si hanno elementi sufficienti per poterne dare un giudizio nella loro totalità. Questo primo episodio è stato puramente introduttivo, certo, alcuni cliché del genere possono già intravedersi senza troppa fatica, soprattutto se si tiene in considerazione il brand cinematografico ben più noto.
Rispetto al franchise ci sono dei tratti similari, cosa che non si può dire del cast: trattandosi di uno spin-off che racconta degli anni ’70, sarebbe stato impossibile scritturare gli stessi attori. Ecco quindi che Ian McShane viene sostituito da Colin Woodell per il ruolo di Winston Scott; mentre tocca a Ayomide Adegun interpretare Charon (in John Wick era Lance Reddick, recentemente scomparso).
PERSONAGGI IN CERCA DI TRAMA E LA BELLEZZA DELL’ACTION
Le scene action sono di ottima fattura e non hanno nulla da invidiare al prodotto madre. L’appesantimento della visione non è dettato dalla durata in sé dell’episodio (nonostante i 90 minuti pesino, a loro modo), quanto piuttosto dalle complicazioni collegate all’introduzioni di più sottotrame.
La gestione peggiore è quella dei personaggi di Lou e Miles, i due criminali a cui Winston si rivolge per chiedere aiuto e protezione nel finale di puntata. Ai due vengono concessi pochi minuti, nonostante il ruolo che dovranno ricoprire e, soprattutto, vengono introdotti con estrema rapidità e “brutalità”, con uno stacco netto in un cambio di scena che proietta lo spettatore in un tetro fabbricato di un sobborgo di New York, senza alcun tipo di spiegazione. Per un attimo si ha addirittura la sensazione di vedere lo show sbagliato.
Stesso discorso per KD, la giovane poliziotta in cerca di verità all’interno del Continental, un personaggio che apre la strada ad una sottotrama interessante ma che per ora non aggiunge nulla di veramente sostanziale allo show nella sua totalità.
La sensazione è di ritrovarsi di fronte ad una miniserie con varie frecce pronte ad essere scoccate, molte delle quali, tuttavia, senza possibilità di centrare appieno l’obbiettivo.
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In un universo seriale in cui i prodotti non richiesti su franchise esistenti sono all’ordine del giorno, The Continental si presenta con un buon inizio che può facilmente trasformarsi in qualcosa di ancora meglio nel caso in cui alcuni dettagli dovessero essere corretti in corsa. Poteva andare meglio, quindi, ma poteva andare decisamente peggio. C’è di che esserne contenti.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.