Finalmente si può dire che The Terminal List sia riuscito ad esprimersi in tutto il suo potenziale. Proprio dopo il giro di boa, arriva “Disruption” che è sicuramente il miglior episodio della serie finora: un mix impeccabile di azione, thriller, suspense e spionaggio industriale. Tutto ovviamente commisurato nei canonici 45-50 minuti a disposizione in ciascuna puntata.
Se con “Consolidation” ci si lamentava ancora per l’esistenza di qualche cliché di troppo e con “Detachment” per l’uso anche un po’ eccessivo dei flashback, “Disruption” sembra aver imparato subito dalle critiche dirette in precedenza, tanto che il risultato (a parte un breve flashback iniziale che serve a spiegare un po’ di più il rapporto tra Reece e Riley) è completamente privo sia dei cliché che dell’abuso di salti temporali. Il tutto terminando l’episodio con un apice di tensione e “terrorismo” che, francamente, non ci si aspettava.
LA TECNICA DEL PLOT TWIST
Bisogna dare atto sia a Jack Carr (autore e creatore dell’omonimo romanzo) che a David DiGilio (showrunner) che nella stesura della trama di The Terminal List non ci si sia adagiati su trame “già viste”. Certamente la trama orizzontale è basata su una serie di intrighi politici e macroeconomici che non sono nuovi al pubblico, ma piuttosto ci si riferisce alla gestione dei character e agli eventi presentati in ogni episodio.
DiGilio ed il suo team di sceneggiatori non lesinano nelle uccisioni dei vari villain e, anzi, ormai sembrano aver creato una specie di nuovo ritmo visto che in ogni episodio muore sempre una nuova persona. Si può però dire che l’uccisione di Steve Horn sia spiazzante, sia per la caratura del personaggio, sia perché rappresenta un’arma a doppio taglio: da un lato la sorpresa della sua morte rende tutto più “reale” e lascia un vuoto che verosimilmente verrà ricoperto dagli alti ranghi dell’esercito, dall’altro dispiace perché si trattava di un villain carismatico e avrebbe potuto offrire ancora un po’ di disagio a Reece e Riley.
GTA VS CALL OF DUTY
Menzione speciale va fatta per gli ultimi 8 minuti dell’episodio che arrivano a corroborare una puntata già di per sé molto buona, rendendola però praticamente perfetta.
Ci si trova di fronte ad una regia che sfrutta inizialmente una visione dall’alto, tipica di quei videogiochi in stile GTA 1 e GTA 2 che cambia un po’ la prospettiva allo spettatore, ed infine si opta per una scena di guerriglia urbana in stile Call Of Duty che non ci si aspettava di vedere. La regia di Tucker Gates non lesina nel seguire Reece ad ogni passo ma alterna anche visuali dall’alto e cambi di prospettiva che si rivelano estremamente interessanti e garantiscono quella genuinità e quel realismo che tanto serve alla serie.
Poi, come già scritto più sopra, si rimane piacevolmente stupiti dalla freddezza degli eventi che portano alla morte di Horn, una morte inaspettata e che arriva in pieno giorno nel centro di Midtown a Los Angeles, per di più nel mezzo di un servizio giornalistico. Se l’inseguimento di Reece nel prossimo episodio non si risolverà in 5 minuti, allora ci si potrebbe trovare davanti ad un’ottima 1×06.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Per quanto ci si sforzi, non si riesce a trovare elementi che possano giustificare un voto inferiore al Bless Them All. Lo si dice considerando sia i voti dati ai precedenti episodi, sia il tipo di serie che si sta guardando e che ha un grosso storico alle spalle. Pertanto quando lo spettatore rimane sorpreso dal realismo e dalle scelte narrative, non rimane nient’altro da fare se non togliersi il cappello e applaudire.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.